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CODICE DI DIRITTO CANONICO 1917 IN ITALIANO |
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LIBRO I NORME GENERALI PREMESSE 1-6. Il Codice riguarda 7. Sede Apostolica o Santa Sede significa il Papa, le
Sacre Congregazioni, i Tribunali e gli Uffici di cui si serve il Pontefice
per il governo della Chiesa. TITOLO I Leggi ecclesiastiche. 8-9. Le Leggi valgono dalla promulgazione e si presumono
territoriali. Quelle pontificie si promulgano ordinariamente, inserendole
nell’organo officiale intitolato “ Acta Apostolicae Sedis ”, ed obbligano
dopo tre mesi dalla pubblicazione, se per loro natura non obbligano subito o
non è disposto diversamente. 10-14. Le Leggi riguardano il futuro, non il passato, se
non lo esprimono; e sono irritanti, se rendono nullo un atto contrario; inabilitanti,
se incapacitano le persone, e ciò espressamente o equivalentemente. Le Leggi
puramente ecclesiastiche obbligano i battezzati sani di mente e di almeno
sette anni. Alle leggi generali della Chiesa sono tenuti tutti, alle
particolari quelli del territorio nel quale si abbia domicilio o
quasi-domicilio e in atto vi si dimori. I pellegrini, non sono astretti alle
leggi territoriali proprie nell’assenza, salvo danno o personalità della
legge, né a quelle locali che non riguardino ordine pubblico o solennità di
atti; sono però tenuti alle leggi generali o particolari sebbene non vigenti
nel loro territorio, eccetto che non obblighino dove essi si trovano. I vaghi
sono tenuti alle leggi generali e particolari vigenti nel luogo dove si
trovano. 15-16. Nel dubbio di diritto nessuna legge obbliga, in
quello di fatto può dispensare l’Ordinario, ma ciò in casi in cui il Papa
suole dispensare. Nelle leggi irritanti e inabilitanti non scusa l’ignoranza
se non è detto espressamente nè questa o l’errore su la legge o la pena o sul
fatto proprio si presumono, e neanche .generalmente sul fatto altrui notorio,
bensì sul non notorio. 17-19. L’interpretazione autentica delle leggi si fa dal
Legislatore, dal suo successore o da un incaricato ed ha forza di legge se è
fatta come per legge; che se è spio dichiarativa, non deve essere promulgata
e vale per il passato; se illustra, allarga o restringe non vale per il
passato e deve promulgarsi; se è data per sentenza giudiziale o per rescritto
in materie particolari va le per gli interessati. Le leggi si intendono come
suonano; nel dubbio si ricorrerà allo scopo, alle leggi parallele, alle
circostanze e alla mente del Legislatore. Le leggi penali, restrittive di un
diritto, o di eccezione si interpretano strettamente. 20. Se manca
una disposizione espressa e non si tratta di pena, si ricorre ai casi simili,
ai principi generali, allo stile e alla prassi della Curia, alla comune e
costante sentenza dei dottori. 21. Le leggi
fatte per evitare un pericolo generale obbligano tutti e sempre. 22-23. La seguente annulla la precedente in quanto
contraria o se riordina tutta la materia; la generale non osta a statuti
particolari, e nel dubbio non si presume revocata una anteriore, ma occorre
conciliare la seguente con la precedente. 24. I precetti dati ai singoli, obbligano questi dovunque,
ma non si sollecitano giudizialmente e durano quanto il diritto del
Superiore, se non son dati per documento o davanti a due testimoni. TITOLO II Consuetudine. 25-30. La consuetudine trae la sua forza unicamente dal
consenso del competente Superiore ecclesiastico, e TITOLO III Còmputo del tempo. 31-34. Il giorno è di 24 ore dalla 35. Tempo utile è quello del quale si può usufruire e non
decorre per l’ignorante o impotente: il continuo è senza interruzione. TITOLO IV Rescritti. 36-38. Chiunque non è espressamente escluso può ottenere
Rescritti, e le grazie e dispense della S. Sede sono sempre valide, anche se
date a censurati, salvo eccezioni. Un Rescritto si può impetrare per un altro
che l’ignori e vale prima dell’accettazione, pur potendosi non usarne. Vale
subito se non c’è un esecutore, altrimenti dopo eseguito. 39-42. Le condizioni, perchè siano essenziali per la
validità, devono essere tassative e chiare. In tutti si suppone la verità
delle preci, salvo i can. 45, 1054. Se non c’è un esecutore, la verità deve
esservi all’atto della concessione; se vi è, dall’esecuzione. La subrezione
non rende invalida una grazia, se è espresso il necessario alla validità
secondo la prassi della Curia; nè l’obrezione, se una causa motiva almeno è
vera. Entrambe in una parte non nuocciono all’altra, se si danno più grazie
in un Rescritto. 43-44. Ciò che è negato danna Congregazione od officio non
si può ottenere da un’altra o dall’Ordinario locale, salvo il diritto della
Penitenzieria per il foro interno. Una grazia negata dal proprio Ordinario
non si chiederà ad altro ignaro, e chiesta non si concederà senza conoscerne
dal primo i motivi. Una grazia negata dal Vicario Generale, non si ottiene
validamente dal Vescovo che ignori la negativa, e se la nega il Vescovo, è
sempre invalidamente concessa dal Vicario. 45-48. Se nel Rescritto la concessione si fa motu proprio
non osta la reticenza del vero, eccetto che sia falsa runica ragione addotta
e salvo il can. 1054. Nessun Rescritto vale se dato a un inabile, contro
consuetudini e statuti particolari, diritti acquisiti, salva espressa
derogazione. Per errore accidentale anche nel nome non è nullo un Rescritto,
qualora a giudizio, dell’Ordinario è certa la persona. Nel contrasto fra due
Rescritti, prevale il più determinato, e se sono di uguale portata il primo di
tempo, se non consta il dolo o la grave negligenza per non uso. Se sono dello
stesso giorno nè si conosce chi prima impetrò sono entrambi nulli e se c’è
bisogno si ricorrerà al concedente. 49-50. I Rescritti si interpretano secondo il senso usuale
e si limitano ai casi espressi. Quelli litigiosi, ledenti diritti e leggi
private o per ottenere benefici si interpretano strettamente, gli altri
largamente. 51-59. Un Rescritto Apostolico senza esecutore si deve
presentare all’Ordinario, se ivi si dice, o se si tratti di cose pubbliche o
se è da constatarne le condizioni. Se non è determinato il tempo si può,
senza frode o dolo, esibire quando si crede. È invalida l’esecuzione fatta
prima di ricevere le lettere e accertatane autenticità e l’integrità, eccetto
che ufficialmente ciò conosca altrimenti l’esecutore. Questi non può
rifiutare l’esecuzione semplicemente commessagli, se non in casi di manifesta
nullità per obrezione o subrezione, per non adempiute condizioni, o indegnità
che offenda altri. Se la grazia è rimessa al suo arbitrio, la può concedere 0
no. Nell’esecuzione deve stare al mandato sotto pena di nullità qualora non
si adempiano le condizioni e le forme sostanziali. I Rescritti di foro
esterno si debbono eseguire per iscritto. L’esecutore può incaricare un
altro, se non gli è vietato o determinato un sostituto; ma se fu scelto
tassativamente, non può commettere ad altri che atti preparatori.
L’esecuzione può essere fatta dal successore nella dignità od officio, se non
ci fu scelta tassativa di persona. Se l’esecutore sbaglia, può ripetere
l’esecuzione; e per le tasse starà al canone 1507. 6o-61. Un Rescritto revocato per atto speciale dal
Superiore è valido fino a pervenuta comunicazione; per legge contraria non
cessa un Rescritto se non è espresso, o la legge è data dal Superiore del
concedente. I Rescritti non cessano per vacanza della Sede Apostolica o della
Diocesi se non consta il contrario o se la facoltà è a favore di determinata
persona, e la cosa è integra. 62. Se un Rescritto contiene privilegio o dispensa, si
osserveranno inoltre i canoni seguenti. TITOLO V Privilegi 63-65. I privilegi si possono acquistare per diretta
concessione, per comunicazione, per consuetudine o prescrizione. Si presume
la concessione se vi è un possesso centenario o immemorabile. Per
comunicazione anche nella forma ugualmente principale, supposta la capacità
del comunicante, s’intendono concessi quei privilegi che il primo
privilegiato ebbe direttamente in perpetuo e senza speciale riguardo al
luogo, alla cosa o alla sua persona. Nella comunicazione in forma accessoria
i privilegi seguono le vicende del principale; non così se concessi in forma
ugualmente principale. 66. Le facoltà abituali si considerano come privilegi
oltre il diritto. E se non fu scelta tassativamente la persona o altrimenti
provveduto, non cessano con l’Ordinario, ma rimangono trasmesse al
successore. Le facoltà concesse al Vescovo competono anche al Vicario
Generale. Ogni facoltà importa i necessari poteri per il suo esercizio
effettivo. 67-68. Il privilegio si deve intendere esclusivamente
secondo il suo tenore e nel dubbio si starà al can. 50, ma in modo che vi
appaia un favore. 69-70. Nessuno è obbligato a servirsi di un privilegio, se
per altra causa non nasca l’obbligo. Il privilegio s’intende
perpetuo, se non consta il contrario. 71-77. I privilegi contenuti nel Codice si revocano per
legge generale: per gli altri si segue il can. 60. I privilegi cessano per
rinuncia accettata, e si può rinunciare a quelli che contengono un favore
personale. I singoli però non possono rinunciare ai privilegi concessi alla
Comunità, alla dignità o a un luogo; nè 78. Chi abusa
del privilegio, merita di esserne privato e l’Ordinario ne avvertirà 79. Un
privilegio ottenuto a voce vale in coscienza, ma in foro esterno occorre la
prova. TITOLO VI Dispense. 80-83. Le dispense le dà il Legislatore, il Successore, il
Superiore e chi ne ha la facoltà. Gli Ordinari, senza facoltà almeno
implicitamente concessa, non
dispensano dalle leggi generali eccetto casi difficili e urgenti, senza
possibilità di ricorrere alla S. Sede e in leggi dalle quali essa spole
dispensare. Gli Ordinari dei luoghi dispensino dalle leggi diocesane, dai
Concili provinciali o plenari, ma non da quelle che per determinato luogo
furono date dal Papa, salvo il can. 81. I parroci dispensano solo se
espressamente autorizzati. 84-86. Dalle leggi ecclesiastiche non si dispenserà che
per giusti motivi e considerata la gravità della legge; altrimenti la
dispensa data da un inferiore è illecita e invalida. Nel dubbio se la causa
sia sufficiente è lecito chieder la dispensa, e questa è lecita e valida. Non
solo la dispensa secondo il canone 50 è di stretta interpretazione, ma anche
la facoltà di dispensare data per casi determinati. La dispensa che ha
carattere permanente cessa nei modi stessi come i privilegi e per cessazione
totale della causa motiva. LIBRO II DELLE PERSONE PREMESSE 87-89. Nella Chiesa col battesimo si diventa persona con
doveri e diritti, purché non osti obice o censura. La persona è maggiore dai
21 anni compiuti; prima è minore, Questi si ritiene pubere dal
quattordicesimo anno compiuto se maschio, dal dodicesimo se femmina. Un
impubere prima del settennio completo si dice bambino e si ritiene
irresponsabile: così pure chi abitualmente non ha uso della ragione. Il
maggiore ha il pieno esercizio dei suoi diritti: il minore, non opponendosi
il diritto, dipende dai genitori o dai tutori. 90-95. Si reputa luogo d’origine del figlio, anche
neofito, quello dove il padre ha domicilio o, in difetto, quasi-domicilio
alla nascita del figlio; dell’illegittimo e postumo dove lo ha la madre; del
figlio dei vaghi dove è nato; dell’esposto dove fu trovato. La persona è
abitante dove ha il domicilio, straniero dove ha il quasi-domicilio,
pellegrino se lontano dà entrambi; vago se non sta in luogo fisso. Il
domicilio si acquista con la dimora in un luogo con l’animo di rimanere ivi
sempre, o se vi si è già da dieci anni; il quasi-domicilio se si intende
stare o si sta in un luogo per la maggior parte dell’anno. Il domicilio o
quasi-domicilio è parrocchiale in parrocchia, diocesano in diocesi o
vicariato o prefettura. La moglie, non separata legittimamente, ha il
domicilio del marito; il demente, del Curatore; il minore, di colui a cui è
soggetto; superata però l’infanzia, può ottenere un quasi-domicilio; può pure
ottenerlo la moglie non legittimamente separata, e, se legittimamente, almeno
per tempo indeterminato anche il domicilio. Col domicilio o quasi-domicilio
si acquista il proprio parroco ed Ordinario; il vago e così pure chi non ha
che domicilio o quasi-domicilio diocesano, hanno il parroco della dimora. Il
domicilio o quasi-domicilio si perde allontanandosi senza intenzione di
ritornare, salvo il canone 93. 96-97. La consanguineità si còmputa per linee e gradi.
Nella linea retta sono tanti gradi quante generazioni o persone, tolto Io
stipite; nell’obliqua, se la distanza è uguale, tanti gradi quante
generazioni da una parte; se queste sono ineguali, dalla più lontana.
L’affinità proviene dal matrimonio valido, e sta solo fra l'uomo e i
consanguinei della donna e viceversa: si calcola in modo che i consanguinei
di uno siano parimenti affini dell’altro. 98. Ognuno appartiene al rito cattolico in cui fu
battezzato, eccettochè sia intervenuta grave necessità, frode o dispensa. I
chierici non spingeranno nessuno a mutar rito, nè si muterà il rito senza
licenza; pontificia. La moglie può, nel contrarre il matrimonio o dopo
assumere il rito del marito e riprendere il suo, cessato il matrimonio. L’uso
però della comunione in altro rito non importa mutamento. 99-102. Nella Chiesa vi sono anche persone morali
costituite dalla pubblica autorità, e sono collegiali o no, come chiese,
seminari, benefici, ecc. 103-104. Gli atti emessi per violenza assoluta non
valgono; se fatti per timore grave, ingiusto o per inganno, valgono salva
prescrizione contraria, ma possono rescindersi per sentenza a richiesta del
leso o d’ufficio. L’errore nella sostanza o in equivalente condizione rende
nullo l’atto che altrimenti vale, salve disposizioni contrarie; nei
contratti, ’errore ammette Fazione rescissoria. 105. Se per il
Superiore è prescritto il consenso di altri, questo deve seguirsi sotto pena
di nullità; se il consiglio, lo si deve chiedere ancorché non si segua; è
bene però non allontanarsi dall’unanime consiglio. Se ci vuole il consenso o consiglio di alcune persone; simultaneamente, si ì
convocheranno per il parere e il Superiore
potrà costringere al segreto anche con giuramento. Il voto deve darsi
con riverenza, fedeltà e sincerità. 106. La
precedenza, salve norme speciali, è retta dalle norme seguenti. Il
rappresentante prende il posto del rappresentato, ma, nei Concili ed altre
assemblee, dopo gli intervenuti in proprio nome di pari grado. Chi ha
autorità su una persona ne ha anche la precedenza, Per le persone
ecclesiastiche senza potere di una sull’altra si attende al grado; in pari
grado, all’ordine; e in pari ordine, alla priorità della promozione; in pari
tempo, alla priorità dell’ordinazione, se qualcuno non sia ordinato dal Papa;
e finalmente all’età. La . diversità di rito non conta. Per le persone morali
della stessa specie e grado vale il pacifico possesso della precedenza, e, in
contrasto, l’anteriorità nel luogo; per I singoli si osservano le
costituzioni, poscia le consuetudini e quindi le norme generali. L’Ordinario
regola la precedenza secondo il diritto comune, la consuetudine e le cariche,
componendo le controversie urgenti, anche tra esenti, senza però pregiudizio
di diritti e salvo ricorso in devolutivo. Per 107. Per divina
istituzione si distinguono i chierici dai laici; entrambi possono essere
religiosi. PARTE I CHIERICI SEZIONE I CHIERICI IN GENERE 108-109. Dicesi chierico chi almeno tonsurato è addetto al
divino servizio. Fra i chierici vi è una gerarchia, la quale, quanto
all'ordine, è divisa, per diritto divino, in vescovi, preti e ministri,, e
quanto alla giurisdizione in Pontificato supremo ed Episcopato subordinato;
per diritto ecclesiastico sono vari altri gradi. Nei gradi dell’ordine si è
costituiti con l'ordinazione sacra; nel Pontificato, per diritto divino,
avvenuta l’elezione e l’accettazione; in tutti gli altri gradì per missione
canonica. no. 110. Propriamente è Prelato chi ha giurisdizione ordinaria
in foro esterno. TITOLO I Iscrizione dei chierici in una Diocesi. 111-117. Ogni chierico deve essere ascritto a una Diocesi
o a una religione, nè sono tollerati i vaghi. Con la prima tonsura si resta
incardinati alla Diocesi cui uno si dedica. Per l’escardinazione e la
seguente incardinazione, ci vogliono lettere patenti e sottoscritte da
entrambi gli Ordinari: il che non può fare il Vicario Generale se non ha
mandato speciale, nè il Vicario Capitolare se non dopo un anno dalla vacanza
della sede e col consenso del Capitolo. Si avrà la escardinazione e
l'incardinazione quando un chierico ottiene da un Vescovo un beneficio
residenziale col consenso scritto; o con la licenza scritta di allontanamento
definitivo dal proprio. Si ha l'escardinazione con la professione religiosa
perpetua. Per l'escardinazione si richiede una giusta causa e si intende
avvenuta solo per l'incardinazione altrove fatta e quanto prima comunicata
dal nuovo Ordinario al precedente. L’Ordinario non incardinerà alcun chierico
senza necessità o utilità della Chiesa e senza titolo d’ordinazione;
indagherà per documenti e in segreto, sui natali, vita, costumi e studi,
onerata la coscienza dell’Ordinario che informa. Il chierico giurerà di
volersi dedicare in perpetuo al servizio della Diocesi. TITOLO II Diritti e privilegi dei chierici. 118-119. I chierici soli possono avere potestà d’ordine,
di giurisdizione, benefici e pensioni ecclesiastiche. A loro devono i fedeli
riverenza e sono colpevoli di sacrilegio se li offendono con gravi reali
ingiurie. 120-123. I chierici, salve disposizioni contrarie, godono
il privilegio del foro, in contenzioso e in criminale. I Cardinali, i Legati,
i Vescovi, gli Abati o Prelati nullius, i Superiori supremi di religioni di
diritto pontificio, gli Officiali maggiori della Curia Romana per le loro
mansioni, senza venia apostolica, non saranno citati presso un giudice laico;
gli altri senza un permesso dell'Ordinario del luogo, il quale non lo negherà
senza grave causa. Però convenuti, possono comparire senza autorizzazione,
avvertito il Superiore competente. Godono del privilegio di esenzione dal
servizio militare e dagli offici laicali pubblici, alieni dallo stato
clericale. I debitori, per il I privilegio di competenza, riterranno quanto è
necessario all’onesto sostentamento, se
vengono costretti a pagare il
debito. Ai suddetti privilegi non possono rinunziare, ma li perdono con la riduzione allo stato
laicale o la privazione dell’abito. Si recuperano per cessazione della pena o
per riammissione. TITOLO III Obbligazioni dei chierici. 124-125. I chierici
devono essere a tutti . di esempio e gli Ordì nari ne cureranno la frequenza alla confessione, l’orazione mentale quotidiana,
la visita al Santissimo, il Rosario, l’esame. 126. I sacerdoti secolari, almeno ogni tre anni, in
ritiro, dovranno fare gli esercizi spirituali, dai quali non saranno
dispensati senza espressa licenza. 127-128. Tutti devono all’Ordinario riverenza ed
obbedienza e devono accettare e adempiere fedelmente l'officio a loro
affidato. 129-131. Coltiveranno gli studi sacri, evitando la falsa
scienza e terminati gli studi, faranno un esame annuo per tre anni se non ne
sono dispensati, nel modo determinato dal Vescovo; e di ciò si terrà conto
nell’assegnazione degli uffici e benefici. Nella città episcopale e nei
singoli vicariati foranei si terranno di frequente, nell’anno, conferenze
sulla morale, liturgia ed altro; e se ciò non è possibile, si manderanno le
risoluzioni scritte. Vi sono obbligati tutti i sacerdoti con cura d’anime
anche se religiosi esenti e, qualora ciò non si faccia nei loro conventi,
tutti gli altri religiosi confessori autorizzati dall’Ordinario. 132-134. I chierici maggiori sono tenuti al celibato e
alla castità, mancando commettono sacrilegio. I minori possono sposare, ma
decadono dallo stato clericale. Un coniugato che anche in buona fede riceva
gli ordini senza dispensa, è impedito dall’esercizio dei medesimi. Non
conviveranno e non frequenteranno donne sospette; abiteranno con la mamma e
sorelle, zie e simili, o con altra, della cui onestà, data l’età, non vi sia
dubbio. Sulle circostanze di sospetto o pericolo è giudice l'Ordinario, e nel
caso i contumaci si presumono concubinari. E consigliata ai chierici la vita
comune. 135-136. Tutti i chierici maggiori devono quotidianamente
recitare le ore canoniche e portare l’abito proprio e la tonsura, secondo gli
usi, senza abbigliamento nè anello, se non c’è diritto o privilegio. I minori
che smettono l’abito e la tonsura e, ammoniti, non si emendano, dopo un mese
decadono dallo stato clericale. 137-142. Non faranno garanzie senza consigliarsi con
l’Ordinario. Si asterranno da azioni e arti indecorose, da giuochi e cacce
clamorose e, senza licenza dell’Ordinario, dai ritrovi pubblici e da osterie.
Eviteranno tutto ciò che è alieno dalla vita clericale. Senza indulto
apostolico non eserciteranno medicina, chirurgia, uffici pubblici con o senza
giurisdizione e amministrazione; e senza licenza dell’Ordinario non
assumeranno gestioni secolari, procure e difese nei tribunali laici, salvo
difesa propria e della propria Chiesa. Nei giudizi criminali con gravi pene
personali non parteciperanno nemmeno come testi senza necessità. Non
accetteranno offici di Senatori o Deputati senza permesso apostolico, se c’è
la proibizione; altrimenti basta la licenza degli Ordinari proprio e del
luogo. Non interverranno a spettacoli pubblici, teatri, ecc. Non assumeranno
volontariamente la milizia, se non per liberarsene più presto; nè prenderanno
parte a perturbamenti pubblici; un rumorista che si ascrive alla milizia
decade dallo stato clericale. Non si immischieranno in negoziazioni e mercati
anche per utilità altrui. 143-144. Non si assenteranno a lungo dalla Diocesi senza
permesso, almeno presunto. Chi, incardinato, abita fuori diocesi, può essere
richiamato dal suo Vescovo, o licenziato dall'Ordinario del luogo dove si
trova, eccetto che non gli fosse stato concesso un beneficio. TITOLO IV Uffici ecclesiastici. 145-146. Ufficio ecclesiastico in genere è qualunque
incarico con fine spirituale; propriamente, quando per diritto divino o umano
si è stabilmente partecipi della podestà sia di ordine che di giurisdizione.
In diritto, l’ufficio ecclesiastico s’intende in senso stretto. Anche per gli
offici beneficiari si osserverà quanto segue, ed i can. 1409 e 1488. CAPITOLO I PROVVISIONI DEGLI UFFICI ECCLESIASTICI. 147-151. Ogni ufficio ecclesiastico si ottiene con
provvisione canonica, la quale contiene il conferimento giuridico. La
provvisione avviene o per libero conferimento o per l’istituzione dietro
presentazione o nomina, o per conferma e ammissione se precedette elezione o
postulazione, o per semplice elezione e accettazione. Nella istituzione si
osservano i can. 1448, 147. Al designato ad un ufficio l’Ordinario non
concederà la provvisione se non dopo riconosciutolo idoneo anche per esame. E
invalidala provvisione di un officio non vacante, ed una previa promessa è
inefficace. Un ufficio giuridicamente vacante ma ancora di fatto ritenuto non
si concede senza previa dichiarazione dell’illegittimo possesso nel documento
del conferimento. Articolo I Libero conferimento. 152-154. Spetta all’Ordinario e non al Vicario Generale,
senza speciale mandato, il conferimento degli uffici. Si assume un chierico
con le dovute qualità; il più idoneo; e mancando le qualità, la provvisione è
nulla, se così è sancito anche per diritto particolare; se no, è valida, ma
annullabile dal Superiore. Per gli uffici con cura d’anime devono assumersi
dei sacerdoti. 155. Le vacanze non possono protrarsi oltre Ì sei mesi
dalla ricevuta notificazione. 156-157. Non si daranno ad alcuno due uffici incompatibili
che sia impossibile contemporaneamente disimpegnare. Salvo il can. 188, c’è
la nullità per un beneficio conferito dalla Santa Sede, non avvisata della
incompatibilità. Un ufficio vacante per rinuncia o privazione per sentenza
non può lo stesso Ordinario conferirlo a famigliati, parenti o affini fino al
2° grado, suoi o del rinunciatario. 158. L’ufficio
conferito per supplire la negligenza o impotenza di un altro non cambia la
condizione giuridica dell’investito. 159. La
provvisione si fa per iscritto. Articolo II Elezione. 160. L’elezione del Pontefice è regolata dalla
Costituzione Vacante Sede Apostolica di Pio X, 161. Una elezione non deve differirsi oltre i tre mesi
utili; dopo, provvederà il superiore a cui spetta la conferma. 162-166. Il Preside convocherà gli elettori al loro
domicilio o quasi-domicilio o nell’attuale dimora con determinazione di modi,
luogo e tempo. Se qualcuno fosse stato negletto, può, conosciuta l’elezione,
fra tre giorni ricorrere per l’annullamento; e se fu negletta più della terza
parte degli elettori, l’elezione è nulla. Il difetto però di convocazione non
osta, se i non chiamati intervengono. Se l’ufficio è a vita, la convocazione
non ha effetto prima della vacanza. I soli presenti hanno diritto a voto,
esclusa, salvo legge particolare, la procura e la votazione per lettera. Chi
ha più titoli al voto ne darà uno. Nessun estraneo, salvo privilegio, ha
voto; altrimenti è nulla reiezione. Se si intromettono indebitamente dei laici,
reiezione è invalida. 167. Non hanno
voto gli incapaci di atti umani, gli impuberi, i censurati o infami dopo la
sentenza, gli ascritti o pubblicamente aderenti a sette eretiche e
scismatiche; i privati di voce attiva per sentenza o per diritto anche particolare.
Se alcuno dei predetti è ammesso, reiezione è valida, se tolto il suo voto
nullo ci è la maggioranza e purché non siasi scientemente ammesso uno
scomunicato per sentenza. 168. Se uno dei
convenuti è ammalato gli scrutatori chiederanno il di lui voto scritto, salve
contrarie prescrizioni o consuetudini. 169-170. Il voto è nullo se non fu libero, segreto, certo,
assoluto, determinato; nè valgono antecedenti condizioni. Nessuno può dare
validamente il voto a se stesso. 171. Prima dell’elezione saranno scelti due scrutatori, i
quali col Preside membro del Collegio giureranno fedeltà e segreto durante e
dopo reiezione. Questi cureranno per i voti la diligenza, il segreto, la
precedenza e constatato ne il numero, li pubblicheranno. Se i voti risultano
più degli elettoti, tutto è nullo. Terminata la seduta o lo scrutinio si
bruceranno le schede. L’Attuario farà la relazione degli Atti che firmerà col
Preside e con gli scrutatori e li conserverà in Archivio. 172-173. Se non è proibito, L’elezione può avvenire per
compromesso, cioè incaricando unanimemente e per iscritto uno o più idonei ad
eleggere. Se il collegio è clericale, i compromissari devono essere
sacerdoti, I compromissari devono osservare sotto pena di nullità il diritto
comune e le aggiunte condizioni non contrarie. Se il compromissario è unico,
questo non può eleggere se stesso; se sono più, nessuno può accedere agli
altri in proprio favore. Il compromesso decade e il diritto ritorna agli
elettori per rievocazione, se nulla ancora è stato fatto, o non verificatesi
le condizioni apposte o per nullità di scelta. 174-177. Sarà proclamato dal Preside eletto chi riportò il
richiesto numero di voti. Sì comunicherà subito all’eletto perchè dentro otto
giorni dichiari se accetta; altrimenti perde ogni diritto. Se non accetta
perde ogni diritto, ma può essere rieletto; il collegio procederà ad una
nuova elezione entro un mese. Se accetta e non è necessaria la conferma,
l’eletto acquista il pieno potere; altrimenti solo il diritto
all’investitura. Prima però della conferma non può con pena di nullità
ingerirsi nell’ufficio, Se occorre la conferma, deve chiederla entro otto
giorni; altrimenti perde ogni diritto, salvo provato impedimento. Se l’eletto
è idoneo e l’elezione è canonica, 11 Superiore
non può negare la conferma che darà per iscritto; dopo di ciò, l’eletto
acquista pieni poteri. 178. Se reiezione non fu fatta a tempo o il collegio è
privato di tale diritto, questo si devolve al Superiore cui compete la
conferma o cui successivamente spetta provvedere. Articolo III Postulazione. 179- CAPITOLO II PERDITA DEGLI UFFICI ECCLESIASTICI. 183. Sì perde un ufficio per rinunzia, privazione,
rimozione, trasferimento o finito il tempo stabilito. Scaduto un Superiore,
non si cessa da un ufficio, eccetto
che ci sia la clausola a nostro
beneplacito. 184-189. Chiunque non impedito può rinunziare all’ufficio,
La rinuncia non vale se fatta per timore
grave, ingiusto, dolo, errore sostanziale, simonia; e deve essere
1fatta per scrittura o innanzi a due testi o per mandato speciale presso il
Superiore che confermò, ammise o
istituì. Per tacita rinunzia vacano gli uffici quando un chierico emette la
professione religiosa, se non ha preso possesso in tempo utile, se accetta o
prende possesso di qualche ufficio incompatibile, se abbandona pubblicamente
la fede o contrae matrimonio anche solo civile, se s’iscrive alla milizia, se
smette l’abito e ammonito non lo riprende entro un mese, se abbandona la
residenza nonostante l’ammonimento dell’Ordinario. I Superiori non
accetteranno, senza causa, le rinunzie e le ammetteranno o no entro un mese e
anche dopo se non revocate. 190-191. Accettata e notificata la rinuncia vaca
l’ufficio, e chi rinuncia non lascerà l’ufficio senza l’avviso del Superiore,
Accettata la rinuncia non si dà luogo a pentimento, benché si può ottenere
l’ufficio per altro titolo, e se ne avviserà chi ha qualche diritto nella
provvisione. La privazione s’incorre o per diritto o per disposizione del
Superiore, Se l’ufficio è inamovibile, l'ordinario deve fare un processo; se amovibile, deve
agire con prudenza e vale dopo l’intimazione, contro la quale si può in
devolutivo ricorrere alla S. Sede. 193-194. Il trasferimento può essere fatto dal Superiore
competente per i due uffici e consentendo il chierico, ogni giusta causa è
buona; se no si procederà come per la privazione. Il primo ufficio vaca
quando si è preso possesso del secondo e nel frattempo si percepiscono i
frutti del primo. 195. Chi elegge, postula o presenta non ha diritto a
rimuovere o trasferire. TITOLO V Potestà ordinaria e delegata. 196-197. La potestà di giurisdizione, o di regime,
stabilita da Dio nella Chiesa è di foro esterno o interno, sacramentale o
extrasacramentale. La ordinaria è inerente all’ufficio, la delegata è
commessa alla persona. L’ordinaria è propria o vicaria. 198. Sono Ordinari, oltre il Papa, i Vescovi residenziali,
gli Abati e Prelati nullius, i loro Vicari Generali, gli Amministratori, i
Vicari o Prefetti Apostolici; i loro successori interinali, i Superiori
maggiori delle religioni esenti. Eccetto questi ultimi, gli altri si chiamano
Ordinari dei luoghi. 199-200. Chi ha la facoltà ordinaria può in tutto od in
parte delegarla se nulla osta. Quando è delegata dalla S. Sede può
suddelegarsi, se non è legata alla persona. Un delegato a tutto da un
inferiore al Papa può delegare per i singoli casi. Negli altri casi vi
bisogna un’espressa concessione, eccetto se si tratti d’un articolo non
giurisdizionale. Una potestà suddelegata non è di nuovo delegabile, salva
concessione. La potestà ordinaria e la
delegata per tutto è di lata interpretazione; le altre di stretta e il
delegato deve provare la sua delegazione. 201. La potestà di giurisdizione si esercita direttamente
solo sui sudditi. Quella giudiziale,
ordinaria o delegata, non si può usare
in proprio comodo, nè fuori territorio. La volontaria non giudiziale può usarsi I in proprio favore e
fuori territorio verso un suddito
assente. 202. La potestà data per il foro esterno vale per il foro
interno, non viceversa. La interna si può adoperare nel foro esterno
extrasacramentale e quando non consta il contrario, la potestà s’intende
concessa per entrambi i fori. 203. Il Delegato
nulla opera, se eccede il suo mandato; non però se cambia il modo non
tassativamente imposto al mandante. 204. Se si
ricorre al Superiore, non s’intende perciò sospésa la potestà volontaria
dell’inferiore; però, deferito l’affare al Superiore, l’inferiore si asterrà
dall’immischiarsene senza vera necessità e nel caso, ne avviserà subito il
Superiore. 205-207. La potestà delegata a diversi, nel dubbio, se
volontaria si presume in solido; se giudiziale, collegialmente. Quando è data
a più, in solido, chi prima comincia, finché non è impedito o smette, esclude
gli altri; se collegialmente, bisogna per la validità procedere insieme. Se sono
delegati successivamente diversi, agirà il primo se non consti il contrario.
La potestà delegata cessa finito il mandato, il tempo, il numero dei casi o
cessata la causa finale, revocata e intimata o accettata la rinunzia. Per il
foro interno vale un atto inavvertitamente emesso, cessato il tempo o il
numero, e quando la delegata è collegiale, venendo meno uno, spira per gli
altri se non consta il contrario. 208. L’ordinaria
cessa, perduto Y ufficio, tace per interposto appello sospensivo. 209. Nell’errore
comune e nel dubbio I positivo e probabile, supplisce 210. La potestà
dell’Ordine non si può delegare, salva concessione espressa. TITOLO VI Riduzione dei chierici allo stato laicale. 211-212. L’ordinazione valida non si estingue mai; però un
chierico maggiore può ridursi allo stato laicale, per rescritto, decreto,
sentenza o pena. Un chierico minore si laicizza non solo per diritto in casi
determinati, ma anche per volontà, propria avvertendo l’Ordinario o per giusta disposizione di
questo; e ridotto al laico non si riammette che con licenza dell’Ordinario
per la cui diocesi fu ordinato, previo
esame ed esperimento. Per un chierico maggiore deve intervenire 213-214. I chierici laicizzati perdono uffici, benefici,
diritti e privilegi e devono deporre l’abito e la tonsura. Il chierico
maggiore è sempre tenuto al celibato, eccetto il caso di una sentenza che
dichiari l’ordinazione coatta e non ratificata. La sentenza si dà secondo i
canoni SEZIONE II CHIERICI IN PARTICOLARE. 215. Alla sola suprema potestà appartiene erigere,
circoscrivere, unire, dividere e sopprimere Province, Diocesi, Abbazie,
Prelature nullius, Vicariati e Prefetture Apostoliche. Per Diocesi s’intende
anche generalmente l’Abbazia o Prelatura nullius, e per Vescovo, se non
consta il contrario, anche l’Abate o il Prelato nullius. 216-217. Le Diocesi, e possibilmente i Vicariati e le
Prefetture Apostoliche si divideranno in parti territoriali; alle singole
saranno assegnati la chiesa, il popolo e il pastore proprio. Nelle Diocesi le
parti si chiamano parrocchie, fuori, quasi-parrocchie se hanno un proprio
pastore; nè sono ammesse divisioni per nazionalità, famiglie o persone; nè
nelle esistenti ogni cambiamento senza indulto apostolico. Il Vescovo
dividerà il suo territorio in Distretti di più parrocchie che si chiamano
Vicariati foranei, decanati, arcipresbiterati e simili, e quando ciò non può
farsi si consulterà TITOLO VII Potere supremo e suoi partecipanti per diritto
ecclesiastico. CAPITOLO I PONTEFICE ROMANO 218. Il Romano Pontefice è successore di Pietro con potere
di onore e di giurisdizione suprema e piena in tutta 219-221. Il Pontefice eletto e consenziente acquista pieno
e supremo potere per diritto divino. A lui sono riservate per natura o per
legge le cause maggiori. Se rinunzia, non si chiede l’accettazione di
Cardinali o di altri. CAPITOLO II CONCILIO ECUMENICO. 222. Il Concilio Ecumenico non si convoca se non dal
Romano Pontefice cui; spetta la presidenza per se o per altri, la direzione,
la designazione degli affari, l'ordine da seguire, il trasloco del Concilio,
la sospensione, lo, scioglimento, la conferma dei decreti. 223-224. Vi si convocano con voto deliberativo i
Cardinali, i Patriarchi, Primati, Arcivescovi e Vescovi residenziali, Abati o
Prelati nullius, l’Abate Primate e gli Abati Presidenti e Superiori Generali
clericali esenti. I Vescovi titolari, convocati hanno, salve disposizioni
contrarie, voto deliberativo; gli altri teologi e canonisti solamente voto
consultivo. Chi non potesse andare, provato l’Impedimento, manderà un
procuratore che se è uno dei Padri convocati ha un solo voto; se no, assiste
e sottoscrive gli atti senza voto. 225. Nessuno
degli intervenuti può allontanarsi senza causa e licenza del Preside. 226. Alle
questioni preparate è lecito, previa licenza del Preside, aggiungerne nuove. 227. I Decreti
obbligano dopo confermati dal Pontefice e per suo ordine promulgati. 228. Il Concilio
ha potere supremo e universale, ma dalla sentenza del Papa non si dà appello
al Concilio. 229. Se durante
la celebrazione muore il Papa, il Concilio rimane sospeso a disposizione del
futuro Pontefice. CAPITOLO III CARDINALI DI S. ROMANA CHIESA. 230. I Cardinali
costituiscono il Senato del Romano Pontefice, di cui sono i principali
Consiglieri e Assistenti nel governo della Chiesa. 231. Il Sacro
Collegio è di tre ordini; episcopale con sei suburbicari, presbiterale con
cinquanta preti, diaconale con quattordici. Ciascuno dei presbiteri e diaconi
ha un titolo o una diaconia in Roma assegnati dal Pontefice. 232-235. Il Papa li nomina liberamente e devono essere
almeno preti distinti per dottrina prudenza e pietà. Non possono essere
Cardinali gli illegittimi anche legittimati o irregolari pur dispensati; chi
abbia figli o nipoti o sia consanguineo di Cardinali in primo o secondo
grado. Essi vengono creati e pubblicati in Concistoro e subito ottengono le prerogative
e i privilegi. Quelli riservati in petto acquistano i diritti dopo la
pubblicazione e la precedenza dal la data della riserva. Un assente dovrà nel
ricevere il berretto giurare di adire il Pontefice entro un anno. Con la
nomina vaca qualunque altro beneficio, Chiesa, dignità e pensione
ecclesiastica. 236. I Cardinali
possono in Concistoro e con pontificia licenza passare per opzione da un
ordine all’altro. I Diaconi con opzione assumono il posto che ebbero il
giorno della nomina. I Presbiteri presenti in Curia, alla vacanza, possono
optare per le suburbicarie. I suburbicari non possono passare ad altre
suburbicarie eccetto il Decano che aggiunge sempre Ostia alla precedente
diocesi posseduta. 237. Al Collegio
come primo fra pari presiede il Decano, lo supplisce e gli succede il
sottodecano. 238. Nessun
Cardinale si allontanerà dalla Curia senza licenza del Papa, eccettuati i
Suburbicari per la propria Diocesi. Sono pure dispensati i Vescovi fuori
Curia, ma quando vengono a Roma si presenteranno al Papa e non si
allontaneranno senza suo permesso. 239. Insieme ad
altri privilegi tutti i Cardinali, dalla promozione, possono confessare
dovunque e assolvete da ogni peccato e censura eccetto le specialissime
riservate alla S. Sede o che riguardano violazioni di segreto del S. Uffizio,
e in questi limiti, scegliere per se e per i loro a confessare un sacerdote;
predicare dovunque; celebrare o far celebrare nel Giovedì Santo, e loro
presenti le tre Messe di Natale; benedire col solo segno di croce e con le
indulgenze solite a concedersi dalla S. Sede, rosari, corone, croci,
medaglie, scapolari approvati e imporli senza obbligo di iscrizione; erigere 240. I
Suburbicari hanno piena giurisdizione nella Diocesi, e gli altri hanno i
poteri degli Ordinari secondo i canoni. I
Presbiteri possono pontificare
nel proprio titolo con trono e baldacchino; i Diaconi assistere
pontificalmente. Non possono però in altre chiese di Roma, senza licenza
pontifìcia, usare trono e baldacchino
nei pontificali. 241. Il S.
Collegio e CAPITOLO IV CURIA ROMANA. 342-244. 245. Una speciale Commissione di Cardinali, designati ogni
volta dal Papa, dirime le diverse controversie di competenza. Articolo I Sacre Congregazioni 246. Dirigono le Congregazioni ì Cardinali Prefetti, o un
Cardinale Segretario, se ne è Prefetto il Papa; a Loro sono aggiunti altri
Cardinali e con i necessari ufficiali. 247. 248. Della
Concistoriale un Cardinale è il Segretario; vi appartengono d’ufficio il
Segretario del Santo Uffizio, il Prefetto della S, Congregazione degli Studi
e il Segretario di Stato, e tra i Consultori l’Assessore del S. Uffizio, il
Segretario degli Affari Ecclesiastici Straordinari e quello della S.
Congregazione degli Studi. Essa prepara i Concistori, erige, divide Province,
Diocesi, Capitoli e anche Collegiate, propone i Vescovi, gli Amministratori,
i Coadiutori, gli Ausiliari; ne assume informazioni e li esamina; cura la
costituzione e sorveglia l’amministrazione delle Diocesi. 249. 250. Al Concilio
è affidata la disciplina del Clero secolare e del fedeli per i precetti
cristiani, le parrocchie, i canonici, le confraternite, le pie unioni, i
legati, le elemosine delle Mésse,
benefici, uffici, beni, tributi, tasse, ecc,; composizioni e acquisti
di beni ecclesiastici usurpati e relative dispense; immunità ecclesiastiche e
precedenze; le celebrazioni dei Concili e le Conferenze, e dirime le
controversie in via disciplinare, 251. 252. 253. 254. 255. 256. 257. Alla Congregazione per Articolo II Tribunali della Curia Romana. 258. 259. Articolo III Uffici della Curia Romana. 260. L’ufficio
della Cancelleria Apostolica sotto il Cardinal Cancelliere spedisce Lettere e
Bolle Apostoliche, dipendendo dalla Concistoriale per la di lei competenza. 261. L’ufficio
della Dataria Apostolica sotto il Cardinal Datario esamina l’idoneità per i
benefici riservati non concistoriali, concede dispense, redige e spedisce
rispettive lettere curando le pensioni e gli oneri imposti nel conferimento
dei benefici. 262. 263. 264. CAPITOLO V LEGATI DEL ROMANO PONTEFICE. 265. E diritto
del Papa mandare dovunque Legati con giurisdizione ecclesiastica o meno. 266. Il Legato a
lettere} alter Ego del Papa è un Cardinale con poteri speciali. 267. Altri Legati
sono i Nunzi e gli Internunzi, i quali curano secondo norme ricevute le
relazioni tra 268. I poteri dei
Legati non cessano con la vacanza della S. Sede, ma invece cessano terminato
il mandato, intimata la revoca, accettata la rinunzia. 269. I Legati
lasceranno liberi gli Ordinari nella loro giurisdizione; hanno su i loro la
precedenza se Vescovi possono dovunque, eccetto nelle Cattedrali, benedire,
pontificare con I trono e baldacchino. 270. Ai Vescovi I
che per CAPITOLO VI PATRIARCHI, PRIMATI E METROPOLITI. 271. Ai
Patriarchi e Primati oltre l’onore e la precedenza non compete speciale
giurisdizione se non per diritto particolare. 272-274. Il Metropolita o Arcivescovo gode nella Provincia
i poteri concessi o riconosciuti dal Papa. Egli ha nella propria Diocesi diritti ed obblighi come ogni Vescovo, e nelle suffraganee
supplisce l’Ordinario negligente nel dare l’istituzione ai presentati per i
benefici, concede l'indulgenza di 100 giorni, deputa in certi casi il Vicario
Capitolare, vigila sulla fede e tutela la disciplina ecclesiastica, riferendo
al Papa se vi sono abusi, fa in caso di negligenza riconosciuta dalla S. Sede
la visita con ogni diritto, celebra pontificali, riceve appelli, dirime anche
in prima istanza questioni a tenore del can. 1572. 275-279. È obbligato a chiedere il pallio entro tre mesi
dalla consacrazione o preconizzazione, se no, non gli è lecito esercitare la
potestà di Metropolita o quella vescovile che richiede Fuso del pallio.
Questo si adopera in giorni e funzioni prescritte, ma mai fuori provincia; se
si perde o sedi titolare è trasferito, ne chiederà un altro, nè può prestarlo
o donarlo, e si farà seppellire con tutti i palli ricevuti. 280. Il Patriarca
precede il Primate, questi, F Arcivescovo e questo i Vescovi, fermo il can
347. CAPITOLO VII CONCILI PLENARI E PROVINCIALI. 281. Gli Ordinari
di varie province possono adunarsi in Concilio Plenario col permesso del
Pontefice che designa un suo Legato a convocarlo e a presiederlo. 282. Vi debbono
intervenire con voto deliberativo oltre il Legato, i Metropoliti, i Vescovi
residenziali che possono in loro vece mandare il Coadiutore o l'Ausiliare,
gli Amministratori Apostolici, gli Abati e Prelati nullius, i Vicari
Capitolari. I Vescovi titolari nel territorio, se chiamati dal Legato, hanno
voto deliberativo, se non è stabilito il contrario. Altri possono esservi
invitati con voto solamente consultivo. 283-285. Il Concilio Provinciale si celebrerà almeno ogni
vent'anni. Il Metropolita o il suffraganeo più anziano assegna, uditi i Padri
con voto deliberativo, il luogo della celebrazione, possibilmente la chiesa
metropolitana, convoca il Concilio e lo presiede. Chi non ha Metropolita, ne
sceglierà uno dei più vicini al cui Concilio intervenire. 286-287. Interverranno i Suffraganei, gli altri Prelati di
cui nei canoni precedenti con voto deliberativo, e con simile voto anche, se
convocati, i Vescovi titolari. Due Delegati dei Capitoli o dei Consultori con
voto consultivo, così pure i Superiori Maggiori delle religioni clericali
esenti e delle Congregazioni monastiche nonché altri eventualmente invitati.
Chi ha voto deliberativo ed è impedito manderà giustificandosi un
Procuratore; se questo è uno dei Padri con voto deliberativo, non ha che un
solo voto, se no ha solo voto consultivo. 288. Il Presidente, consenzienti i Padri, nel provinciale
.prepara, apre, trasferisce, proroga, chiude il Concilio. 289. Nessuno può allontanarsi senza permesso del Legato e
dei Padri nel provinciale. 290. Compito dei Padri è curare l'incremento della fede,
l’integrità dei costumi, la composizione delle questioni e l’unità del la
disciplina. 291. Gli atti e i
Decreti saranno trasmessi dal Preside alla S. Sede. In essi sarà designato il
modo di promulgazione e l’inizio dell’obbligo; approvati e promulgati
obbligano, nè da essi dispensano gli Ordinari se non in casi particolari. 292. Si curerà
anche di tenere le Conferenze episcopali per promuovere CAPITOLO VIII VICARI E PREFETTI APOSTOLICI. 293. I Vicari e i
Prefetti Apostolici nominati dalla S. Sede reggono territori non eretti in
Diocesi e ne prendono possesso con resibizione delle Lettere Apostoliche per
il Vicario, del Decreto per il Prefetto. 294. Nel loro
territorio godono, salve riserve, i diritti e le facoltà dei Vescovi. Anche
chi non è Vescovo potrà benedire, consacrare, eccetto chiese e olii,
concedere indulgenze di 50 giorni, cresimare e conferire ordini minori. 295-296. Esigeranno la presentazione delle lettere patenti
dai missionari anche religiosi e a chi ricusa la presentazione sarà impedito
il ministero. Questo sarà concesso ai missionari e per grave causa si potrà
negare ai singoli. I missionari regolari per ciò che riguarda la missione
sono sottomessi al Vicario o Prefetto Apostolico. Nel conflitto fra gli
ordini di questi e quelli del Superiore prevalgono gli ordini del Vicario 0
Prefetto Apostolico, salvo ricorso alla Santa Sede in devolutivo. 297-298. Possono costringere i religiosi anche esenti al
ministero delle anime, e comporre i dissidi fra i missionari, salvo ricorso
in devolutivo alla S. Sede. 299-300. I Vicari sono tenuti come i Vescovi alla visita
ad limìna personalmente e se impediti, per procuratore anche dimorante in
Roma. I Vicari o Prefetti devono dare relazione scritta del loro ufficio alla
S. Sede, e sottoscritta anche da un Consigliere; ed; anzi debbono ogni anno riferire intorno ai convertiti, ai battezzati e all.
amministrazione dei sacramenti. 301. Devono risiedere nella loro regione e visitarla per
se o per altri. 302-303. Stabiliranno un Consiglio di tre provetti
missionari e annualmente terranno
consiglio con i principali missionari. 304. Avranno un
Archivio e celebreranno quando è possibile i Concili Plenari e provinciali e
i Sinodi. 305-306. Procureranno la formazione dei chierici del luogo
ed applicheranno 307. Non
permetteranno l’allontanamento definitivo dei missionari, che rimuoveranno
però in caso di scandalo. 308. Chi è
Vescovo gode i privilegi dei titolari; chi non lo è, godrà quelli di
Protonotaro Partecipante. 309-310. Preso possesso, nomineranno, se non c’è il
Coadiutore, un Pro-Vicario o un Pro -Prefetto che eserciterà solo il potere
commesso e supplirà se manca il Vicario o Prefetto o ne è impedita la
giurisdizione. Anche il Pro-Vicario o il Pro-Prefetto, succedendo al
titolare, nomineranno chi possa sostituirli; in casi estremi, il più anziano
del Vicariato o della Prefettura assume la direzione. Tutti costoro
informeranno subito 311. Chi è stato stabilito a tempo, si atterrà al mandato. CAPITOLO IX AMMINISTRATORI APOSTOLICI. 312-313. Nelle Diocesi, per speciali motivi, il Pontefice
no mina a tempo o stabilmente degli Amministratori apostolici. Questi
prendono possesso del mandato, in sede piena presentando le lettere di
nomina, e in sede vacante prendono possesso come il Vescovo. 314-316. Compito, diritti e privilegi si desumono dal
mandato apostolico. L’Amministratore permanente è equiparato ai Vescovi, e se
a tempo, ai Vicari Capitolari con potere di visita e senza l’obbligo della
Messa per il popolo; ha poi speciali onori e privilegi, secondo il canone
308. Con l’Amministratore è sospesa le giurisdizione del Vescovo e del suo
Vicario Generale, ma non deve ingerirsi in cause del Vescovo nè procedere
contro il di lui Vicario. 317. Qualora fosse
impedito l’Amministratore nel suo esercizio, si avverte 318. Non cessano per la morte del Pontefice o del Vescovo,
bensì per la presa di possesso del nuovo Vescovo. CAPITOLO X PRELATI INFERIORI. 319-321. I Prelati che hanno un territorio proprio con
clero e popolo si chiamano Abati o Prelati nullius, e devono avere almeno tre
parrocchie. Sono nominati dal Papa, salvo diritto di elezione o
presentazione, nel qual caso sono dal Papa confermati o istituiti. Avranno le
qualità dei Vescovi. Quando sono per elezione, si seguiranno le norme comuni. 322. Inizieranno
l’ufficio dopo preso regolare possesso e previa la benedizione da riceversi
da un Vescovo entro tre mesi. 323. Hanno
poteri, obblighi e sanzioni come i Vescovi; e se non sono Vescovi possono,
oltre quanto è detto nel can. 294, consacrare proprie chiese ed altari fissi,
e avere un Vicario Generale. 324. Il Capitolo
religioso dell’Abbazia e della Prelatura si governa con leggi proprie, quello
secolare secondo il diritto comune. 325. L’Abate o
Prelato nullius gode speciali diritti onorifici. 326. Una
Prelatura secolare senza Capitolo eleggerà dei Consultori diocesani. 327. Vacando
l’Abbazia o Prelatura succede il Capitolo che dentro otto giorni eleggerà un
Vicario e se questi è impedito, si seguirà il canone 429. 328. Per i
Prelati o non Prelati della Famiglia Pontificia si osserveranno le norme
particolari della Casa Pontificia. TITOLO VII Potestà episcopale e chi ne partecipa. CAPITOLO I I VESCOVI. 329. I Vescovi
successori degli Apostoli governano chiese, sotto il Pontefice, il quale li
nomina liberamente. Se è concessa l’elezione a qualche collegio si osserverà
il can. 321. 330-331.
Deve constare della loro idoneità.
Pertanto è idoneo chi è nato legittimo, abbia trent'anni e da cinque anni sia
sacerdote, sia di integri costumi, pio, prudente, capace di governare, con
laurea o licenza in teologia o in diritto canonico o perito in tali materie e
se religioso, tale dichiarato dai Superiori, Anche gli eletti o presentati o
designati devono avere queste qualità. Della idoneità giudica solo 332-333. Ogni candidato deve ottenere l'investitura
canonica che dà solo il Pontefice, e prima dovrà, oltre la professione di
Fede, emettere giuramento di fedeltà alla S, Sede. Deve farsi consacrare
dentro tre mesi e prendere possesso dentro quattro, salvo il can. 238. 334-337. I
Vescovi residenziali sono Ordinari, ma nulla possono fare se non dopo preso
possesso, presentate le Lettere Apostoliche al Capitolo di cui prende atto il
Cancelliere. Il Vescovo governa col triplice potere legislativo, giudiziario,
coattivo. Promulga, come egli crede meglio, le sue leggi e queste obbligano
immediatamente. Curerà l'osservanza delle leggi ecclesiastiche. Invigilerà la
disciplina, la retta amministrazione dei Sacramenti, la purezza della fede e
dei costumi. Predicherà. Può in Diocesi pontificare dappertutto; fuori, col
permesso almeno presunto dell'Ordinario o Superiore esente; può funzionare
con pastorale e mitra, permettere i pontificali ad altri anche con Fuso del
trono e del baldacchino, 338. Deve risiedere nella Diocesi, senza assentarsene se
non per le vacanze, per due o tre mesi all’anno, senza scapito della Diocesi,
con speciali cautele se si assentasse per altre ragioni. Non si assenterà
dalla Cattedrale nei tempi e feste determinate e sarà denunziato dal
Metropolitano e questo dal più antico suffraganeo se si assentasse per più di
sei mesi. 339. Egli stesso e, se impedito, per mezzo di altri,
applicherà 340-342. Farà la relazione ogni cinque anni alla S. Sede.
I quinquenni sono fissi e computati con norme determinate partendo dal 1°
gennaio 1911, ed è dispensato se coincide col primo biennio del suo governo.
Nell’anno della relazione i Vescovi devono far visita ai sepolcri di S.
Pietro e Paolo e presentarsi al Papa. Gli extraeuropei lo possono fare ogni
dieci anni o personalmente o se impediti, per il Coadiutore o un Sacerdote residente
nella Diocesi. 343-346. Il Vescovo farà la visita ogni anno nella Diocesi
in modo da terminarla in cinque anni o personalmente o per il suo Vicario o
per altri; può liberamente assumere seco per la visita due canonici e se
manca si osserverà il can. 274. Alla visita sono soggetti persone, cose,
luoghi pii, anche esenti; i religiosi esenti in casi espressi. Procederà
paternamente salvo ricorso in devolutivo, evitando inutili ritardi, gravi
spese; per il proprio mantenimento e per altre spese occorrenti si starà alle
consuetudini. 347. Precede nel
suo territorio tutti, eccetto i Cardinali, i Legati e il proprio
Metropolitano. Tra i suffraganei nelle
assemblee si starà alla promozione a
Vescovo. Fuori territorio si osserverà il canone 106. 348. I Vescovi
titolari non hanno alcun potere sulla loro Diocesi, ma conviene che
applichino per carità qualche volta 349. Ricevuta
comunicazione della provvista canonica, ogni Vescovo gode gli onori e i
privilegi del grado e le insegne episcopali. Però dalla presa di possesso i
residenziali hanno diritto di percepire i redditi della mensa, di concedere
indulgenze di 50 giorni in tutto il territorio anche per gli esenti, di
elevare nelle chiese della Diocesi trono e baldacchino. CAPITOLO II COADIUTORI E AUSILIARI DEI VESCOVI. 350-352. Il Papa solo ha potere di costituire un
Coadiutore al Vescovo. Questo si dà alla persona e qualche volta alla Sede;
dato alla persona senza successione si chiama Ausiliare. I diritti del
Coadiutore si desumono dalle Lettere Apostoliche, se nulla è stabilito; e se
dato ad un inabile, ha tutti i diritti e doveri di un Vescovo: gli altri
quanto il Vescovo loro commette. Il Vescovo non delegherà altri per quanto
può e vuol fare il Coadiutore, il quale si presterà sempre volentieri. Il
Coadiutore dato alla Sede può fare quanto è di ordine episcopale eccetto le
ordinazioni, nel resto si atterrà al mandato. 353. Per prendere possesso presenterà le Lettere
Apostoliche al Vescovo, e se è con futura successione o dato alla Sede, anche
al Capitolo; se il Vescovo è inabile basta la presentazione al Capitolo. 354. Preso
possesso, è tenuto alla residenza al pari dei Vescovi residenziali. 355. Vacata CAPITOLO III SINODO DIOCESANO. 356. Ogni Vescovo
residenziale per il bene della Diocesi deve celebrare il Sinodo diocesano
ogni dieci anni. Se ha più Diocesi anche in Amministrazione può celebrarne
uno solo. 357. Egli solo lo
convoca e lo presiede possibilmente nella Chiesa Cattedrale. 358-359. Devono essere chiamati e intervenire il Vicario
Generale, i Canonici 0 i Consultori, il Rettore del Seminario, i Vicari
foranei, un deputato membro dei Capitoli Collegiali, i parroci della città,
un parroco eletto da ciascun Vicariato, gli Abati di regime e un Superiore
delle religioni clericali. Possono essere chiamati dal Vescovo altri e anche
tutti i sacerdoti, i quali hanno voto se il Vescovo non stabilisce
altrimenti. Chi deve intervenire, se impedito avviserà il Vescovo, che può
punire i negligenti, se non sono esenti. 360. Il Vescovo
può stabilire delle Commissioni preparatorie e agli intervenuti si passerà
prima 10 schema. 361. Le questioni
si discuteranno nelle sedute preparatorie. 362. Il Vescovo
solo è legislatore e sottoscrive le Costituzioni, le quali promulgate nel
Sinodo obbligano subito. CAPITOLO IV CURIA DIOCESANA. 363-364. 365. Per i
Tribunali, vedi can. Articolo I Vicario Generale. 366-367. Quando è necessario, si nomina un Vicario
Generale a scelta del Vescovo e da lui rimovibile a volontà. Sarà uno se non
richiede altrimenti la diversità di rito o l’ampiezza della Diocesi; ma vi si
può aggiungere un supplente. Egli sarà di almeno trent'anni, laureato o
licenziato in Teologia e diritto canonico o almeno perito, pio, prudente,
esperto. Può essere un Religioso se 368- 370. Precede
tutti dopo il Vescovo o qualche altro Vescovo presente e se Egli è Vescovo
gode tutti gli onori del grado; se non lo è, gode quelli di Protonotario
Apostolico titolare. 371. Per i poteri
segue le vicende del Vescovo. Articolo II Cancelliere, Notavi ed Archivio. 372- 375-378. Deve tenersi in luogo sicuro e comodo un Archivio
per la custodia degli Atti con un catalogo dei documenti e compendio delle
Scritture. Ogni anno, nel primo bimestre sarà aggiornato e completato.
L’Ordinario ricercherà le carte e le scritture disperse e provvederà per la
restituzione. L’Archivio sarà chiuso e nessuno vi entrerà senza permesso del
Vescovo o del Vicario; il solo Cancelliere ne avrà la chiave. Non si
asporteranno documenti che per tre giorni prorogabili con moderazione
dall’Ordinario. Delle carte asportate si lascerà ricevuta firmata. 379. Vi sarà ancora un Archivio secreto, inamovibile, per
affari speciali. Ogni anno si bruceranno i documenti criminali in materia di
costumi per i già morti o condannati da dieci anni lasciando un sommario
della sentenza. Anche questo Archivio avrà un catalogo e due chiavi diverse,
una per il Vescovo e una per il Vicario Generale e, mancando questo, per il
Cancelliere. Il Vescovo può aprirlo da solo. 380-381. Il novello Vescovo designa un sacerdote che
vacando 382. Il Vicario Capitolare non può aprire l’Archivio
segreto se non presenti due Canonici o Consultori; ispezionerà le scritture
senza estrarle e quindi rimetterà i sigilli. Se questi fossero tolti, il
Vicario ne rende edotto il novello Vescovo. 383-384. Abbia il Vescovo uguale cura degli altri Archivi
della Diocesi con doppia copia dei documenti i cui originali non si
estrarranno che a norma del can. 378, La comunicazione dei documenti pubblici
sia libera, osservando apposite disposizioni. Articolo III Esaminatori Sinodali e Parroci Consultori 385-388. Si nomineranno nel Sinodo, su proposta del
Vescovo, esaminatori e parroci consultori i quali non saranno meno di quattro
nè più di dodici. Per quelli che cessano, interinalmente si nomineranno altri
prosinodali, udito il Capitolo, Lo stesso si farà se non si celebrerà il
Sinodo, Tutti cessano per se dopo dieci anni o prima se si celebra un altro
Sinodo, ma possono finire l’affare incominciato ed essere rieletti, I
luogotenenti dureranno quanto coloro di cui fanno le veci. Il Vescovo li può
rimuovere per grave causa e udito il Capitolo, 389. Gli esaminatori attenderanno agli esami per la
provvista delle parrocchie ed ai processi di cui al can, 2147 e seguenti. Per
gli esami anche delle ordinazioni, confessioni, predicazioni il Vescovo può
adibire questi o altri. 390. I due uffici si possono cumulare, ma non nella stessa
causa. CAPITOLO V CAPITOLO DEI CANONICI. 391-392. Ogni Capitolo è un corpo di chierici istituito
per il culto nella Chiesa; il Cattedrale quale suo Senato aiuta il Vescovo e
lo supplisce i in sede vacante; il Collegiale può essere insigne o per
insigne. La loro erezione, innovazione e soppressione è riservata alla Santa
Sede. 393-394. Nei Capitoli vi saranno Dignità e Canonici per i
vari uffici. Possono esservi benefici inferiori in uno o più gradi. Il
Capitolo è costituito solo dalle Dignità e dai Canonici, salvo statuti
contrari per le Dignità; nè si creeranno canonicati privi di prebende. Nei
Capitoli numerati sono tanti prebendati quante prebende; per i non numerati,
quanti se ne possono mantenere. L’erezione delle Dignità è riservata alla S.
Sede. Il Vescovo può col consenso del Capitolo restituire le Dignità estinte
o creare nuove prebende. Nelle Cattedrali e Collegiali insigni per la tenuità
di prebende può il Vescovo, sentito il Capitolo e col permesso della Santa
Sede, unire benefici semplici o sopprimerne alcuni, consenziente
eventualmente il patrono, applicandone i proventi per le distribuzioni
quotidiane. 395. Dove non vi
sono distribuzioni quotidiane o troppo tenui, il Vescovo separerà la terza
parte di tutti i proventi beneficiari e li convertirà in distribuzione. Se
non può, introduca delle multe con le quali si supplirà alle distribuzioni
che andranno ai più diligenti; se le Dignità hanno proventi propri, le
distribuzioni perdute vanno ad altre Dignità o in loro difetto alla Fabbrica
o a un luogo pio. Vi saranno dei puntatori eletti dal Capitolo, ai
quali il Vescovo può aggiungerne un altro; mancando i puntatori, supplisce il
canonico anziano. 396. Il
conferimento delle Dignità è riservato alla S. Sede; è vietata l'opzione,
salve solamente le leggi di fondazione, non però per le case e simili
separati dalla prebenda; per la prima Dignità, ci sia possibilmente la laurea
in Teologia o Diritto Canonico. 397. Le Dignità e
i Canonici hanno diritto ed obbligo di supplire il Vescovo nelle funzioni,
assisterlo nei pontificali, amministrargli malato i sacramenti e morto, farne
i funerali; convocare il Capitolo e presiederlo, ordinando quanto riguarda il
coro, purché le Dignità siano del Capitolo. 398- 400. Il Teologo
spiegherà pubblicamente in Chiesa 401. Il
Penitenziere ha poteri ordinari non delegabili, anche per i peccati riservati,
pur nei riguardi degli stranieri e per i diocesani anche fuori. Deve stare
nel suo confessionale in chiesa nei tempi assegnati ed essere pronto alla
chiamata dei fedeli anche durante i divini uffici. 402. La cura
delle anime è riservata al Vicario parrocchiale. 403-404. Il conferimento dei benefici spetta al Vescovo,
udito il rispettivo Capitolo, riprovate le contrarie consuetudini e salve le
leggi di fondazione. Egli conferirà i canonicati ai più degni, e per legge di
fondazione agli oriundi del luogo purché degni, preferendo i dottori, i
pastori di anime e gli insegnanti. 405. Gli scelti preso possesso ed emessa la professione di
fede, godono tutti gli inerenti privilegi e diritti. 406-407. Solamente il Vescovo e raramente può creare dei
canonici onorari. Per un extra-diocesano è richiesto il consiglio dei
Capitolo e il consenso del Vescovo proprio. Gli onorari anche extra-diocesani
non supereranno il terzo dei Canonici titolari. Gli onorari in Roma godono
solamente nelle loro chiese i privilegi e le insegne proprie; fuori Roma in
tutta 408. Il Capitolo
Cattedrale precede tutti gli altri; gli insigni i non insigni; entro il
Capitolo salve legittime consuetudini precedono Dignità, poi Canonici
titolari e onorari; quindi i beneficiati; i Vescovi precedono tutti. Dove
sono presbiteri, diaconi e suddiaconi, seguono l’ordine e nel medesimo la
priorità di nomina. 409. I Canonici
se Vescovi porteranno le vesti vescovili, se no, la veste propria senza la
quale sono considerati come assenti. Le vesti suddette si adoperano in
Diocesi, riprovata ogni contraria consuetudine; non fuori, eccetto che si
accompagni il Vescovo o lo si rappresenti nel Concilio o in altra solennità. 410. Ogni
Capitolo avrà dei propri statuti stabiliti capitolarmente e approvati dal
Vescovo. Se non li fa il Capitolo, allora li farà il Vescovo e, sei mesi dopo
la intimazione, li imporrà. 411-412. Il Capitolo si riunirà in tempo e luogo
stabilito; il Vescovo però e il Preside o la maggioranza possono sempre
convocarlo. La convocazione è necessaria solo per le adunanze straordinarie.
Vi hanno voce solamente i canonici, esclusi gli onorari; partecipano le
Dignità, se formano il Capitolo con Ì canonici. I canonici invitati devono
assistere il Vescovo, quando celebra solennemente in città e suburbio, e
seguire il Cerimoniale, quando accede o recede dalla Cattedrale. Il Vescovo
potrà tenere seco due canonici per assisterlo nel suo ufficio. 413-414. Ogni Capitolo è tenuto quotidianamente
all’ufficio corale, salve leggi di fondazione. L’ufficio divino comprende le
salmodie, le Messe conventuali ed altre di rubrica o di fondazione, 415. Se 416. Gli Statuti Capitolari regoleranno il servizio
dell’altare per turno, esclusi come diaconi e suddiaconi le Dignità, il
teologo, il penitenziere e i pretendati dell’ordine presbiterale. 417. 418-419. I Canonici e i beneficiari obbligati al servizio
giornaliero possono assentarsi, riprovata ogni consuetudine contraria, per
tre mesi continui o ad intervallo, ma non nell’Avvento o Quaresima o nelle
solennità, nè contemporaneamente se ne assenteranno più della terza parte.
Perdono la distribuzione nelle vacanze, salve le due terze parti, se i frutti
sono di distribuzioni. E proibita la sostituzione, eccettuati i casi
particolari e purché il sostituto dello stesso rango e della stessa Chiesa,
esclusi i coadiutori, non sia tenuto al coro. Chi è tenuto alla Conventuale e
alla Messa per il popolo, celebri quella, e celebrerà l’altra l’indomani o la
farà celebrare. 420-421. Sono scusati per l'assenza percependo i frutti e
le distribuzioni i giubilati, il teologo nei giorni che esercita il suo
ufficio, il penitenziere mentre confessa, gli aventi cura d’anime durante
l’esercizio del loro ufficio, gli infermi o impediti; un legato pontificio o
che accudisce alla persona del Papa; chi fa gli annuali esercizi spirituali;
chi assiste il Vescovo nella
visita ad limina o va al Sinodo o a un
Concilio, l’assente per affari del Capitolo e
della Chiesa o che I assiste il Vescovo celebrante, chi è impegnato
per la visita pastorale o fa i processi nelle cause di; beatificazione o vi
è chiamato come teste; i parroci
consultori e i giudici in esercizio. Le distribuzioni fra i ' presenti le
percepiscono solo alcuni dei suddetti,
salvo contraria volontà dei fondatori. Sono scusati I dal coro percependo soltanto i frutti: chi I anche retribuito
insegna in scuole o facoltà approvate teologia o diritto canonico; chi
regolarmente studia teologia o diritto
canonico in scuole pubbliche; il Vicario Capitolare, il Vicario Generale e il
Cancelliere in esercizio; i Canonici addetti al Vescovo. Se le prebende sono
di sole distribuzioni e così tenui da non raggiungere la ’ terza parte,
percepiranno solamente due parti delle distribuzioni, 422. Dopo quarant’anni di servizio lodevole nella medesima
Diocesi si può chiedere la giubilazione dalla S. Sede, e il giubilato fruirà
delle prebende e delle distribuzioni anche fra presenti, se nulla osti, ma
non del diritto a opzione. CAPITOLO VI CONSULTORI DIOCESANI. 423-426. Dove non c’è Capitolo, si sceglieranno idonei
sacerdoti non religiosi nè secolarizzati, come consultori diocesani, la cui
nomina appartiene al Vescovo, Saranno sei o almeno quattro dimoranti nella
città vescovile o nei dintorni e giureranno fedeltà nell’ufficio. Saranno
nominati a triennio. Possono essere confermati o sostituiti dal Vescovo,
Durante il triennio, se qualcuno vien meno, il Vescovo lo sostituirà, sentiti
gli altri. Vacata 427-428. I Consultori sostituiscono il Capitolo
nell'ufficio di Senato del Vescovo, anche vacata CAPITOLO VII SEDE IMPEDITA, VACANTE E VICARIO CAPITOLARE. 429. Se il Vescovo nel suo governo resta assolutamente
impedito per forza maggiore, la potestà passa al Vicario Generale o a un
delegato del Vescovo, Può anche delegare diversi che si succedono. Venendo
meno anche questi il Capitolo nomina un Vicario che assume il regime con
potere di Vicario Capitolare, Chi assume il potere avviserà subito 430. Vicario Generale, mantenendo gli onori e i privilegi di
Vescovo e percependo i frutti della mensa. 431-434. Mancando un provvedimento apostolico, 435-437. Il Vicario è investito dell’ordinaria
giurisdizione, e può fare quanto dice il can. 368 e permettere a un Vescovo
di pontificare, e se Egli è Vescovo può farlo senza trono e baldacchino. Coi
suoi atti non pregiudicherà alla Diocesi e ai diritti del Vescovo lasciando
intatti i documenti della Curia. Nulla si muterà durante la sede vacante. Il
Capitolo non può riservarsi dei poteri nè può limitarli. 438-441. Il Vicario emessa la professione di fede acquista
la giurisdizione; a lui si devono gli onori del Vicario Generale e dovrà
risiedere ed applicare 442. L’Economo
amministra sotto l'autorità del Vicario Capitolare, 443. E riservata
alla S, Sede la rimozione del Vicario Capitolare e dell’Economo e se
rinunziano non è necessaria l'accettazione del Capitolo, che ne sceglierà dei
nuovi. Cessano con la presa di possesso del nuovo Vescovo, 444. Il nuovo
Vescovo chiederà ragione ad essi come agli altri ufficiali di tutto il loro
operato e li punirà se mancanti, anche se furono assolti dal Capitolo, Si
renderà anche ragione al Vescovo delle scritture della Chiesa a loro
pervenute. CAPITOLO VIII VICARI FORANEI. 445-446. Vicario foraneo è il sacerdote preposto ad un
Vicariato foraneo. Il Vescovo eleggerà un sacerdote degno, specie tra i
Rettori delle Chiese parrocchiali, ed è amovibile ad nutum, 447-450. I poteri del Vicario foraneo sono determinati dai
Sinodi provinciali e diocesani e dal Vescovo, Deve specialmente vigilare gli
ecclesiastici nell’esercizio del loro ministero, l’esecuzione dei decreti
vescovili, aver cura della materia per l’Eucaristia, del culto,
dell’amministrazione dei beni e oneri, specialmente di Messe e i libri parrocchiali.
Visiterà le parrocchie del suo distretto; provvedere per il parroco ammalato
o morto, curandone i libri e quanto altro è della Chiesa. Convocherà e
presiederà le adunanze dei preti nei giorni stabiliti dal Vescovo, curando
che, se si celebrino in più luoghi, sia fatto con diligenza. Anche non
parroco, risiederà nel territorio del Vicariato o vicino. Almeno ogni anno
darà relazione al Vescovo di tutto con suo voto sul da farsi. Ha sigillo
proprio e precede tutti i parroci e i sacerdoti del distretto. CAPITOLO IX PARROCI. 451. Il parroco è un sacerdote o una persona morale a cui
è affidata in titolo una parrocchia. A loro sono equiparati i quasi-parroci,
i Vicari parrocchiali con pieni poteri. Per i cappellani militari si
seguiranno speciali prescrizioni della S. Sede. 452. Ad una persona morale non si può unire di pieno
diritto una parrocchia senza indulto apostolico e in questo caso la persona
morale tiene soltanto la cura abituale; per l'attuale si starà al can. 471. 453. Il parroco sarà sacerdote di integri costumi, dotto,
pio e prudente, adatto per la cura. 454. Il parroco sarà stabile, pure essendo removibile
secondo il diritto. La stabilità è diversa negli amovibili o inamovibili. I
parroci inamovibili non si rendono movibili senza indulto apostolico, gli
amovibili si possono fare inamovibili dal Vescovo col consiglio del Capitolo.
I parroci delle nuove parrocchie eccetto speciali cause e udito il Capitolo
saranno inamovibili. Le quasi-parrocchie sono amovibili. I parroci religiosi
sono sempre amovibili e dal Superiore e dall’Ordinario con semplice
scambievole preavviso, salvo ricorso alla S. Sede in devolutivo. 455-456. Il Vescovo esclusa ogni consuetudine nomina i
parroci salva elezione o presentazione. Vacante o impedita potrà farlo il Vicario Generale senza mandato speciale,
salvo il can. 429. Ai parroci religiosi presentati dai Superiori, l'Ordinario
locale dà l’istituzione canonica. 457. I
quasi-parroci secolari li nomina l’Ordinario, udito il Consiglio. 458-459. Alla vacante parrocchia si provvederà secondo il
canone 155, salvo particolari condizioni. L’Ordinario sceglierà i migliori
senza preferenza, tenendo conto della dottrina e altre qualità opportune. A
questo scopo compulserà i documenti e farà debite inchieste, osserverà il
can. 130, li esaminerà con gli esaminatori sinodali, col consenso dei quali
può dispensare i periti, e dove vige, farà il concorso, non però per una
parrocchia nuova. 460. Un parroco
avrà una sola parrocchia, eccetto per le parrocchie aeque principaliter
unite, e nella parrocchia non vi sarà che un solo parroco, esclusi privilegi
e consuetudini contrarie, 461. La cura
parrocchiale comincia col possesso, nel quale si emetterà la professione di
fede, 462-463. Al parroco sono riservati il battesimo solenne,
portare F Eucaristia agli infermi pubblicamente, il viatico e l’estrema
Unzione, denunzia delle sacre ordinazioni, l'assistenza ai matrimoni e
benedirli, fare i funerali, benedire le case il sabato santo o in qualche
altro giorno, benedire il fonte battesimale nel sabato santo, dirigere
processioni, dare benedizioni solenni fuori della chiesa, tranne che queste
non siano funzioni spettanti al Capitolo, Spettano al parroco gli emolumenti
stabiliti e se ne esige maggiori è tenuto alla restituzione. I proventi per
atti compiuti da altri spettano al parroco, se non consti la volontà
tassativa del donatore circa l’eccedente. Egli però presterà la sua opera ai
poveri gratuitamente. 464. È tenuto
alla cura delle anime verso tutti i non esenti e il Vescovo può anche
limitare la sua cura in rapporto ai religiosi e le case pie non esenti. 465. Risiederà
nella casa parrocchiale o almeno vicino, e se col permesso del Vescovo
risiede altrove ciò sarà senza detrimento delle anime, nè potrà assentarsene che per due mesi ah l’anno, non
compresi gli esercizi spirituali annuali. Quando si assenta per più di una
settimana ci vuole la licenza scritta dell’Ordinario e la nomina di un
sostituto approvato, e per il parroco religioso in più la licenza del
Superiore. Se deve assentarsi all’improvviso e per più di una settimana,
avvisi il Vescovo e della causa e del supplente, provvedendo sempre alla cura
delle anime per qualunque altra breve assenza. 466. Il parroco
applicherà 467. Il parroco
deve celebrare gli uffici divini, amministrare i sacramenti richiesti,
conoscere e correggere i suoi fedeli, usare carità per i poveri, istruire
specialmente i fanciulli, spingere alla frequenza in chiesa alle funzioni e
prediche. 468-469. Avrà speciale cura per i malati e i moribondi,
non omettendo la benedizione apostolica che il parroco o chi assiste
l’infermo possono dare con l’indulgenza plenaria in articulo mortis, curerà
la fede e i costumi specialmente nelle scuole e che vi siano opere di fede,
di carità e di pietà. 470. Terrà bene i
libri parrocchiali dei battezzati, cresimati, sposati, defunti e
possibilmente quello delle anime. Nei libri dei battezzati noterà le cresime,
i matrimoni, ordine sacro, voti solenni. Alla fine di ogni anno manderà di
tutto, eccetto lo stato delle anime, un esemplare alla Curia. Userà un
sigillo proprio, avrà e custodirà diligentemente un Archivio con carte e
documenti che possono essere ispezionati dall’Ordinario e che non cadano in
mano d’estranei. CAPITOLO X VICARI PARROCCHIALI. 471. Quando una
parrocchia è unita pieno iure a una casa religiosa, chiesa capitolare o
persona morale, vi sarà per la cura attuale un Vicario con congrua, ad
arbitrio del Vescovo, Eccetto diritti particolari, il Vicario è presentato
dalla persona morale e il Vescovo gli dà l’istituzione. Se è un religioso, è
amovibile; gli altri quanto al presentante sono perpetui, ma sono rimovibili
dall’Ordinario, avvertito il presentante. Il Vicario ha gli stessi diritti ed
obblighi del parroco. 472-473. Quando vaca una parrocchia l'Ordinario per la
vacanza nomina un Vicario economo col consenso del Superiore se Religioso,
cori compenso congruo, Finché non si nomina economo, reggerà un Vicario
cooperatore, e se sono più, il primo; se uguali, il più antico; se mancano,
il parroco più vicino stabilito; per le parrocchie religiose il Superiore.
Chi frattanto regge, avvisi della vacanza l’Ordinario. Il Vicario economo ha
gli stessi diritti e doveri del parroco senza pregiudizio del parroco nè
della parrocchia. Al successore nel governo della parrocchia farà la dovuta
consegna, presente il Vicario foraneo o un delegato del Vescovo. 474. Il Vicario sostituto
di cui nei can. 465,. 1923, supplirà il parroco, salve le eccezioni poste
dall’Ordinario. 475. Al parroco
permanentemente impedito l'Ordinario assegnerà un Vicario ausiliare,
presentato dal Superiore per i religiosi. Questo ausiliare avrà diritti ed
obblighi di parroco senza l'applicazione della Messa; se supplisce in parte,
si sta al convenuto. Se il parroco è capace, l’ausiliare presterà la sua
opera secondo il prescritto dell’Ordinario. Se non si può provvedere con un
ausiliare alla cura delle anime, avrà luogo la rimozione del parroco. 476. Non bastando
il parroco, si aggiungerà un Vicario cooperatore o diversi con congruo
compenso. Ciò sarà per tutta o per parte della parrocchia. La nomina spetta
al Vescovo, sentito il parroco. Per i Religiosi il Superiore, sentito il
parroco, lo presenterà all'Ordinario. Il Cooperatore risiederà4 nella
parrocchiale, coopererà col parroco secondo i poteri ricevuti o lo supplirà
eccetto che per 477. I Vicari
parrocchiali, se Religiosi, si rimuovono a norma del can. 454; altrimenti
sono amovibili ad nutum dal Vescovo e dal Vicario Capitolare. Se 478. Il parroco
della Cattedrale e il Vicario attuale del Capitolo precedono tutti i parroci
e i Vicari delle Diocesi. Per gli economi si starà al can. 106. I Vicari
sostituti e gli ausiliari in carica precedono i cooperatori, questi gli altri
sacerdoti. CAPITOLO XI RETTORI DI CHIESE. 479-480. Si chiamano rettori i sacerdoti ai quali è
affidata la cura di una chiesa non parrocchiale nè capitolare nè annessa a
una casa religiosa e da essi ufficiata. Per i cappellani di religiose,
comunità laicali, confraternite, ecc., si osservano gli statuti particolari.
Sono nominati dalL’Ordinario, salve elezioni o presentazioni. Anche per una
chiesa esente il rettore sarà approvato dall’Ordinario, Se la chiesa è unita
al Seminario o a un Collegio, il Superiore ne sarà rettore, se non consti
altrimenti, 481-483. Il rettore non farà funzioni parrocchiali, ma può
celebrare uffici divini anche solenni senza pregiudizio del ministero
parrocchiale, e nei contrasti giudica il Vescovo, Se la parrocchia è troppo
distante l’Ordinario può anche sotto pena imporre alcuni uffici parrocchiali
al rettore e il parroco potrà dalla sua chiesa prendere il SS,mo Sacramento
per gli infermi. 484. Senza permesso del Rettore da darsi secondo il
diritto, nessuno può ivi celebrare, amministrare sacramenti o fare altre
funzioni. Per la predicazione si starà ai can. 485-486. Il rettore alla dipendenza dell’Ordinario avrà
speciale cura per quanto riguarda i divini uffici e gli oneri della chiesa,
nonché la retta amministrazione. L’Ordinario può rimuovere il rettore e se religioso,
osserverà il can. 454. PARTE II RELIGIOSI 487. Lo stato
religioso, rispettabile a tutti, è la stabilità della vita comune, in cui i
fedeli oltre i precetti osservano i consigli evangelici con voti di
obbedienza, castità e povertà. 488. Nei canoni
si chiama Religione una società legittimamente approvata, i cui soci secondo
leggi proprie con i tre voti anche temporanei rinnovabili alla scadenza
tendono alla perfezione; Ordine, una religione a voti solenni; Congregazione
monastica l’unione di più Monasteri autonomi sotto un Superiore; Religione
esente se non dipende dall’Ordinario; Congregazione se è con soli voti
semplici; Religione di Diritto Pontificio se ha ottenuto almeno il decreto di
Lode; di Diritto Diocesano, se è solamente eretta dall’ Ordinario; Religione
clericale se molti in essa sono destinati al sacerdozio; altrimenti laicale;
Casa formata se composta almeno di sei persone di cui quattro, se clericale,
siano sacerdoti; Provincia la parte di una Religione con più case unite sotto
un Superiore; Religiosi tutti coloro che fecero i voti in una religione, di
voti semplici se in una Congregazione, regolari se in un Ordine; Suore se di
voti semplici; Monache se per le Costituzioni son di voti solenni, benché non
li facciano per speciale disposizione apostolica; Superiori maggiori l’Abate
Primate, l’Abate Superiore di una Congregazione monastica o di un Monastero
autonomo; il Superiore Generale, il Provinciale, i loro Vicari ed altri con
poteri di Provinciale, 489. Le Regole e
le Costituzioni, in quanto non si oppongono al Codice, devono essere
rispettate; altrimenti sono abolite. 490. Parlando di
religiosi in genere, si intendono anche le religiose, 491. I religiosi
hanno la precedenza sui laici, le Religioni clericali sulle laicali, i Canonici
regolari sui Monaci, questi sugli altri Regolari, i Regolari sulle
Congregazioni, queste se di Diritto Pontificio sulle Diocesane; nella stessa
specie si seguirà il can, 106, Il Clero secolare ha la precedenza su tutti i
religiosi e se laici anche nelle loro Chiese, Il Capitolo anche Collegiale li
precede dappertutto, TITOLO IX Erezione e soppressione di una Religione, Provincia, Casa. 492. I Vescovi e
gli equiparati possono erigere Congregazioni diocesane, ma non lo faranno
senza consultare ed ottenere un nulla osta dalla Sacra Congregazione dei
Religiosi. I terziari in Comunità devono essere aggregati al primo Ordine dal
Generale. Tale Religione rimane sotto gli Ordinari fino al decreto di Lode.
Solo chi ne fa parte ne assume il nome e l’abito. 493. Una Congregazione, anche se ha una sola casa, non si
può sopprimere che dalla Santa Sede, la quale disporrà dei beni. 494. La divisione In province e qualunque sostanziale
modificazione di esse, la separazione dei Monasteri autonomi o la loro unione
ad altre Congregazioni è di competenza apostolica. Dei beni della estinta
provincia dispone il Capitolo Generale e fuori del Capitolo Generale, il
Moderatore Generale col suo Consiglio. 495-497. Una Congregazione diocesana può erigere altre
case col consenso dell’Ordinario della Casa Madre che non lo negherà senza
causa e con quello dell’Ordinario locale. Le Costituzioni si possono mutare,
ma solo col consenso di tutti gli Ordinari e salvo il canone 492. Non si
erigeranno case, se non si prevede che saranno provviste del necessario. Per
le Case esenti, quelle delle Monache e i luoghi sottoposti a Propaganda,
oltre il consenso scritto dell5Ordinario locale, ci vuole il beneplacito
apostolico; per le altre basta il consenso dell’Ordinario. Il permesso di
fondazione, se è per i clericali, s’intende esteso alla chiesa e al pubblico
oratorio, salvo il canone 1162, e al sacro ministero; e per ogni Religione
alle opere proprie, rispettando le condizioni contrattuali. Per aprire
scuole, ospizi e simili separati ci vuole il con senso scritto
dell’Ordinario. Non si trasformerà una casa in altri usi senza le formalità
della erezione. 498. Una casa esente si estingue col permesso apostolico;
se è di una Congregazione pontificia, basta il consenso dell’Ordinario. Per
le diocesane con la sola autorità del Vescovo, sentito il Superiore e salvo
il can. 493. TITOLO X Governo delle Religioni. CAPITOLO I SUPERIORI E CAPITOLI. 499-500. Tutti i religiosi anche in forza del voto
ubbidiranno al Papa. Il Cardinal Protettore non ha giurisdizione nè ingerenza
nell’interna disciplina e amministrazione, ma aiuta col suo consiglio e
patrocinio. Sono soggetti anche all’Ordinario, salvo il privilegio di
esenzione. Anche le monache sottoposte ai Regolari sono soggette
all’Ordinario nei casi espressi. Nessuna Religione maschile governa o cura
un’altra Congregazione di donne senza indulto apostolico. 501-503. Superiori e Capitoli hanno potestà dominativa; ma
nelle religioni esenti clericali completa giurisdizione. Non devono
intromettersi però in cause riservate al S. Uffizio. Il potere poi degli
Abati Primati o di una Congregazione monastica è determinato dalle
Costituzioni, salvi i can. 665, 1594. Il Superiore Generale ha potere su
tutti, gli altri secondo il loro ufficio. I Superiori maggiori nelle
religioni clericali esenti possono costituire dei Notari per gli affari della
loro Religione. 504. Per i Generali
e Superiori di Monache si richiedono dieci anni dalla prima professione,
legittimità di natali e quarant'anni di età; per gli altri maggiori bastano
trenta. 505. I Superiori
maggiori saranno temporanei, salve le Costituzioni; i minori locali per tre
anni confermabili al secondo triennio, non però la terza volta nella stessa
casa. 506-507. Prima deh le elezioni gli elettori giureranno di
scegliere superiori degni. Per le Monache presiede l'Ordinario con due
scrutatori o il Superiore regolare con cui può intervenire L’Ordinario e
presiedere per se o per altri. I Confessori ordinari non faranno da
scrutatori. Per 508-509. I
Superiori risiederanno nella propria casa. Promuoveranno l’osservanza dei
decreti apostolici ed avranno cura che ogni anno almeno siano pubblicamente
lette le Costituzioni e i Decreti speciali della S. Sede. Due volte al mese
si terrà l’istruzione catechistica per i conversi e i familiari, specie nelle
Religioni laicali una pia esortazione per tutti. 510. Ogni cinque
anni i Moderatori Generali di diritto pontificio faranno alla Santa Sede
relazione sottoscritta dal Consiglio e per le Congregazioni di donne anche
dall’Ordinario della Casa Generalizia. 511. I Superiori
Maggiori visiteranno le case per se o per altri. 512. Ogni cinque
anni F Ordinario dovrà visitare i singoli Monasteri di donne, soggetti a se o
alla Sede Apostolica, le singole case di diritto diocesano. Quanto ai
Monasteri delle Monache per la clausura; 0 per tutto, se non ha fatto da
cinque anni il Superiore regolare; le case delle Congregazioni clericali
anche esenti, per la chiesa, sacrestia, oratorio, confessionale; le laicali
anche per l'interna disciplina. Per F amministrazione dei beni si
osserveranno i can. 532-535. 513. I Visitatori
interrogheranno tutti i religiosi, i quali sono obbligati a rispondere
secondo verità, nè i Superiori li impediranno in alcun modo. Se non vi è
processo giudiziale, contro i Decreti dei Visitatori si può ricorrere in
devolutivo. 514. Nelle
Religioni clericali il Superiore amministra dentro le proprie case il Viatico
e P Estrema Unzione ai religiosi, novizi, famigliari. ospiti, educandi
infermi; fuori delle case ai novizi e professi. Per le Monache lo farà il
confessore ordinario o chi lo supplisce. Nelle altre laicali il parroco o il
cappellano stabilito dal Vescovo, Per i funerali vi sono i can. 515. Sono vietati
i titoli onorifici e sono permessi o tollerati solo quelli in uso per gli ex
Superiori maggiori. 516. I Superiori
maggiori e quelli almeno delle case formate avranno un Consiglio a cui
chiedere il parere o consenso secondo le Costituzioni. Vi saranno l’Economo
generale, provinciale, locale diretti dai rispettivi superiori. Il Generale e
il Provinciale non possono fare da Eco nomi generali o provinciali; per
necessità si tollera il locale. Per la nomina dei sopraddetti si seguono le
Costituzioni e queste tacendo provvede il Superiore maggiore col suo
Consiglio. 517. Una
Religione Pontificia avrà il suo Procuratore presso CAPITOLO II CONFESSORI E CAPPELLANI. 518. Nelle case
di ogni religione clericale vi saranno vari confessori autorizzati anche per
i riservati fra gli esenti, I Superiori spontaneamente richiesti possono
confessare i sudditi, ma non abitualmente senza grave causa, nè vi
spingeranno in alcun modo i sudditi, 519. Salve le
Costituzioni per il tempo e il confessore prescritto, la confessione presso
un estraneo è valida e lecita anche per i riservati nella Religione, 520. Per le
religiose vi sarà un confessore ordinario, se non sono necessari di più per
il numero o gravi ragioni. Se alcuna domanda uno speciale confessore,
l’Ordinario lo concederà evitando gli abusi. 521. Ci sarà
sempre lo straordinario che andrà quattro volte all’anno, e a lui si
presenteranno tutte per riceverne almeno la benedizione. Gli ordinari
assegneranno altri sacerdoti a cui possono facilmente ricorrere le religiose.
Se alcuna domanda uno dei suddetti, 522. Una
religiosa può confessarsi in chiesa, oratorio semi-pubblico o luogo approvato
per le donne o scelto per infermità o necessità, presso qualunque confessore
autorizzato per le donne, senza rampogna della Superiora. 523. Le religiose
gravemente ammalate possono chiamare e varie volte qualunque confessore
approvato per donne nè 524-525. Si sceglieranno integri e idonei confessori
ordinari e straordinari per le religiose, sulle quali non abbiano potere
esterno, di quarant'anni, ma su questo può dispensare il Vescovo. L’ordinario
non può divenire straordinario, nè ritornare nella stessa comunità, se non
dopo un anno dal dimesso ufficio; lo straordinario può subito nominarsi
ordinario. Nessun confessore s’immischierà nel governo. Se le religiose sono
soggette alla S. Sede, i confessori li nomina l’Ordinario; se son soggette ai
Regolari, il Superiore li presenta all’Ordinario che li approva e all’uopo supplisce. 526. Il
confessore ordinario è a triennio, confermabile al secondo ed anche al terzo
col voto di tutte le religiose, provvedendo per le non volenti. 527. L’ordinario
può rimuovere i confessori anche regolari avvisando solamente i Superiori e
requisito darà conto alla Sede Apostolica. 528. Anche nelle
laicali maschili vi siano confessori ordinari e straordinari e il Superiore
conceda facilmente senza rimostranze un confessore richiesto. 529. Nelle
laicali siavi un cappellano nominato per i non esenti dall’Ordinario e per
gli esenti dal Superiore, che negligente sarà supplito dal Vescovo. 530. I Superiori
non spingeranno i sudditi ad aprire a loro la coscienza. Ai sudditi però non
è vietato aprire il loro animo e manifestare ai Superiori, se sacerdoti, le
ansietà della loro coscienza. CAPITOLO III BENI E LORO AMMINISTRAZIONE. 531-532. 533. Per la
collocazione del denaro o mutamento di esso osserveranno le Costituzioni e
inoltre hanno bisogno del consenso del Vescovo: 534. Fermo il
canone 1531, per obbligazioni e alienazioni di cose preziose o di valore
oltre le trentamila lire ci vuole il beneplacito della Santa Sede: per meno,
la licenza scritta dal Superiore, previo consenso a voti segreti del
Consiglio e se son Monache o Suore di diritto diocesano, il consenso dell’Ordinario
e anche del Superiore regolare se vi son soggette. Nelle preci vi sarà
espresso se vi sono altri impegni; se no, è invalido il permesso, 535. In ogni
monastero di Monache si darà resoconto ogni anno al Vescovo e al Superiore
regolare. Se r Ordinario non approva, può anche rimuovere l’economa o gli
amministratori. Se il monastero è soggetto al Superiore regolare, lo
avvertirà perchè provveda; nella negligenza del Superiore, provvederà
direttamente. Nelle altre Religioni femminili, per le doti si rende conto
nella visita, ed anche più spesso, se lo vuole l'Ordinario, Questi prenderà
visione dell’amministrazione di una casa diocesana, dei fondi e legati pii, 536. La persona
morale che contrae, assume l’obbligazione. Se un regolare contrae con
permesso, è obbligata la persona morale il cui Superiore acconsenta; il
religioso a voti semplici risponde da se quando non agisce con licenza e per 537. Non si faranno elargizioni se non per elemosine o
altre giuste cause secondo le Costituzioni e con licenza del Superiore. TITOLO XI Ammissione in Religione. 538. Nella Religione può ammettersi ogni cattolico che non
abbia impedimenti, sia di retta intenzione e idoneo agli oneri. CAPITOLO I POSTULATO. 539-540. Nelle religioni di voti perpetui tutte le donne e
i conversi per le maschili dovranno fare un postulato di almeno sei mesi; in
quelle di voti temporanei si starà alle Costituzioni. Il postulato può
prorogarsi dal Superiore maggiore, ma non oltre sei mesi. Lo si farà nella
casa del noviziato o in luogo adatto sotto la direzione di provato religioso,
con veste speciale. Nei Monasteri le postulanti sono tenute alla clausura. 541. Prima del
noviziato si faranno gli esercizi spirituali per otto giorni e si premetterà
là confessione anche generale a giudizio del confessore. CAPITOLO II NOVIZIATO. Articolo I Requisiti per l’ammissione 542. Fermi i
canoni 539-541, e le proprie Costituzioni, è invalida l'ammissione di chi,
abbandonata la fede, aderì a sette acattoliche o atee, chi non ha l’età
richiesta, chi spinto o ricevuto per violenza, Il coniuge durante il
matrimonio, chi è o fu religioso, chi è soggetto o minacciato di pena per
delitti commessi, un Vescovo anche solo designato, il chierico tenuto per
speciale giuramento al servizio della Diocesi. E’ illecita l’ammissione dei
chierici maggiori non sentito o contraddicente il Vescovo per il bisogno
delle anime, degli indebitati insolvibili, degli obbligati o intricati in
affari passibili di liti o molestie, dei figli o nipoti o genitori durante
gravi necessità dei congiunti; di chi destinato al sacerdozio è irregolare o
impedito; e degli Orientali presso i Latini senza permesso della
Congregazione Orientale, eccetto che conservino il rito. 543. Al noviziato
ed alla professione ammetteranno i Superiori maggiori con voto del Consiglio
secondo le Costituzioni. 544-546. Gli aspiranti porteranno l’attestato di battesimo
e cresima, le testimoniali dell’Ordinario di origine o del luogo dove furono
per più di un anno dopo i 14 anni. Chi fu in Collegio, in Seminario o in
Religione porterà gli attestati dei Superiori. Per i chierici bastano quelli
degli Ordinari sotto cui furono per più di un anno. Per chi viene da una
Religione con indulto, basta l’attestato del Superiore maggiore. Si possono
esigere ulteriori garanzie. Per le donne si avranno le opportune
informazioni. Chi deve dare le testimoniali lo farà gratis al Superiore
dentro il trimestre dalla richiesta, con sigillo, e per i Collegi, i
Seminari, le Religioni si daranno dal rispettivo Superiore anche con
giuramento, Chi non crede rispondere, lo manifesterà alla S. Sede, Se
l’alunno è sconosciuto, si faranno ricerche e se non riescono, si informerà 547. Le Monache devono portare la dote stabilita e questa
si darà o si assicurerà prima della presa dell’abito in forma legale, Nelle
Congregazioni per la dote si starà alle Costituzioni nè si condonerà senza il
consenso della S, Sede e per le diocesane senza quello dell’ Ordinario, 548-550. Morta la religiosa, la dote viene acquisita senza
revoca alla Religione, Intanto si investirà e con frutto dalla Superiora con
consenso dell’Ordinario e del Superiore regolare, non impiegandola mai per
altro. Le doti si amministreranno nella Casa Generale o Provinciale, vigilate
dall’Ordinario specialmente nella Visita, 551. La dote si restituirà intatta senza frutto alla Suora
uscente. Se passa ad un’altra Religione, a questa si pagheranno gli interessi
durante il noviziato; emessa la professione, anche il capitale; se va in un
altro monastero dello stesso Ordine, si darà dal primo giorno. 552. Dell’ammissione
al noviziato, alla prima o alla perpetua professione si prevenga due mesi
prima l’Ordinario. Questi o un delegato, almeno trenta giorni prima
diligentemente interrogherà l’aspirante se è costretta, ingannata, se conosce
quello che fa, se è libera e consente, e quindi si potrà ammettere alla
professione. Articolo II Formazione dei novizi. 553-555. Il noviziato comincia con la presa dell’abito o
in altro modo stabilito, nella casa del noviziato eretta con licenza
apostolica per le Religioni pontificie. Non vi saranno parecchi noviziati in
una provincia, se non con nuova apostolica licenza. Nel noviziato e case di
studio non si collocheranno che religiosi osservanti. Oltre il prescritto del
can. 542, perchè un noviziato sia valido, deve farsi dopo i 15 anni completi,
per un anno intero e continuo, nella
casa di noviziato. Se le Costituzioni esigono maggior tempo, questo, se non è
detto espressamente, non è per la validità. 556. Il noviziato
s’interrompe e si dovrà ricominciare se il novizio è dimesso, esce
dalla casa o la abbandona o se per qualunque ragione se ne assenta per oltre
30 giorni. Se legittimamente starà fuori per più di quindici, ma meno di
trenta giorni, si deve esigerne il supplemento. Non è permesso vivere fuori
il recinto del noviziato che per grave e giusta causa. Se si è trasferiti in
un altra casa, non s’interrompe. 557-558. 11 noviziato si deve fare con l’abito prescritto
e fatto per una classe, non vale per l’altra. 559-563. Vi starà a capo un Maestro di almeno 35 anni e
dieci di professione, osservante e sacerdote per le Religioni clericali. Se i
novizi sono molti, vi sarà un socio di 30 anni con cinque di professione e le
necessarie qualità. Entrambi non saranno distratti da altre incombenze. Il
Maestro e il socio non saranno rimossi anzi tempo se non per gravi cause e
sono rieleggibili. Al solo Maestro apparterrà la formazione e il governo del
noviziato; ma egli stesso nella casa sarà soggetto al Superiore. Il novizio
ubbidirà al Maestro ed ai Superiori. All’accurata formazione religiosa del
novizio è tenuto gravemente il Maestro, che darà entro l’anno informazioni dei
singoli al Capitolo o al Superiore maggiore. 564. Il noviziato sarà possibilmente separato dal
professorio e senza mutua comunicazione. Anche i novizi conversi avranno una
propria sede. 565. L’anno si passerà nello studio delle Costituzioni,
nella preghiera, formazione spirituale e acquisto delle virtù. I conversi
avranno anche l’istruzione catechistica con l’esortazione settimanale. Non si
avranno altre incombenze, come confessioni, prediche, studi, e per i
conversi, pur adibendoli negli ordinari lavori, si farà senza nocumento della
loro formazione, 566. Per il confessore nel noviziato delle donne si
seguiranno i can, 520-527. Per gli uomini secondo il numero ci saranno
sufficienti confessori ordinari; nelle . Religioni clericali i confessori
coabiteranno, nelle laicali vi andranno spesso e vi saranno altri da potersi
liberamente chiamare. Quattro volte affanno vi andrà lo straordinario, 567. I novizi godono privilegi e grazie della Religione e
in morte i suffragi come i professi; ma non saranno promossi agli ordini. 568-569. Ogni rinunzia ed obbligazione per benefici o beni
durante il noviziato è invalida. Avanti la prima professione si farà
testamento dei beni presenti e futuri; si cederà l’amministrazione dei beni
disponendo liberamente dell’uso e dell’usufrutto. Se ciò non fu fatto e
sopravvengono beni, si farà uso della facoltà dopo la professione semplice. 570. Durante il
postulato e il noviziato non si potranno chiedere compensi per le spese se
non per convenzioni speciali. Ciò che si fosse portato e non sia consumato si
restituirà a chi lascia 571. Il novizio è
libero d’andarsene e il Superiore di licenziarlo senza darne ragione. Se il
novizio è idoneo, si ammetterà alla professione, se no, si dimetterà; nel
dubbio i Superiori maggiori potranno concedere una proroga fino a sei mesi.
Alla professione si premetteranno otto giorni completi di esercizi
spirituali. CAPITOLO III PROFESSIONE RELIGIOSA. 572-573. Alla validità della professione si richiede l’età
di 16 anni completi per la temporanea, 21 per la perpetua, l’ammissione del
Superiore legittimo, un valido noviziato, l’assenza di violenza, timore grave
o dolo; che sia espressa, ricevuta dal legittimo Superiore, La professione
perpetua deve essere preceduta dalla professione temporanea. 574-575. I voti perpetui saranno preceduti dalla
professione temporanea di almeno tre anni emessa nel noviziato a norma delle
Costituzioni, la quale può prorogarsi per non più di altri tre anni; e finito
il tempo o si emetterà la perpetua o si uscirà, ma frattanto si può essere
dimessi dal Superiore. Per la prima temporanea il voto richiesto dal Capitolo
o dal Consiglio è deliberativo, per la perpetua consultivo. 576. Nelle
professioni si osserverà il rito prescritto. Si redigerà un atto per
l’Archivio, sottoscritto dal professo e dal ricevente la professione; emessa
la solenne, se ne avviserà il parroco del battesimo. 577. Terminato il
tempo di una professione, si emetterà subito la seguente. La rinnovazione dei
voti temporanei si può anticipare per non oltre un mese. 578. I professi
temporanei godono dei privilegi e delle grazie di tutti i professi perpetui e
degli stessi suffragi dopo morti. Sono tenuti ai medesimi obblighi, ma non
per se alla recita privata dell'ufficio, non hanno voce attiva e passiva per
se, ma il loro tempo si calcola dalla prima professione. 579. La
professione semplice rende illeciti gli atti contrari, la solenne li
invalida. 580. I professi
semplici conservano la proprietà dei beni e possono acquistarne altri, salvo
il can. 569. Qualunque loro guadagno o dono per 581-582. Dentro sessanta giorni prima della professione
solenne si farà rinunzia dei beni condizionalmente alla professione. Dopo
questa si faranno gli atti legali. Emessa la professione solenne i beni che
pervengono a un regolare sono acquisiti all’Ordine, se questo è capace; se
no, alla Santa Sede. 583. Ai professi
nelle Congregazioni non è lecito abdicare ai beni gratuitamente, mutare il
testamento senza licenza apostolica o, in caso urgente, del Superiore
maggiore o almeno locale, 584-585. Dopo un anno da qualunque professione vacano i
benefici parrocchiali, dopo tre gli altri. Il professo perpetuo perde la
diocesi, 586. Una professione nulla esternamente si può sanare
dalla S. Sede o rinnovando la professione. Se mancò il consenso, si ratifica
con questo, purché perseveri il consenso della Religione, In casi dubbi, se
non s’intende rinnovare la professione o chiedere la sanazione, si
interpellerà TITOLO XII Studi nelle religioni clericali. 587-588. Ogni Religione clericale deve avere case di
studio approvate dal Capitolo Generale o dai Superiori Maggiori, nelle quali
vi sarà la vita comune; se no, sono interdette le ordinazioni. In difetto di
case gli studenti si manderanno altrove presso Religioni o Seminari o Atenei
pubblici; non abiteranno però presso privati ma in Religione, in Seminario o
in casa approvata dall’ Ordinario. Gli studenti avranno un proprio Prefetto
spirituale con le qualità del socio del Maestro dei novizi, che curerà la
perfetta osservanza secondo il can. 595. 589. I religiosi, premessi gli studi inferiori, faranno,
seguendo S. Tommaso, due anni di Filosofia e quattro di Teologia nè frattanto
saranno occupati altrove, e possono essere dispensati per gli studi da alcuni
atti comuni e anche dal coro. 590-591. I sacerdoti, finito il corso, ogni anno per un
quinquennio subiranno un esame sulle discipline sacre, eccettuati i
professori di discipline ecclesiastiche e i dispensati per gravi ragioni. In
ogni casa formata si terrà mensilmente il caso morale e liturgico, cui
assisteranno gli studenti e chi abbia finito gli studi, salve le Costituzioni. TITOLO XIII Obbligazioni e privilegi dei religiosi. CAPITOLO I OBBLIGAZIONI. 592-594. I religiosi per se sono tenuti agli obblighi
clericali e inoltre ai voti e alle Costituzioni. Tutti osserveranno la
perfetta vita comune con suppellettili rispondenti alla povertà religiosa. 595. I Superiori cureranno che i religiosi facciano gli
annuali esercizi spirituali, ascoltino ogni giorno 596. Si porterà l’abito proprio, eccetto gravi cause
scusanti riconosciute dai Superiori. 597- 599. Se si tiene
un convitto o un’altra opera propria, sia separato dalla clausura fuori della
quale nei luoghi adibiti per alunni esterni o altri non si ammetteranno senza
giusta causa persone di altro sesso. 600-603. Nessuno sarà ammesso in clausura di Monache senza
licenza apostolica eccettuati l’Ordinario, il Superiore regolare e altri
Visitatori Delegati accompagnati da un chierico o religioso; il confessore
per il suo ministero; i Supremi Reggitori di Stato, le loro mogli con seguito
e i Cardinali. 604. In tutte le
case delle Congregazioni si osserverà la clausura ordinaria, con diritto e
dovere del Vescovo di provvedere anche con censura, eccetto nelle clericali
esenti, per togliere inconvenienti contro la clausura, 605. Nei colloqui
con gli esterni non si disturberà l’interna disciplina, 606-607. Per l’uscita dei sudditi e l’ingresso degli
esterni si starà alle Costituzioni, nè si permetterà, salvi i can, 621-624,
di star fuori che per gravi cause e brevissimamente, Per oltre sei mesi, se
non è per studi, occorre licenza apostolica, I Superiori e gli Ordinari fuori
necessità non permetteranno l’uscita ai singoli, 608. I religiosi
richiesti per il ministero si prestino dovunque, salva la disciplina; così i
Vescovi e i parroci adibiranno volentieri i religiosi, specie per le
confessioni, 609. Se la chiesa
religiosa è parrocchiale, si osserverà il canone 415, Nelle chiese delle
religiose non si erigeranno parrocchie, nè i religiosi con le funzioni
disturberanno le istruzioni parrocchiali catechistiche; in contrasto giudica
il Vescovo. 610. Ove si è tenuti al coro, se nella casa vi sono
quattro religiosi, l'ufficio si reciterà in comune e si celebrerà 611. I religiosi senza ispezione potranno scrivere alla S.
Sede, al Legato, al Cardinal Protettore, ai propri Superiori, all’Ordinario e
al Superiore regolare cui sono soggetti e ricevere lettere dai suddetti. 612. Concorrendo cause pubbliche per il suono delle
campane, solennità e preghiere tutti i religiosi obbediranno al Vescovo. CAPITOLO II PRIVILEGI. 613-614. I religiosi godono di quei privilegi che sono nel
Codice e di quelli che ottengono direttamente dalla S. Sede, escluso in
futuro l'acquisto per comunicazione. Negli Ordini, il ramo femminile
partecipa di quelli concessi al primo Ordine; anche i laici e i novizi
usufruiscono dei medesimi privilegi. 615-616. I regolari con Ì novizi, le loro case e chiese e
le Monache dipendenti da regolari godono dell’esenzione. Quando vivono
irregolarmente fuori clausura, perdono l'esenzione. Se delinquono fuori,
possono punirsi dall’Ordinario, se non lo fa il Superiore avvertito. 617. Nelle case e
chiese di esenti, se agli abusi non provvede il Superiore avvertito, F
Ordinario ne informerà 618. Le
Congregazioni per diritto comune non godono dell’esenzione. In quelle
pontificie l’Ordinario del luogo non può mutare le Costituzioni e ingerirsi
nell’amministrazione, nè ordinariamente nell’interna disciplina; ma per le
Congregazioni laicali si informerà sull’osservanza, la dottrina, i costumi,
la clausura e la frequenza dei sacramenti. Negli abusi avvertirà i Superiori
e se non provvedono farà da se; nei casi più gravi fatto subito il decreto e
ne riferirà alla Santa Sede. 619-620. I religiosi, in ciò per cui sono soggetti al
Vescovo, possono esserne puniti. Un indulto emesso dal Vescovo sulla legge
comune vale anche per loro, salve contrarie Costituzioni. 621-624. I veri mendicanti possono questuare nel
territorio della Diocesi; fuori però con licenza scritta dell’Ordinario, la
quale non sarà negata, specie quando con la sola questua in Diocesi non
potessero vivere. Gli altri religiosi di diritto pontificio per la questua
devono avere la licenza scritta, pontificia e vescovile; basta quella degli
Ordinari per i diocesani. Nel concedere la questua si provveda a non nuocere
specie ai veri mendicanti. Senza recente Rescritto dell’Orientale non si
permetterà a gli Orientali la questua nè ai Latini in Oriente. I questuanti
devono essere professi maturi, buoni e non studenti, e si atterranno alle
istruzioni pontificie. 625. Gli Abati
devono dopo reiezione chiedere dentro tre mesi la benedizione del Vescovo
della Diocesi; benedetti, possono ordinare secondo il can. 964 e godono dei
propri privilegi, eccetto lo zucchetto violaceo. CAPITOLO III OBBLIGAZIONI E PRIVILEGI DI UN RELIGIOSO PROMOSSO A
DIGNITÀ O REGGENTE UNA PARROCCHIA. 626. Senza
intervento apostolico un religioso non può conseguire dignità, uffici,
benefici incompatibili con lo stato religioso. Legittimamente eletto, vi
potrà consentire con licenza del Superiore e se ha voto speciale di non
accettare. ha bisogno di speciale dispensa apostolica. 627. Chi è creato
Cardinale o Vescovo rimane religioso, ritiene i privilegi ed obblighi
compatibili con la sua dignità, è esente dal Superiore e soggetto anche per
voto solamente al Papa. 628. Un promosso
a dignità, se ha perduto il dominio dei beni, avrà Fuso, P usufrutto e
l'amministrazione dei beni che sopravvengono, mentre la proprietà sarà alla
Diocesi, al Vicariato, alla Prefettura; gli altri promossi acquistano per P
Ordine o 629. Il Cardinale
e il Vescovo, lasciata la dignità o l'ufficio, ritorna alla Religione,
potendo scegliere la residenza, ma rimane senza voce attiva e passiva. 630-631. Il parroco rimane con gli obblighi compossibili;
ma in quanto religioso dipende solo dal Superiore e i beni acquistati per la
parrocchia vanno a questa; gli altri, come per qualunque Religione. Riceve,
amministra, distribuisce elemosine al popolo; quanto concerne le elemosine
per la chiesa, se questa è della Religione, appartiene al Superiore;
altrimenti al Vescovo. Egli al pari degli altri è soggetto alla
giurisdizione, visita e correzione dell’Ordinario, e se manca provvede o lo
punisce insieme col Superiore F Ordinario, che in contrasto prevale. Per la
rimozione si segue il can. 454 e per i beni i can. 533 e 535. TITOLO XIV Passaggio ad altra Religione. 632-635. Per passare ad altra Religione o Monastero sui
iuris occorre un’autorizzazione apostolica. Chi passa, rimanendo sospesi
speciali diritti ed obblighi, ritiene i voti, deve rifare il noviziato e
obbedire per voto al Superiore e al Maestro dei novizi. Non professando,
ritornerà alla sua Religione. Se passa a un altro Monastero dell’Ordine, non
rifarà il noviziato nè la professione. Finito il noviziato, al professo
perpetuo previo voto deliberativo e senza una nuova professione temporanea,
si fa emettere la perpetua o tornare al suo convento; gli si può però
prolungare l'esperimento non oltre un anno. Dal passaggio a un altro
Monastero e dalla nuova professione in un’altra Religione cessa ogni diritto
e dovere nella precedente Religione o Monastero e si assumono i nuovi. La
prima comunità ritiene i diritti acquisiti sui beni; per la dote, i suoi
frutti e altri beni personali vale il can. 551, e la nuova Religione ha
diritto a un compenso per il noviziato. 636. La solennità dei voti cessa passando e professando in
una Congregazione, salvo indulto. TITOLO XV Uscita dalla Religione. 637. Un professo, finiti i voti temporanei, può ritirarsi
per giusta causa o essere licenziato, non però per malattia, se non fu
dolosamente celata o dissimulata. 638-639. L’esclaustrazione e la secolarizzazione si danno
dalla S. Sede e per i diocesani anche dall’Ordinario. L’esclaustrato ritiene
gli obblighi e i privilegi, ma senza voce; deve deporre l’abito e rimane
soggetto all’Ordinario della sua dimora anche per voto. Per le Religioni di
diritto diocesano, L’Ordinario può anche permettere l’abito. 640-642. Il secolarizzato è separato dalla Religione e si
conformerà in tutto ai secolari, libero dai voti religiosi e dalle
Costituzioni. Riammesso per indulto apostolico, ricomincerà dal noviziato. Il
chierico maggiore che non ha perduta 643. L’uscente non può pretendere compenso per il suo
lavoro; ma una religiosa senza dote e povera sarà caritatevolmente provvista
per giungere a casa e sussidiata per breve tempo: nel contrasto giudica
l’Ordinario. 644-645. Apostata è il professo perpetuo che esce senza
licenza per non più ritornare o uscito legittimamente non ritorna per
sottrarsi all’obbedienza. Questo mal animo si suppone se passa un mese
dall’assenza senza avviso ai Superiori. Fuggitivo è chi abbandona la casa
senza permesso, ma per ritornarvi. Entrambi sono tenuti agli obblighi
religiosi e al ritorno immediato. I Superiori li ricercheranno e pentiti li
riceveranno. Per le Monache provvederà l’Ordinario e il Superiore regolare. TITOLO XVI Dimissione dei
religiosi 646. Si ritengono issofatto dimessi Ì pubblici apostati
dalla Fede, il religioso che fugge con una donna e viceversa, chi attenta o
contrae matrimonio anche civile. Di questi fatti il Superiore del Consiglio o
Capitolo farà una dichiarazione con le prove e si conserverà in Archivio. CAPITOLO I DIMESSI DI VOTI TEMPORANEI. 647-648. Il religioso di voti temporanei può essere
dimesso dal Superiore supremo o dall’Abate sui iuris col consenso del
Consiglio, una moniale dall’Ordinario e Superiore regolare previa relazione
scritta dell’Abbadessa col Consiglio, e i diocesani dall’Ordinario senza
giusto dissenso dei Superiori. Le dimissioni si fanno per cause gravi
provenienti dalla Religione o dal religioso, e alla dimissione basta il
difetto di spirito religioso dopo ammonimento infruttuoso, esclusa la
malattia non dolosamente celata, nè occorre un giudizio formale ma la
constatazione delle cause con libertà di difesa, E concesso il ricorso in
sospensivo alla S. Sede, Per le donne si segue il can. 643, Il dimesso è
sciolto dai voti religiosi e se chierico minore, è ridotto allo stato
laicale. CAPITOLO II DIMISSIONE DEI RELIGIOSI DI VOTI PERPETUI IN RELIGIONI
CLERICALI NON ESENTI E LAICALI. 649-650. Per la dimissione di tali religiosi occorrono tre
delitti, due ammonizioni e l'incorreggibilità, Dopo ciò il Superiore col
Consiglio esamina se è il caso di dimissione; e se a ciò vi è la maggioranza,
nelle Religioni diocesane si riferisce alL’Ordinario che decide; nelle
pontificie emana il decreto da ratificarsi dalla S. Sede. Il religioso espone
le sue ragioni, che si registreranno. 651-652. Per le professe perpetue occorrono gravi cause
esterne, incorreggibilità senza resipiscenza a giudizio della Superiora,
registrando le risposte della religiosa. Per le religiose di diritto
diocesano esaminerà e definirà L’Ordinario della casa. Per le Monache
L’Ordinario manderà i documenti alla Santa Sede col voto suo e del Superiore regolare. Per le altre religiose di
diritto pontificio 653. Nel caso di grave scandalo esteriore o pericolo di
danno imminente il Superiore maggiore I col consenso del Consiglio e in casi
urgenti i il locale col consenso anche dell’Ordinario dimetterà il
religioso, subito riferendone alla S.
Sede. CAPITOLO III PROCESSO GIUDIZIALE PER GLI ESENTI CLERICALI DI VOTI
PERPETUI. 654-655. Nessun
religioso di voti perpetui sarà dimesso senza un processo, salvo i can. 646-668,
revocato qualunque privilegio. È competente il supremo Superiore della
Religione o Congregazione monastica con il Consiglio composto di almeno
quattro, e con il consenso dei presenti sostituirà gli assenti e nominerà,
consenziente il Consiglio, un promotore di giustizia. 656-662. Per un processo si richiedono gravi delitti
esterni, ammonizioni e incorreggibilità. I delitti devono essere tre della
stessa specie; o se di diversa, che manifestino l'ostinazione nel delinquere,
basta un delitto continuato non ostante l'ammonizione. Prima dell'ammonizione
il delitto deve essere notorio o constare per confessione extra-giudiziale o
altre prove. L’inchiesta si farà seguendo i canoni 1939 e seguenti. Il
Superiore maggiore immediato o un suo delegato farà l'ammonizione, previa
informazione; la delega per la prima vale per l’altra. Le ammonizioni saranno
due e in delitto continuato, la seconda distanzierà almeno tre giorni dalla
prima. Il Superiore esorterà, correggerà e darà penitenze ed altri rimedi
penali per un ravvedimento, togliendo il reo dalle occasioni con trasloco o
altro, e ad ogni ammonizione minaccerà la dimissione. Mancata l'emenda, con
un nuovo delitto o con la continuazione, dopo sei giorni dalla seconda
ammonizione si procederà oltre. 663-664. Chi eseguì L’ammonizione rimetterà tutto al
supremo Moderatore che lo passerà al Promotore, il quale l’esaminerà e farà
le sue conclusioni. Se il Promotore propone l’accusa, si istruirà il processo
secondo le norme del libro IV. Dal processo deve constare dei delitti, della
doppia ammonizione e della incorreggibilità. 665-666. Il Tribunale quindi pronunzierà la sentenza di
dimissione, che con tutti i documenti si manderà alla Sacra Congregazione per
la ratifica. 667. Per i luoghi
molto lontani il supremo Moderatore può delegare per la dimissione tre probi
e prudenti religiosi. 668. Nei casi del
can. 653 si dimetterà il religioso dal Superiore maggiore e in caso di
urgenza dal Superiore locale col consenso del Consiglio e quindi si farà il
processo come sopra. CAPITOLO IV DIMESSI DI VOTI PERPETUI. 669-671. I dimessi di voti perpetui rimangono legati dai
voti, salvo contrarie costituzioni o indulti. Un chierico minore rimane
ridotto allo stato laicale; uno in sacris, reo secondo il can. 646 o dimesso
per delitto colpito da deposizione, infamia e degradazione, non porterà più
l’abito clericale; quando fosse dimesso per delitti minori, rimane sospeso. 672. Esclusi quelli di cui nel can. 646, i dimessi non
sciolti dai voti sono tenuti al ritorno in convento e dopo un triennio di
provato miglioramento si dovranno ricevere, e se ci sono difficoltà si
ricorrerà alla S. Sede, Se i voti cessarono e un Vescovo li vuol ricevere
rimarranno sotto di lui; se no giudicherà TITOLO XVII Società di vita comune senza voti. 673-674. Una società di viventi in comune sotto un regime
senza i consueti voti non è propriamente una Religione. Essa può essere
laicale o clericale, pontificia o diocesana; quanto all’elezione e
soppressione, si seguirà il diritto dei religiosi. 675-676. Per il governo osserverà le Costituzioni, può
acquistare e possedere, e per l'amministrazione starà ai rispettivi canoni;
ciò che si acquista per 679. I membri sono tenuti agli obblighi secondo le
Costituzioni; parimenti per la clausura. Debbono attenersi agli obblighi dei
chierici e ai canoni 595-612. 680-681. Anche se laici, godono i privilegi clericali, ma
non quelli propri dei religiosi. Transito, uscita, dimissione, tolte
particolarità approvate, sono regolati dal diritto dei religiosi. PARTE III LAICI. 682-683. È diritto dei laici ricevere dal Clero i beni
spirituali, gli aiuti necessari alla salvezza; ma non indosseranno P abito
clericale, eccetto se sono aspiranti agli ordini o addetti al servizio in
Chiesa o fuori in un ministero. TITOLO XVIII Associazioni di fedeli in genere. 684. E lodevole far parte di associazioni erette o
commendate dalla Chiesa, non già di segrete, condannate, sediziose e simili. 685-686. Le associazioni o promuovono una più perfetta
vita cristiana o esercitano opere di carità, pietà o culto. Devono essere
erette o approvate dalla Chiesa, cioè dal Papa, dall’Ordinario o da chi ha il
privilegio apostolico; ma in questo caso occorre anche il consenso scritto
dell’Ordinario locale, implicito nella erezione di una casa religiosa per le
associazioni proprie della Religione, non però per quelle che costituiscono
un corpo organico. Questo consenso sarà dato gratis, tolte le spese, ma non
dal Vicario Generale o Capitolare. 687-690. Con l’erezione formale un’associazione acquista
la personalità. Assumerà un titolo serio e pio, statuti propri approvati dal
Papa o dall5Ordinario, il quale li può rivedere quando non fossero confermati
dal Papa. Anche le associazioni erette dalla Santa Sede, se non eccettuate,
sono sotto la vigilanza e visite dell’Ordinario, purché con privilegio
speciale non siano presso religiosi esenti, nel qual caso è esclusa la visita
per la disciplina. 691. Possono
possedere e amministrano indipendentemente dal parroco, ricevono ed erogano
oblazioni, non chiederanno elemosine senza il consenso e il controllo
dell’Ordinario della Diocesi e fuori di questa con quello scritto di ciascun
Ordinario. Si renderà conto all’Ordinario almeno annualmente anche delle
oblazioni ed elemosine. 692. Chi è
regolarmente iscritto e non espulso godrà diritti, privilegi, indulgenze e
grazie dell’associazione. 693-695. Non ne possono far parte acattolici, ascritti a
sette, censurati notori e pubblici peccatori. E permesso iscriversi a
diverse, salvo il can. 705, nè possono iscriversi gli assenti per le
associazioni organiche, ma solo i presenti che lo vogliano. Per i religiosi,
se non contraddicono le Regole. L’iscrizione si fa secondo gli statuti e si
registrerà anche per la validità, se l'associazione ha la personalità morale.
Tutto sarà fatto gratuitamente, escluso quanto è permesso dagli statuti o
dall’Ordinario a causa delle circostanze. 696. Nessuno può
essere dimesso se non per giusta causa e secondo gli statuti. Nel caso
previsto dal canone 693, l’espulsione, previo ammonimento, si farà subito,
salvo ricorso all’Ordinario. Questi o il Superiore religioso può sempre
dimettere. 697. Le
associazioni possono tenere riunioni, stabilire norme, costituire
amministratori, ufficiali e ministri. Per i comizi e le elezioni si
osserveranno il diritto comune e gli statuti. 698. La nomina
dei rettori e cappellani spetta all’ Ordinario anche per le associazioni
presso religiosi che sono stabilite fuori le loro Chiese. Per le altre lo
farà il Superiore col consenso dell'Ordinario, se i suddetti sono secolari e
il rettore ed il cappellano possono benedire e dare l’abito e lo scapolare;
per la predicazione si osserveranno i can. 699. L’Ordinario
per gravi ragioni può sopprimere un’associazione anche pressa i religiosi, se
eretta con suo consenso, salvo ricorso alla S. Sede, la quale sola può
sopprimere quelle da lei erette, TITOLO XIX Associazioni in specie. 700-701. Le associazioni in specie sono terzi Ordini,
confraternite, pie unioni col seguente ordine di precedenza fermo il can.
106: Terzi Ordini, Arciconfraternite, Confraternite, Pie Unioni Primarie,
altre Pie Unioni. CAPITOLO I TERZI ORDINI SECOLARI. 702-703. Terziari secolari son quelli che nel secolo
seguono le norme di perfezione cristiana secondo lo spirito e la direzione di
un Ordine e regole approvate dalla S. Sede. Se sono divisi in varie
associazioni, ciascuna si dice Sodalizio di Terziari. Fermio privilegi,
nessuna Religione può aggregarsi un terz’Ordine; ottenuto il privilegio
apostolico, possono iscrivere le singole persone, ma non possono senza
consenso dell’Ordinario costituire un nuovo sodalizio secondo il can. 686, nè
concedere speciali vesti da adibire in pubblico. 704-706. Un religioso non può far parte di un terz’Ordine
anche se vi era iscritto prima; vi ritorna, se cessano i voti. Nessun
sodalizio può iscrivere i membri di un altro, pur essendo permesso il
passaggio. Possono collegialmente intervenire nelle ecclesiastiche funzioni,
purché con abito e croce. CAPITOLO II CONFRATERNITE E PIE UNIONI. 707-708. Le associazioni a scopo di pietà o carità si
chiamano pie unioni e se organizzate sodalizi; se a scopo di culto
confraternite. Per queste si richiede il decreto di erezione, per le altre
l'approvazione dell'Ordinario che anche senza la personalità le rende capaci
di grazie ed indulgenze. 709. I
confratelli non vanno alle funzioni che in abito ed insegne. Le donne si
iscrivono soltanto per ottenere le grazie e le indulgenze. 710. I titoli
devono ricavarsi da attributi divini, misteri, feste del Signore, di Maria
SS.ma, dei Santi, da opere pie. 711. Non ve ne
saranno parecchie uguali nello stesso luogo, se non in grandi città e a
distanza. Nelle parrocchie L’Ordinario procurerà di istituire la
confraternita, o pia unione, o sodalizio del Santissimo e della dottrina
cristiana: solo le confraternite appena erette vengono per sé stesse
aggregate alle arciconfraternite di Roma. 712-713. Confraternite e pie unioni saranno erette nelle
chiese, oratori pubblici o semi-pubblici, nella cattedrale o collegiale col
consenso capitolare. Nelle chiese od oratori di Religiose F Ordinario può
permettere associazioni di donne e di pie unioni con il solo scopo di
partecipare alle preghiere e grazie. I religiosi comunicheranno le grazie
dichiarate comunicabili dalla S. Sede e le manifesteranno nelle erezioni, nè
faranno assumere vesti proprie in processioni e funzioni alle loro
confraternite senza licenza dell'Ordinario. 714. Le confraternite
non muteranno abito e titolo senza licenza dell’Ordinario. 715. L’Ordinario
presiede senza voto per se o per altri alle riunioni; conferma gli ufficiali
eletti, rimuove gli indegni, approva e corregge gli statuti. Per le riunioni
straordinarie si previene l’Ordinario o il Delegato, altrimenti egli potrebbe
impedirle o annullarle. 716-717. Le funzioni che possono fare nelle loro chiese,
anche se ivi è eretta la parrocchia, non devono intralciare il ministero
parrocchiale; nel dubbio sarà giudice il Vescovo, cui spetta anche dare
norme. Lo stesso osserveranno se, non avendo chiesa propria, funzioneranno in
qualche cappella. In questi casi il patrimonio deve essere separato. 718-719. Interverranno alle processioni con insegna e
vessillo proprio, salve contrarie disposizioni dell’Ordinario, col consenso
del quale può farsi un trasferimento altrove, consenziente il Superiore per
quelle dei religiosi. CAPITOLO III ARCICONFRATERNITE E PRIMARIE UNIONI. 720. I sodalizi che possono aggregarsene altri della
stessa specie, sono gli arci-sodalizi, le arciconfraternite e primarie
unioni. 721-723. Occorre l’indulto apostolico per l’aggregazione,
uguale titolo e fine. Essa rende partecipi dei privilegi e delle grazie
pontificie concesse direttamente e nominatamente in presente e in futuro
senza speciali diritti sull’aggregata. Alla valida aggregazione si richiedono
l’erezione canonica senza che ci sia stata precedente aggregazione, consenso
scritto dell’Ordinario e sue lettere testimoniali, indulgenze, privilegi e
grazie in elenco autenticato dall’Ordinario del luogo dell’arciconfraternita,
la forma prescritta e in perpetuo, la gratuità, tolte le spese. 724-725. L’arciconfraternita o primaria unione si trasloca
solamente dalla S. Sede. Questa esclusivamente concede qualche volta il
titolo onorifico di arcisodalizio, arciconfraternita, unione primaria. LIBRO III DELLE COSE PREMESSE 726. Le cose, ossia i mezzi per raggiungere il fine della
Chiesa, sono spirituali, temporali e miste. 727-730. L’efficace volontà di comprare o vendere per
prezzo temporale una cosa intrinsecamente spirituale, o temporale a quella
necessariamente annessa o che costituisce oggetto del contratto, è simonia di
diritto divino. E invece di diritto ecclesiastico ogni contraccambio di cose
omogenee, proibito dalla Chiesa per pericolo d’irriverenza. Ogni convenzione
s’intende largamente anche non eseguita o tacita, nella quale l’animo
simoniaco si desume dalle circostanze. Salve le pene contro i simoniaci, è
nullo ogni contratto infetto da simonia e le conseguenti provviste di uffici,
benefici o dignità sono nulle, anche se fatto da un terzo, benché
nell’ignoranza del provvisto, purché ciò non avvenga in di lui frode o lui.
contraddicente. Perciò è obbligatoria possibilmente la restituzione e
l’abbandono di ogni provvista; nè si acquistano i frutti; però i percepiti in
buona fede possono condonarsi dal giudice o dall’Ordinario. Non c’è simonia
quando il temporale si dà non per lo spirituale, ma per sua occasione e per
titolo legittimo, nè quando per l’annessione dello spirituale non se ne
aumenta il prezzo, come di un calice consacrato. PARTE I SACRAMENTI 731. I Sacramenti
istituiti da Gesù Cristo come principali mezzi di santificazione e di
salvezza debbono amministrarsi e riceversi con diligenza e riverenza e non
devono darsi a eretici o scismatici anche in buona fede, se prima non
riconciliati. 732. Il Battesimo,
733. Nel compiere, amministrare, ricevere i sacramenti
ognuno osserverà il proprio rito approvato, salvo i can. 581, 866. 734-735. I sacri Olii per i sacramenti Saranno benedetti
dal Vescovo nel precedente giovedì santo, nè senza necessità si adopreranno i
vecchi. Se fosse per finire Folio benedetto, si aggiungerà una parte sempre
minore non benedetta. Il parroco chiederà gli Olii sacri al Vescovo, li
custodirà in chiesa sotto chiave, non in casa senza sufficiente ragione e
consenso del Vescovo. 736. Per l'amministrazione dei sacramenti nulla si può mai
pretendere, oltre le oblazioni di cui al can. 1507. TITOLO I Battesimo. 737. U Battesimo, porta e fondamento dei sacramenti,
necessario per la salvezza a tutti, in fatto o in voto, non si conferisce
validamente che con l'abluzione dell'acqua e la forma prescritta. Si dice
solenne, se è conferito con tutti i riti; altrimenti, privato. CAPITOLO I MINISTRO DEL BATTESIMO. 738-740. Ministro ordinario del Battesimo solenne è il
sacerdote; l'amministrarlo è riservato al parroco o ad un altro sacerdote con
di lui licenza, che in caso di necessità, si presume. Anche il pellegrino, se
lo può facilmente e subito, sarà battezzato nella propria parrocchia dal suo
parroco; altrimenti lo battezzerà il parroco del luogo. In territorio alieno,
senza licenza, non si può battezzare solennemente. Dove non sono parrocchie o
quasi-parrocchie, si starà agli statuti locali e consuetudini. 741. 11 diacono è
ministro straordinario del Battesimo e può amministrarlo con licenza del
Vescovo o del parroco, che in necessità si presume. 742. Chiunque può
amministrare il Battesimo privato con debita materia, forma ed intenzione, e
possibilmente presenti due testimoni o uno. All’occorrenza si preferirà
successivamente un prete, un diacono un suddiacono, un chierico o un laico,
quando non è da preferirsi la donna per pudore o perchè più istruita. I
genitori lo possono dare solo in pericolo di morte, mancando altri. 743. Il parroco,
specialmente per i casi di necessità, ne deve istruire opportunamente
ostetriche, medici e chirurghi. 744. Per gli
adulti il Vescovo informato lo può amministrare con più solennità
direttamente o per un delegato. CAPITOLO II SOGGETTO DEL BATTESIMO. 745-749. Soggetto è l’essere umano che non ha ricevuto il
Battesimo, per il quale si reputa infante chi non ha ancora l’uso della
ragione o è demente dall’infanzia; adulto chi può ragionare e lo chiede.
Nessuno si battezzerà nell’utero della madre se si spera estrarlo. Se emette
il capo e c’è pericolo di morte, vivo si battezzi; se emetterà un altro
membro, nel pericolo, si battezzerà in questo membro sotto condizione e dopo
la nascita lo si ribattezzerà. Se la pregnante è morta, il feto vivo si
battezza; se si dubita della vita, si fa sotto condizione; così anche quando
fu battezzato nell’utero. Si procuri di battezzare gli abortivi se vivono;
nel dubbio sì fa sotto condizione. I mostri si battezzeranno sotto condizione
e nel dubbio che siano in più, si battezza uno assolutamente, gli altri sotto
condizione. Gli esposti o trovatelli si battezzeranno sotto condizione, se
non consta del loro battesimo. 750-751. Si può lecitamente battezzare un fanciullo di
infedeli contrari, se si prevede la sua morte prima dell’uso della ragione;
fuori pericolo di morte, provvedendo alla loro educazione e quando almeno uno
dei parenti o tutori consenta; o qualora questi fossero smarriti, o avessero
perduto o non potessero esercitare il loro diritto. E ciò si dica ugualmente
per i figli di eretici, scismatici o cattolici apostati. 752-753. L’adulto non si battezza se non volente ed istruito;
si esorterà però a pentirsi dei peccati. In pericolo di morte basta che
consenta e prometta di osservare i doveri cristiani, sebbene non tanto
istruito. Che se non può chiederlo, ma avesse dato segno probabile della
intenzione, si battezzerà sotto condizione, e ristabilito, nel dubbio, si
ribattezzerà condizionalmente. Il sacerdote ministro e gli adulti da
battezzarsi conviene siano digiuni, e se non si oppongono gravi ragioni,
l’adulto battezzato assisterà alla Messa e farà 754. I dementi e furiosi non si battezzeranno se non
furono tali dalla nascita o prima dell’uso della ragione; e allora si
battezzeranno come bambini, o nei lucidi intervalli se lo voglio no, o in
pericolo di morte, se sani ne mostrarono desiderio. Chi soffre letargo o
frenesia si battezzerà se sveglio e volente; ma in pericolo di morte si
battezzi se prima ne aveva mostrato desiderio. CAPITOLO III RITI E CERIMONIE DEL BATTESIMO. 755. Il Battesimo si amministra solenne mente, salvo il
canone 759. L’Ordinario per un adulto può permettere per gravi cause le
cerimonie dei bambini, 756. La prole si battezzerà nel rito dei genitori e se
sono di diverso rito, in quello del padre, salva prescrizione contraria: se
uno solo è cattolico, nel rito di questo. 757. Nel
Battesimo solenne si userà l'acqua benedetta a tale scopo. Se questa è
diminuita, vi si mischia anche varie volte, in minore quantità, dell’acqua
non benedetta. Se poi si corrompe o fosse finita, il parroco pulirà il fonte,
immetterà nuova acqua benedicendola liturgicamente. 758. Sebbene il
Battesimo si possa amministrare per infusione, immersione o aspersione, si
preferirà il primo o il secondo modo o un misto d’entrambi, se in uso
rituale. 759- 761. Pro curino i parroci che si dia un nome cristiano ai
battezzati; se non si può si aggiunga il nome di un Santo a quello dato dai
parenti, registrandoli entrambi. CAPITOLO IV PADRINI. 762-764. Nel Battesimo solenne non mancherà il padrino,
che è bene ci sia anche nel privato; e se non intervenne si adibisca nel
supplemento delle cerimonie, senza che perciò in questo caso contragga
cognazione. Quando si ripete un Battesimo sotto condizione, si adibirà
possibilmente il primo padrino; se no, il padrino non è necessario e solo se
fosse il medesimo contrae cognazione. Il padrino sarà uno solo o al più uno e
una. 765-767. Per fare validamente da padrino occorre essere
battezzato, aver l’uso della ragione, sapere e volere esserlo, non fare parte
di setta eretica o scismatica nè essere per sentenza scomunicato o infame di
diritto o escluso dagli atti legittimi, nè chierico deposto o degradato; non
essere il padre, la madre o il coniuge del battezzando; esser designato dai
genitori o tutori o dal battezzando, o almeno dal ministro; tenerlo o
toccarlo per se o per procuratore o prenderlo subito dal fonte o dalle mani
del ministro. Ad essere padrino lecitamente si richiede avere almeno
quattordici anni, se non stimi altrimenti il ministro; non essere per delitto
notorio scomunicato o escluso dagli atti legittimi; interdetto, pubblicamente
criminoso o infame, così di diritto anche senza sentenza come di fatto;
conoscere i principi della religione; non esser novizio o professo, salva
necessità e con il consenso del Superiore; non esser in sacris eccetto
espresso consenso del Vescovo. Dubitando per l'ammissione di qualcuno, il
parroco se ha tempo consulti l’Ordinario. 768-769. Contrae col battezzando cognazione spirituale il
ministro e il padrino. Questi è tenuto ad aver cura spirituale del
battezzato, della sua istruzione e far che viva secondo le promesse. CAPITOLO V TEMPO E LUOGO DEL BATTESIMO. 770. I bambini si battezzeranno quanto prima e di
quest’obbligo saranno i fedeli frequentemente ammoniti. 771-773. Il Battesimo privato per necessità, si può dare
sempre e dovunque; il solenne in qualunque giorno; per gli adulti conviene si
faccia possibilmente in Cattedrale nella vigilia di Pasqua e Pentecoste. Il
luogo proprio del solenne è il Battistero in chiesa od oratorio pubblico. 774-775. Ogni chiesa parrocchiale avrà il suo fonte,
eccetto siavi per il passato diritto cumulativo con un’altra. L’Ordinario può
far sì che il fonte sia in altra chiesa od oratorio entro la parrocchia. Se
per distanza o per altro è laborioso adire una chiesa col fonte, il parroco
l’amministrerà in altra chiesa od oratorio anche privi di fonte, entro la
parrocchia. CAPITOLO VI REGISTRAZIONE E PROVA DEL BATTESIMO. 777-779. I parroci registreranno subito nel libro battesimale
il nome dei battezzati, ministri, per iscritto o davanti a due testimoni; e
anche ugualmente il nome del padre; altrimenti il battezzato si iscriverà
come figlio di padre o di genitori ignoti. Se il Battesimo non fu conferito
dal parroco proprio nè lui presente, il ministro informerà al più presto il
parroco del domicilio. Alla prova basta senza altrui pregiudizio un teste
ineccepibile o il giuramento del battezzato adulto, TITOLO II Cresima. 780-781. CAPITOLO I MINISTRO DELLA CRESIMA. 782-783. Ministro ordinario è solo il Vescovo,
straordinario il prete per diritto o per indulto. Di questa facoltà godono
oltre i Cardinali, gli Abati e Prelati nullius, il Vicario e Prefetto
Apostolico che possono validamente farlo nel loro territorio perdurando
l'ufficio. Il prete di rito latino lo può conferire validamente solo ai
Latini, se non consti altrimenti dall’indulto. Gli Orientali autorizzati a
conferire col Battesimo non conferiranno 784. Anche un prete autorizzato in un luogo può ivi
cresimare estranei, se non glielo vietano espressamente i loro Ordinari, 785. Il Vescovo deve cresimare i sudditi che
legittimamente lo chiedono, specie durante la visita, ciò che vale pure per
un prete munito di privilegio, Un Ordinario impedito o senza potere procurerà
che almeno ogni quinquennio si amministri Se ciò non si fa, se ne interesserà il Metropolita, che
degli abusi avvertirà il Pontefice, CAPITOLO II SOGGETTO DELLA CRESIMA. 786-788. Al non battezzato non si può conferire 789. Se i confermandi sono molti, saranno presenti alla
prima imposizione delle mani, rimanendo fino a rito terminato. CAPITOLO III TEMPO E LUOGO DELLA CRESIMA. 790-792. CAPITOLO IV PADRINI. 793-795. Si adibirà possibilmente anche nella Cresima il
padrino; il quale presenterà uno o due; ma per i singoli non sarà che uno
solo. Per essere padrino occorre uno cresimato che abbia l'uso della ragione
e lo voglia essere, non faccia parte di sette nè sia colpito dalle pene del
can. 765, nè padre o madre o coniuge del cresimando, sia designato dal
cresimando, dai genitori o tutori o dal ministro o parroco e tocchi il
cresimando nel Patto della Cresima per se o per procuratore. 796. Perchè lo si
ammetta lecitamente come padrino occorre che sia generalmente diverso da
quello del battesimo, del medesimo sesso, se nulla osta, ed osservare il can.
766. 797. Dalla
Cresima proviene cognazione spirituale col padrino che si interesserà
dell’educazione del cresimato. CAPITOLO V REGISTRAZIONE E PROVA. 798-800. Il parroco registrerà in speciale libro i nomi
del ministro, cresimati, genitori, padrini, giorno e luogo. E se il parroco
non fu presente, sarà informato dal ministro. Alla prova basta senza
pregiudizio un teste ineccepibile o il giuramento del confermato, se non fu
cresimato da bambino. TITOLO III Santissima Eucaristia. 801. Nell’Eucaristia sotto le specie del pane e del vino
si contiene, si offre e si riceve lo stesso Cristo Nostro Signore. CAPITOLO I SACROSANTO SACRIFICIO DELLA MESSA. Articolo I Del sacerdote celebrante. 802-803. I soli sacerdoti possono offrire il sacrificio
della Messa. E lecita la concelebrazione solo nella Messa dell’ ordinazione e
della consacrazione episcopale. 804. Un sacerdote estraneo esibente documento
dell’Ordinario se secolare o del Superiore se religioso o della Congregazione
Orientale se è di rito orientale, sarà ammesso alla celebrazione, se non
consti altrimenti impedito. Se manca di patente, ma consta al rettore della
di lui probità, lo può ammettere; se non gli è conosciuto, può ammetterlo una
o due volte, purché abbia l'abito, nulla percepisca e segni nome, ufficio e
diocesi nel libro speciale. Le norme date dall’Ordinario al riguardo sono da
osservarsi anche dagli esenti, eccetto se celebrano nelle proprie chiese. 805-806. I sacerdoti hanno
l’obbligo di celebrare più volte all’anno, ma i Vescovi e Superiori
religiosi cureranno che celebrino almeno nelle domeniche e feste di precetto.
Eccetto Natale e più volte in un giorno; L Ordinario può permettere la
celebrazione di due Messe nelle feste di precetto per penuria di sacerdoti e
difficoltà di assistenza per pubblico numeroso. 807-811. Un sacerdote in peccato mortale sebbene contrito,
senza confessarsi non oserà celebrare; mancando il confessore in necessità,
perfettamente contrito può celebrare confessandosi quanto prima. Osserverà il
digiuno naturale dalla 812-813. Nessun sacerdote senza l’uso dei pontificali può
per solo onore o solennità avere un altro prete assistente; però non si
celebrerà senza un inserviente, che non sarà una donna, eccetto giusta causa
e a con dizione che risponda da lontano e non si accosti all’altare. Articolo II Riti e cerimonie della Messa. 814-815. Per 816-819. Nella celebrazione il sacerdote adibirà dovunque
secondo il proprio rito pane azzimo o fermentato ed è sempre illecito
consacrare una materia senza l'altra o entrambe fuori della Messa. Si
osserveranno accuratamente ed esclusivamente le rubriche approvate e si
celebrerà nella lingua del proprio rito. Articolo III Tempo e luogo della celebrazione della Messa. 820-821. Si può celebrare tutti i giorni eccetto gli
esclusi dal rito; non si comincerà 822-823. Articolo IV Stipendio o elemosina delle Messe. 824-825. Il celebrante che applica può ricevere
un’elemosina o stipendio. Se celebra più volte in un giorno ed applica una
Messa per obbligo, non può percepire altro stipendio eccetto nel Natale; ma è
lecito un compenso per titolo estrinseco. Non è lecito applicare 826-827. Gli stipendi offerti dai fedeli o per obblighi
perpetui imposti agli eredi si chiamano manuali; quasi manuali le Messe
fondate che non si possono applicare nel luogo proprio o da chi lo deve fare
per fondazione, e perciò con indulto apostolico si affidano ad altri.
Stipendi e redditi di fondazione si chiamano fondati o Messe fondate. Si
eviterà, nell’elemosina, ogni specie di negozio o commercio. 828-833. Si celebreranno tante Messe quanti stipendi
sebbene esigui e perdute le elemosine ricevute non ne cessa l’obbligo. Per
una somma data, senza determinare il numero delle Messe, queste, se non
consta altrimenti, si computeranno secondo la tassa del luogo dell’offerente.
Gli Ordinari determineranno per decreto, possibilmente nel Sinodo, lo
stipendio per le manuali, nè sarà lecito esigerne maggiori; dove manca il
decreto, si seguirà la consuetudine, ciò che vale anche per gli esenti. Si
può accettare un’elemosina maggiore e se non è proibito anche minore. Ogni
elemosina si presume per la sola applicazione; si deve però stare alle
condizioni espresse. 834-835. Le Messe si celebrano nel tempo convenuto e se
non fu determinato, quanto prima; in tempo utile per i casi urgenti,
altrimenti al più presto. Se il sacerdote fu lasciato libero, lo faccia
appena può; ma non si accetteranno più Messe di quante si possono celebrare
in un anno. 836-841. Nelle chiese ove abbondano le intenzioni senza
possibilità di soddisfarle, si avvertano i fedeli con apposita tabella che le
Messe saranno ivi celebrate se si può o altrove. Chi ha Messe da far
celebrare le distribuisca al più presto, e il tempo delle soddisfazioni si
computa da quando furono ricevute, se non consta altrimenti. Chi dispone di
Messe le può dare ad altri di cui consta la bontà o che sono raccomandati
dall’Ordinario. Chi dà Messe ad altri rimane obbligato fino all’altrui
dichiarata accettazione anche dello stipendio. Le manuali si trasmettono
integre, eccetto ritenuta con permesso dell’offerente o se consti che
l’eccedenza sia offerta alla persona. Nelle quasi-manuali, se non consta il
contrario, si può ritenere la eccedenza dell’elemosina del luogo, se è come
dote del beneficio o causa pia. Si darà tutti gli anni conto dagli
amministratori all’Ordinario, secondo sue istruzioni, degli obblighi non
ancora soddisfatti. Per le quasi-manuali l’obbligo decorre dalla fine
dell’anno, in cui dovevano celebrarsi; per le manuali, dopo un anno
dall’accettazione, salva contraria volontà degli oblatori. 842-844. È diritto e dovere dell’Ordinario nelle chiese
secolari, e del Superiore nelle religiose vigilare sull’adempimento di Messe.
Tutti i rettori che ricevono elemosine di Messe segneranno in un libro
speciale numero, intenzioni, elemosine e celebrazioni. Gli Ordinari
controlleranno ogni anno per se o per altri questo libro. Gli Ordinari e i
Superiori che affidano Messe a sudditi o altri le registreranno, ne
vigileranno l’adempimento; anzi tutti devono segnare con cura le intenzioni
soddisfatte. CAPITOLO II SACRAMENTO DELL’EUCARISTIA. Articolo I Ministro della santa Comunione. 445-446. Il sacerdote è ministro ordinario della
Comunione; straordinario ne è il diacono con licenza dell’ Ordinario o del
parroco per causa grave, licenza che nella necessità si presume. Il
celebrante può subito prima o dopo 847-850. Agli infermi si porta, se è possibile,
pubblicamente e ciò è ufficio del parroco. Gli altri sacerdoti lo possono in
caso di necessità o con almeno presunta licenza del parroco o del?Ordinario. 851-852. Il sacerdote distribuirà Articolo II Soggetto della Comunione. 853-856. Tutti i battezzati liberi da legittimo
impedimento possono e devono ammettersi alla Comunione. Non si darà ai
fanciulli che ancora non comprendono e gustano il Sacramento; ma, se è un
moribondo, gli si può e deve dare, purché la distingua dal cibo comune e
l'adori. Se no, occorre maggiore conoscenza e preparazione sui misteri
necessari e una devozione corrispondente all’età. Di questa sufficienza per
la prima Comunione giudicano il confessore e i genitori o chi ne fa le veci.
Il parroco dovrà vigilare ed accertarsi anche con esami sulle disposizioni e
fare sì che presto i fanciulli godano di questo cibo divino. Saranno
allontanati i pubblicamente indegni, scomunicati, interdetti, infami, se non
consti essere emendati ed avere riparato lo scandalo. I peccatori occulti, se
occultamente chiedono e si sanno non emendati, si allontanino dal ministro,
non però se chiedono pubblicamente e non potessero escludersi senza scandalo.
Nessuno reo di peccato mortale, pur contrito ma non confessato, si comunichi:
nella necessità e difetto di confessore emetterà prima un atto di
contrizione. notte, non può comunicarsi, eccetto urgente pericolo o
necessità d’impedire l’irriverenza al SS.mo Sacramento. Gli infermi da un
mese senza speranza di guarigione, consigliandolo il confessore, possono
farla una o due volte la settimana, sebbene presa qualche medicina o bevanda. 857-858. Nessuno si comunicherà due volte nello stesso
giorno. Chi non è digiuno dalla 859-861. Ogni fedele pervenuto alla discrezione deve una
volta all’anno almeno nella Pasqua comunicarsi, se non se ne debba a tempo
astenere per qualche ragione. 862. Conviene che nel Giovedì Santo tutti i chierici e
sacerdoti non celebranti ricevano 863. Si esortino i fedeli alla frequente anche quotidiana
Comunione secondo le prescrizioni
apostoliche in modo che chi; assiste alla Messa partecipi e con l'affetto e
col fatto alla Comunione. 864- 866. Tutti
possono ricevere Articolo III Tempo e luogo per 867. sabato santo nella Messa o immediatamente dopo. Nel
venerdì santo è permesso solo il Viatico. Mentre 868-869. Il Celebrante non può distribuire TITOLO IV Penitenza, 870. Nel sacramento della Penitenza per l'assoluzione
giudiziale del legittimo ministro si rimettono ai fedeli disposti i peccati
commessi dopo il Battesimo. CAPITOLO I MINISTRO DELLA PENITENZA. 871-872. Ministro è il solo sacerdote con necessaria giurisdizione
anche delegata. 873-874. Dell'ordinaria godono in tutta 876. Per la validità e liceità della Confessione delle
religiose e novizie devesi avere speciale giurisdizione concessa
dall’Ordinario del luogo, revocato ogni privilegio. 877-879. La giurisdizione o licenza si darà a idonei
riconosciuti per esame, eccetto che siano teologi sperimentati. Ma se si
dubita della perdurante idoneità, potranno riesaminarsi anche se parroci o
penitenzieri. Può essere limitata, ma non troppo senza ragione. Per la
validità della Confessione occorre giurisdizione espressa scritta o a voce e
si darà gratuitamente. 880. L’Ordinario o il Superiore non revocheranno o
sospenderanno la giurisdizione senza grave motivo; ma l'Ordinario per gravi
cause può interdire la confessione al parroco o al penitenziere, salvo
ricorso in devolutivo; inconsulta però 881-883. Un Confessore approvato assolve vaghi,
pellegrini, cattolici di qualunque rito e chi ha potestà ordinaria può
assolvere i sudditi dovunque. In pericolo di morte tutti possono assolvere
chiunque da ogni peccato, censura, riserva, salvo i canoni 884, 2252. Un
sacerdote navigante, approvato dall’Ordinario del luogo o da quello del porto
di partenza o di passaggio può confessare i naviganti. Se la nave si ferma,
può confessare chiunque anche fuori la nave, assolvendo dai riservati all’Ordinario, a cui, passato il terzo
giorno, si ricorrerà possibilmente. 884. L’assoluzione del complice in peccato turpe è
invalida, eccetto in pericolo di morte; ma anche allora senza necessità è
illecita per il Confessore secondo 885. Non si ometteranno senza giusto motivo le preci
aggiunte alla formula dell'assoluzione, sebbene non siano di necessità. 886-888. Il Confessore, non dubitando delle disposizioni
del penitente, non negherà nè differirà la chiesta assoluzione; e secondo la
qualità, il numero dei peccati e la condizione del penitente, imporrà una
salutare penitenza che il penitente accetterà e adempirà personalmente. Il
Confessore consideri che è medico e giudice, ministro di giustizia e di
misericordia, custode dell'onore divino e della salute delle anime. Non
chiederà il nome del complice nè susciterà questioni soverchie o inutili
specialmente circa il sesto e tanto più con giovani su cose che ignorano. 889-890. Il sigillo sacramentale è inviolabile nè mai il
Confessore farà conoscere il peccatore. Al sigillo sono tenuti F interprete e
quanti ebbero notizia della confessione. E vietato al confessore Fuso, con
danno del penitente, di quanto conobbe in confessione, ancorché salvo il
sigillo. I Superiori non useranno mai nel governo di quanto conobbero per la
confessione. 891. Il Maestro dei novizi, il socio, il Superiore del
seminario o collegio non confesseranno i sudditi condimoranti, eccetto casi
particolari urgenti e spontaneamente richiesti. 892. I parroci o aventi ufficio con cura di anime devono
per giustizia, quando sono ragionevolmente richiesti, confessare i fedeli per
se o per altri. Nella necessità tutti i confessori sono tenuti per carità a
confessare i fedeli e in pericolo di morte tutti i sacerdoti. CAPITOLO II RISERVA DEI PECCATI. 893. Chi per diritto ordinario può concedere la facoltà di
confessare o infliggere censure può anche, eccetto il Vicario Capitolare e il
Generale senza speciale mandato, limitarla per alcuni casi riservandoli a se,
ciò che chiamasi riserva dei casi. Per le censure si osserveranno i canoni
2246, 2247. 894. L’unico peccato riservato per se alla S, Sede è la
falsa delazione di sollecitazione contro un sacerdote ai giudici
ecclesiastici, 895. Gli Ordinari non riserveranno dei peccati se non dopo
discussione in Sinodo o fuori, uditi il Capitolo ed altri prudenti e dotti
curatori di anime e comprovata la necessità o utilità della riserva, 896. Solo il Superiore Generale di una religione clericale
esente e l’Abate sui iuris col Consiglio possono riservare i peccati dei
propri sudditi, 897-899. I casi riservati saranno pochi, tre o quattro fra
i più gravi e atroci delitti esterni, determinati; e ciò finché sarà
necessario per estirpare il vizio e restaurare la disciplina. Non si
riserveranno peccati che già anche per la sola censura lo siano dalla S,
Sede, e regolarmente nemmeno quelli che hanno censura non riservata. Le
riserve stabilite si faranno prudentemente note ai fedeli e non si concederà
leggermente a chiunque la facoltà di assolvere, la quale per se compete al
Canonico penitenziere e abitualmente si darà ai Vicari foranei, con facoltà
di subdelegare per i luoghi lontani, per determinati e più urgenti casi. Dai
riservati dall’Ordinario possono
assolvere i parroci o gli equiparati nel tempo pasquale e i missionari
nelle missioni al popolo. 900. Cessa qualunque riserva quando si confessa un malato
in I casa da cui non può uscire; quando gli sposi son. pronti alla celebrazione del matrimonio; quando il
Superiore richiesto negò la facoltà o il confessore crede non potersi
chiedere almeno senza grave incomodo o violazione del sigillo; fuori del territorio del riservante,. ancorché il
penitente ne sia uscito apposta. CAPITOLO III SOGGETTO DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA, 901-902. Chi peccò mortalmente dopo il Battesimo,
esaminatosi, deve confessarsene spiegando le circostanze mutanti specie. I
peccati mortali confessati o i veniali sono sempre materia sufficiente per la
confessione. 903. Chi non può
altrimenti, può farla per interprete, evitando abusi e scandali. 904. Secondo 905-907. Ogni fedele, raggiunto l’uso della ragione, deve
confessarsi con sacerdoti approvati di qualunque rito almeno una volta
all’anno, e non soddisfa al precetto con confessione sacrilega o
volontariamente nulla. CAPITOLO IV LUOGO DELLA CONFESSIONE. 908. La chiesa o un oratorio pubblico o semi-pubblico è
luogo proprio per la confessione. 909-910. Il confessionale con grata fissa e perforata per
le donne sarà sempre patente e visibile, posto generalmente in chiesa,
oratorio pubblico o semi-pubblico. Non si ascolteranno altrove le confessioni
delle donne, se non per infermità od altra necessità e con le dovute cautele
stabilite dall’Ordinario. Le confessioni degli uomini possono ascoltarsi
anche nelle case private. CAPITOLO V INDULGENZA. Articolo I Concessioni delle indulgenze. 911. Devono apprezzarsi molto le indulgenze ossia la
remissione davanti a Dio della pena temporanea dovuta per i peccati, tolti
quanto alla colpa, e che 912-915. Oltre il Pontefice hanno facoltà di concedere
indulgenze, con potere ordinario, coloro a cui è espressamente attribuito dal
Diritto. Gli inferiori al Papa non possono senza facoltà apostolica
autorizzare altri a concedere indulgenze applicabili ai defunti, annetterle
senza nuove condizioni a una cosa, o atto o sodalizio già dotato d’indulgenze
o aggiungerne altre. Possono i Vescovi due volte all’anno nella Pasqua e in
altre solennità, anche solo assistendo alla Messa solenne, concedere secondo
la formula prescritta 916-918. I Vescovi, Abati, Prelati nullius Vicari e
Prefetti Apostolici, Superiori maggiori clericali esenti, possono designare e
dichiarare un altare privilegiato quotidiano perpetuo, purché non ve ne sia
un altro, nella medesima chiesa cattedrale, abbaziale, collegiale,
conventuale, parrocchiale, o quasi-parrocchiale non già in oratori, a meno
che non siano a quelle uniti e sussidiari. Nel giorno della Commemorazione
dei Defunti tutti gli altari sono privilegiati, così pure tutti gli altari
nelle chiese delle Quarantore. Per indicare l’altare privilegiato si porrà
una targa con altare privilegiato perpetuo, temporaneo; quotidiano o meno
secondo l’indulto, ma non si esigeranno maggiori elemosine per le Messe su
quest’altare. 919-920. Nuove indulgenze concesse nelle chiese anche
regolari che non siano state promulgate a Roma non si divulgheranno,
inconsulto l’Ordinario. Nei libri, ecc., in cui si pubblicano indulgenze si
osservi il can. 1388. Chi ottenne indulgenze per tutti i fedeli dal Papa è
tenuto sotto nullità a trasmettere autentico esemplare delle concessioni alla
Sacra Penitenzieria. 921-923. Le indulgenze plenarie concesse per le feste di
Nostro Signore o di Maria SS. s’intendono per le feste secondo il calendario
universale; una plenaria o parziale per le feste degli Apostoli s’intende per
il loro dies natalis. Una plenaria quotidiana perpetua o a tempo, concessa
per la visita di una chiesa od oratorio pubblico s’intende per qualunque
giorno; ma una volta all’anno, se non consta altrimenti. Indulgenze annesse a
feste, suppliche, preghiere o novene, settenari, tridui, prima o dopo la
festa s’intendono trasferite con la festa, l’ufficio e Articolo II Acquisto delle indulgenze. 925-929. Per lucrare le indulgenze si deve essere
battezzato, non scomunicato, in stato di grazia almeno al termine delle opere
prescritte, suddito del concedente, averne F intenzione e compiere le
ingiunzioni. La indulgenza plenaria, nell'impossibilità di lucrarla
plenariamente, si può lucrare in parte a seconda delle disposizioni. Le
indulgenze concesse dal Vescovo si lucrano per se dai sudditi anche fuori e dai
pellegrini, vaghi ed esenti in territorio. La plenaria si acquista, se non è
disposto altrimenti, una volta nello stesso giorno, pur ripetendo le opere;
la parziale, quante volte si compiono le opere. I fedeli viventi presso case
approvate dal Vescovo, ma senza chiesa o pubblico oratorio, e gli inservienti
che convivono possono acquistare l'indulgenza adempiendo le opere e
visitando, quando non è determinata la chiesa, la cappella propria, in cui
soddisfano al precetto della Messa. 930. Nessuno può applicare ai viventi le indulgenze, ma si
possono applicare alle anime purganti tutte quelle concesse dal Pontefice. di Dir. Can. 931-932. Quando per l’acquisto occorre la confessione,
questa può farsi negli otto giorni precedenti; la comunione anche la vigilia,
o entrambe dentro la seguente ottava. Così per gli esercizi triduali,
settimanali, ecc., la confessione e comunione si possono fare dentro l’ottava
che immediatamente segue. Chi è solito confessarsi almeno due volte al mese o
fare la comunione quotidiana, sebbene se ne astenga una o due volte la
settimana, può lucrare le indulgenze anche senza l'attuale confessione,
eccettuate quelle di giubileo o come giubileo. Se si è tenuti ad un’opera,
questa non giova per l’indulgenza senza concessione speciale; ma se fu
imposta in confessione ed è indulgenziata giova anche per l’indulgenza. 933. Ad una cosa o luogo si possono annettere indulgenze
per vari titoli, ma con un’opera non si lucrano tutte, eccetto se l’opera
richiesta sia la confessione e la comunione o sia espressamente concesso. 934. Per l’orazione prescritta secondo l’intenzione del
Pontefice non basta la mentale; quando la vocale non è determinata, la scelta
di questa è libera; quando è determinata, si può recitare in ogni lingua,
constando per 935. Il confessore può per un impedimento commutare le opere
imposte, 936.I muti, conformandosi ai fedeli oranti, lucrano le
indulgenze; ma per le preghiere private basta che le percorrano con la mente,
con segni o con gli occhi soltanto. TITOLO V Estrema Unzione. 937. Il
sacramento dell’Estrema Unzione si conferisce per mezzo di sacre unzioni con
olio di olivo benedetto e le parole rituali. CAPITOLO I MINISTERO DELL’ESTREMA UNZIONE. 938- 939. Questo
sacramento è amministrato validamente dal sacerdote, e ministro ordinario è
il parroco del luogo ove è l’infermo; in necessità e licenza presunta,
qualunque sacerdote; il primo deve amministrarlo per giustizia o per se o per
altri; i sacerdoti in caso di bisogno solo per carità. CAPITOLO II SOGGETTO DELL’ESTREMA UNZIONE. 940-943. L’Estrema Unzione non si può dare che al fedele
in pericolo di morte dopo l’uso di ragione. Nella medesima infermità non si
può ripetere; si può invece, se risana e ricade in pericolo. Quando si dubita
sull’uso della ragione, sul pericolo o sull’avvenuta morte, si amministrerà
sotto condizione. Non si darà agli impenitenti contumaci; se c’è dubbio, lo
si farà sotto condizione. Agli infermi che da sani, almeno implicitamente, lo
avevano chiesto o si può ciò supporre, si conferirà assolutamente, anche se
non hanno i sensi o Fuso di ragione. 944. Sebbene questo Sacramento non sia di necessità di
mezzo, pure non si deve tralasciare e devon si esortare gli infermi a
riceverlo in pieni sentimenti. CAPITOLO III RITI E CERIMONIE DELL’ESTREMA UNZIONE. 945-946. L’olio di olivo nel sacramento dell’Estrema
Unzione deve benedirsi dal Vescovo o da un sacerdote autorizzato dalla Sede
Apostolica e il parroco lo custodirà in luogo nitido e ornato, in vaso
d’argento o di metallo e non lo terrà in casa senza necessità. 947. Per le
unzioni che fuori di grave necessità si debbono far con le mani, si useranno
le parole rituali; in necessità basta la sola unzione in fronte con la forma
abbreviata, salvo a supplire il resto, cessato il pericolo. L’unzione dei
reni si ometterà sempre; anche quella dei piedi si può omettere per qualunque
causa. TITOLO VI Ordine. 948. L’Ordine per
istituzione divina distingue i chierici dai laici per il governo dei fedeli e
il ministero del culto. 949-950. Ordini maggiori o sacri sono il sacerdozio,
diaconato, suddiaconato; minori, l’accolitato, esorcistato, lettorato e
ostiariato. Le parole ordinare, ordine, ordinazione, sacra ordinazione, oltre
la consacrazione episcopale, comprendono gli ordini tutti e la stessa
tonsura, se non consti altrimenti. CAPITOLO I MINISTRO DELLA SACRA ORDINAZIONE. 951. Ministro ordinario è il Vescovo consacrato;
straordinario chi, pur non essendo Vescovo, o dal diritto o dalla Sede
Apostolica ha facoltà di conferire alcuni ordini. 952. Nessuno promuoverà ad altro ordine senza facoltà
apostolica chi ne abbia ricevuto uno precedente dal Papa. 953- 955-957. Ciascuno sarà ordinato dal proprio Vescovo o con
sue dimissorie. Il Vescovo, se non è impedito, farà l'ordinazione dei suoi
sudditi; non ordinerà però senza indulto un suddito di rito orientale. Il
Vescovo proprio per i laici è il diocesano dove si ha domicilio con origine o
semplice domicilio, e in questo caso l’ordinando giurerà di rimanere sempre
in Diocesi, eccetto che si tratti di uno già incardinato per tonsura, o di
chi è destinato a servire un’altra diocesi o di religioso professo. Il
Vicario o Prefetto Apostolico, Abate o Prelato nullius, se Vescovi, sono
equiparati ai Vescovi diocesani per l’ordinazione; se non sono Vescovi
possono conferire la tonsura e gli Ordini minori ai propri sudditi secolari e
ad altri con dimissorie; altrimenti l’ordinazione è nulla. 958.965. Le dimissorie, per i secolari le dà il Vescovo
proprio dopo preso possesso della diocesi, anche se non consacrato; il
Vicario Generale per speciale mandato, previo consenso del Capitolo; il
Vicario Capitolare e il Provicario Apostolico dopo un anno dalla vacata Sede,
dentro l’anno ai costretti per beneficio od uffici necessari a provvedere; il
Vicario o il Prefetto Apostolico, l’Abate o Prelato nullius non Vescovi anche
per gli Ordini maggiori. Il Vicario Capitolare non concederà dimissorie ai
già rigettati dal Vescovo. Chi può dare dimissorie agli Ordini può anche
conferirli, se ha l’ordine necessario. Non si daranno dimissorie senza previ
attestati, richiesti dai can. 966-967. Il Superiore religioso può rimettere le
dimissorie ad altro Vescovo solo quando il Diocesano lo permette o è di rito
diverso o assente o non terrà ordinazione nel tempo stabilito e finalmente
vacando CAPITOLO II SOGGETTO DELLA SACRA ORDINAZIONE. 968. Riceve
validamente l'ordinazione il solo battezzato, lecitamente chi ha le qualità
richieste ed è senza irregolarità o impedimento. Chi è impedito o irregolare,
anche se questo avvenga senza colpa, dopo ricevuto l’Ordine non potrà
esercitarlo. 969. Nessun
secolare sarà ordinato senza necessità o utilità della Diocesi a giudizio del
Vescovo, il quale può ordinare un suddito che poscia per escardinazione e
incardinazione regolare andrà in altra Diocesi. 970-971. Il proprio Vescovo o Superiore maggiore può per
cause anche occulte, pure fuori giudizio, impedire gli Ordini a un suddito,
salvo ricorso alla S. Sede o anche al Generale, se lo impedì un Provinciale.
E delittuoso costringere qualcuno allo stato clericale o allontanamelo se è
idoneo. 972. La preparazione ai sacri Ordini si farà dagli alunni
in seminario fin da fanciulli; tutti però sono tenuti a starvi almeno per il
corso teologico, se non dispensati per cause gravi dalL’Ordinario. Chi aspira
agli Ordini e dovrà star fuori seminario, sarà affidato a pio e idoneo
sacerdote, che lo vigilerà e l'informerà alla pietà. Articolo I Requisiti del soggetto. 973-974. La tonsura e gli ordini si conferiranno a coloro
soltanto che intendono farsi preti e si prevedono degni. L'ordinato che
rifiuta gli Ordini superiori non vi si può costringere nè impedirgli
l'esercizio dei ricevuti, purché il Vescovo non stimi esservi un impedimento
o una causa grave. Il Vescovo non ordinerà alcuno della cui idoneità non sia
certo per argomenti positivi; altrimenti pecca gravissimamente e si espone a
partecipare agli altrui peccati. Perchè uno sia lecitamente ordinato
occorrono: Cresima, costumi rispondenti all’Ordine, età canonica, scienza
conveniente, gli Ordini inferiori, osservanza degli interstizi, titolo
canonico per gli Ordini maggiori. Per la consacrazione episcopale si
osserverà il can. 331. 975. Non si conferirà il suddiaconato che finiti i 21
anno, il diaconato finiti i 22, il presbiterato i 24. Nessuno sia tonsurato
prima di cominciare il corso teologico e il suddiaconato non si conferirà che
verso la fine del terzo corso teologico, il diaconato all’inizio del quarto e
il presbiterato dopo la metà del quarto. Il corso teologico s’intende svolto
nelle scuole pubbliche, non private, secondo il can. 1365. 976-978. Gli Ordini si conferiranno gradatamente e non per
salto. Si osserveranno gli interstizi e il previo esercizio degli Ordini
ricevuti, secondo la prescrizione del Vescovo. Per gli interstizi tra la
prima tonsura e l'ostiariato o fra i singoli Ordini minori dispone il
Vescovo; dopo l'accolitato passerà almeno un anno e fra i singoli Ordini
maggiori tre mesi, eccetto necessita o utilità della Chiesa a giudizio del
Vescovo. Mai però senza licenza apostolica si conferiranno gli Ordini minori
insieme al suddiaconato o due sacri Ordini in un solo giorno, riprovata
qualunque contraria consuetudine; neppure si può conferire la prima tonsura
insieme a qualche Ordine minore nè i minori tutti insieme. 979-981. Per i secolari il titolo canonico è il beneficio
e in difetto il patrimonio o la pensione. Questo titolo deve essere sicuro e
perpetuo, sufficiente al sostentamento dell’ordinando secondo le norme degli
Ordinari i luoghi, i tempi. Il chierico maggiore, se perde il titolo, se ne
procurerà un altro, eccetto che l’Ordinario lo reputi altrimenti provveduto.
Chi senza indulto apostolico ordinò o lasciò ordinare qualcuno senza titolo
deve egli e i successori provvedere degli alimenti l’ordinato finché non sia
provvisto, ed è nullo un patto di nulla pretendere dal Vescovo. Se non c’è
uno dei suddetti titoli, si può supplire con quello del servizio della
Chiesa, o per Propaganda col titolo della Missione; P ordinato giurerà di
dedicarsi al servizio perpetuo della Chiesa o della Missione. L’Ordinario al
prete così promosso darà un beneficio o un ufficio o un sussidio sufficiente. 982. Per i
regolari il titolo è la solenne professione e si dice titolo della povertà;
per gli altri religiosi è il titolo della mensa comune o della Congregazione
o altro simile. Gli altri seguono il diritto dei secolari. Articolo II Irregolarità ' e impedimenti. 983. Nessun impedimento
perpetuo o irregolarità per difetto o delitto si contrae, se non è espresso
dai canoni. 984-986. Sono irregolari per difetto gli illegittimi non
legittimati nè professi solennemente; i viziati di corpo per debolezza o
deformità, che impedisca il ministero. Per interdire l’Ordine ricevuto il
difetto sarà maggiore e non si proibiranno gli atti che possono compiersi
come si deve; gli epilettici, dementi, indemoniati, o se lo furono dopo gli
Ordini, ma nella certezza che siano liberi, l’Ordinario può permettere
l’esercizio degli Ordini; i bigami, infami di diritto, un giudice che abbia
emesso sentenza di morte; un carnefice o i suoi assistenti volontari
immediati nell’esecuzione capitale. Sono irregolari per delitto : gli apostati dalla Fede,
eretici, scismatici, chi, eccetto estrema necessità, si lasciò battezzare da
un acattolico; chi attentò un matrimonio anche civile, se egli è legato da
matrimonio, da Ordine sacro, da voti religiosi anche temporanei, o se lo
attentò con donne legate da voti o sposate; chi commise omicidio volontario o
procurò o cooperò con effetto all’aborto; chi mutilò se o altri o attentò
alla propria vita; i chierici se nel loro vietato esercizio della medicina o
chirurgia ebbe luogo la morte di qualcuno; chi esercitò un Ordine riservato a
chierici maggiori o mancante dell’Ordine o impedito per pena anche locale.
Questi delitti non producono l'irregolarità, se non costituiscono grave
peccato commesso dopo il Battesimo e non siano esterni, pubblici o occulti, 987. Sono semplicemente impediti: i figli di cui un
genitore è acattolico, finché rimane; gli ammogliati; chi contro i canoni è
ufficiale o amministratore responsabile, finché non è libero da ogni
responsabilità; gli schiavi propriamente detti; i soggetti al servizio militare,
finché non lo compiano; i neofiti, finché siano ben provati a giudizio
dell’Ordinario; i colpiti da infamia di fatto, finché questa perduri a
giudizio del, medesimo, 988-989. La ignoranza dell’irregolarità per delitto o per
difetto o degli impedimenti non ne rende liberi. Le irregolarità e gli
impedimenti si moltiplicano per diverse cause, non per la medesima ripetuta,
eccetto l'omicidio volontario. 990-991. Può l’Ordinario dispensare per se o per altri i
sudditi da una irregolarità per delitto occulto, eccetto quella per omicidio
o aborto o altra deferita già in giudizio. La stessa facoltà l'ha ogni
confessore nei casi occulti, urgenti, impossibilitati ad adire l'Ordinario
senza danno o infamia, e solo per esercitare lecitamente gli Ordini ricevuti.
Nelle preci per le dispense devono indicarsi tutte le irregolarità e
impedimenti; se no la dispensa generale varrà sì per i taciuti in buona fede,
eccetto l'omicidio e l’aborto, ma non per quelli taciuti in mala fede. Se si
tratta di omicidio volontario, sotto pena di nullità della dispensa dovrà
esprimersi il numero dei delitti. La dispensa generale per gli Ordini vale
anche per i maggiori e il dispensato può ottenere benefici non concistoriali
anche con cura di anime, ma non può essere Cardinale, Vescovo, Abate, Prelato
nullius, Superiore maggiore in religione clericale esente. La dispensa in
foro interno non sacramentale sarà scritta e registrata nel libro segreto
della Curia. CAPITOLO III PRECEDENTI DELL’ORDINAZIONE. 992. Tutti i promovendi agli Ordini per se o per altri
manifesteranno il loro desiderio al Vescovo o a chi ne fa le veci prima
dell’ordinazione. 993-997. I secolari e i religiosi che ne seguono il
diritto porteranno un attestato dell’ultima ordinazione o del Battesimo e
Cresima se per la tonsura; degli studi fatti per i singoli Ordini; quello del
Rettore del seminario o del sacerdote a cui fosse stato affidato, sui suoi
buoni costumi; le testimoniali dell'Ordinario del luogo, dove sia stato tanto
da contrarre impedimento; un religioso porterà anche gli attestati del
Superiore maggiore. 11 tempo per contrarre un impedimento è un trimestre per
un militare, per gli altri un semestre dopo la pubertà; ma il Vescovo può
esigerlo per tempo più breve o per prima della pubertà. Se l’Ordinario non è sicuro
della mancanza d’impedimento nella permanenza nel suo territorio, o se
l’ordinando abbia vagato per tante diocesi in modo che sia impossibile o
difficile avere delle testimoniali, l’Ordinario provvederà con giuramento
suppletorio. Se ottenute le testimoniali e prima dell’ordinazione l’ordinando
ha vissuto di nuovo nel medesimo luogo, necessitano nuove testimoniali. Anche
il Superiore attesterà del religioso che è della sua famiglia, sull’emessa
professione, sugli studi e altri requisiti. Il Vescovo poscia non ha bisogno
d’altro. Ogni ordinando deve subire un esame sull’Ordine da ricevere, e
quelli in sacris sugli altri trattati teologici. Di questi esami i Vescovi
stabiliranno il metodo, gli esaminatori e la materia. Ciò farà per i secolari
e i religiosi il Vescovo che per diritto proprio ordina o dà le dimissorie, e
può commetterlo all’Ordinante, se accetta. Però un Vescovo che ordina un
suddito altrui può stare alle dimissorie dichiaranti l’idoneità, ma non vi è
tenuto, e se in coscienza non lo crede idoneo, può non promuoverlo. 1001. Chi va alla tonsura e Ordini minori premetterà
almeno tre giorni di esercizi; gli ordinandi in sacris almeno sei e se questi
si ricevono nel semestre, l’Ordinario per il diaconato può ridurli a tre. Se
dopo gli esercizi l’ordinazione si differisce per un semestre, si
ripeteranno; in altri casi sarà giudice l’Ordinario. I religiosi li faranno
nelle loro case o in altre a giudizio dei Superiori; i secolari in Seminario
o in una pia e religiosa casa designata dal Vescovo. Redigerà un attestato il
Superiore della casa degli esercizi o se religiosi, il Superiore maggiore. CAPITOLO IV RITI E CERIMONIE DELL’ORDINAZIONE. 1004. Se un
orientale già ordinato riceverà altri Ordini nel rito latino per indulto,
dovrà prima ricevere gli Ordini che non ha ricevuti in rito orientale. 1005. Tutti i
promossi agli Ordini maggiori riceveranno CAPITOLO V TEMPO E LUOGO DELL’ORDINAZIONE. CAPITOLO VI REGISTRAZIONE ED ATTESTATI DELLA ORDINAZIONE. TITOLO VII Matrimonio. 1014. Il Matrimonio
gode del favore del diritto; nel dubbio si ritiene valido. 1015. Fra
battezzati il Matrimonio valido è rato finché non si consumi; con Fatto
coniugale è rato e consumato. Data la coabitazione dei coniugi, si presume
consumato fino a prova contraria. Il celebrato fra i non battezzati si dice
legittimo. Un matrimonio invalido, se da una parte almeno è celebrato in
buona fede, si chiama putativo, finché l’altra non ne conosca la nullità. 1016. Il Matrimonio dei battezzati è retto dal diritto
divino e dal canonico, salva la legge civile per gli effetti civili. 1017. La promessa
di Matrimonio di una o delle
due parti è nulla, se non è fatta l
per iscritto e firmata I dalle parti e dal parroco o dall’Ordinario o almeno da due testi, I Se alcuno non sa
o non può scrivere, per la validità è necessario notarlo e
aggiungere un altro teste che sottoscriva. Ma dalla promessa, sebbene valida
e non adempita, non proviene azione
per il Matrimonio, ma solo per
riparazione di danni. 1018. Il parroco istruirà il popolo sul I sacramento del
Matrimonio e i suoi impedimenti. CAPITOLO I PREMESSE ALLA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO E PUBBLICAZIONI Vescovo. Sorto un dubbio d’impedimento, il parroco
indagherà e interrogherà due testimoni degni, giurati se non vi fosse
pericolo d’infamia e occorrendo, le stesse parti; se il dubbio sorge, prima
procederà alle pubblicazioni. Se il dubbio persiste, non assisterà al
Matrimonio inconsulto Y Ordinario. Scoperto un impedimento, se è occulto,
compia la pubblicazione e riferisca, senza nomi, all’Ordinario o alla
Penitenzieria; se è pubblico e ciò si sa prima della pubblicazione, non si
vada oltre, finché non sia rimosso l'impedimento, ancorché sia dispensato in
coscienza; se è dopo la prima o la seconda pubblicazione, le compia e
riferisca all’Ordinario. Se non trovasi impedimento, il parroco proceda al
Matrimonio. 1032. Al Matrimonio dei vaghi, eccetto necessità, non
assisterà senza permesso vescovile. CAPITOLO II IMPEDIMENTI IN GENERE. 1042. Gli impedimenti sono maggiori o minori. Minori
sono.. la consanguineità collaterale in terzo grado; affinità collaterale in
secondo, la pubblica onestà in secondo, la cognazione spirituale, il delitto
di adulterio con promessa o attentato di matrimonio anche solo civile. Gli
altri sono maggiori. 1046. Il parroco o
sacerdote che deve assistere avvisi l’Ordinario della concessa dispensa di
foro esterno e la noti nel libro dei matrimoni. 1047. Se non
dispone altrimenti 1054. La dispensa
di impedimento mino re non si annulla per obrezione o subrezione. 1055. Se commessa
all’Ordinario per impedimenti pubblici, la eseguisce chi diede o trasmise le
testimoniali, ancorché nel frattempo gli sposi andassero altrove, avvertendo
T Ordinario del luogo delle nozze. 1056. Eccetto una piccola
retribuzione non si pretenderà altro per le dispense, se non espressamente
concesso dalla S. Sede, e se riscosso, dovrà restituirsi. 1057. Chi dispensò
per delegazione apostolica esprimerà la delega. CAPITOLO III IMPEDIMENTI IMPEDIENTI. 1058. Il voto semplice di verginità, di castità perfetta,
di non sposare, di ricevere gli Ordini sacri o farsi religioso, impedisce il
Matrimonio. Nessun voto semplice annulla il Matrimonio, se non consta
altrimenti per atto della S. Sede. 1059. Dove la cognazione legale per adozione rende
illecite le nozze, queste sono tali anche per diritto canonico. CAPITOLO IV IMPEDIMENTI DIRIMENTI. 1067. L’uomo prima
del sedicesimo anno e la donna prima del quattordicesimo completi non possono
contrarre Matrimonio valido. Sebbene il Matrimonio contratto sia dopo valido,
curino i pastori di consigliare i fedeli a seguire le buone consuetudini
locali. 1068. L’impotenza
antecedente e perpetua conosciuta o no, assoluta o relativa, dirime per
diritto naturale il matrimonio. Se è dubbia di diritto o di fatto, non si
impedirà il Matrimonio. La sterilità non dirime nè impedisce il Matrimonio. 1069. Chi è legato
da Matrimonio anche non consumato, invalidamente ne attenta un altro, salvo
il privilegio della fede; nullo o sciolto il primo, non si contrarrà un
altro, finché non consti legittimamente la nullità o lo scioglimento del primo. 1074. Tra il
rapitore a scopo di Matrimonio e la donna, finché sta in suo potere non può
contrarsi Matrimonio. Se la rapita è liberata e al sicuro, consentendo cessa
l'impedimento. Si ritiene come ratto la violenta detenzione di una donna per
il Matrimonio in luogo dove essa si trova liberamente. 1075. Non
contraggono validamente: chi durante il Matrimonio commise adulterio con
promessa di Matrimonio, o ne attentò sia pure la forma civile; chi nel
Matrimonio commise adulterio e uno dei due il coniugicidio; quelli che
insieme fisicamente o moralmente procurarono la morte del coniuge. 1076. In linea
retta di consanguineità legittima o naturale è sempre nullo il Matrimonio. In
linea collaterale fino al terzo, moltiplicandosi l’impedimento con lo
stipite. Nel dubbio di consanguineità in linea retta o del primo collaterale
non si permetterà il Matrimonio. 1077. L’affinità in
linea retta irrita il Matrimonio in tutti i gradi; nella collaterale fino al
secondo compreso. Si moltiplica con la consanguineità da cui procede, con la
ripetizione successiva del Matrimonio con un consanguineo del defunto. 1078. L’impedimento di pubblica onestà proviene da
Matrimonio invalido, consumato o meno, da pubblico e notorio concubinato, non dall'atto civile senza coabitazione e dirime
le nozze in 1° e in 2° grado in linea retta tra l'uno e i consanguinei
dell’altro. 1079. La cognazione
spirituale irrita il Matrimonio del battezzato col battezzante o padrino. 1080. Gli inabili
secondo la legge civile per cognazione legale a causa della adozione, non
possono validamente per diritto canonico sposare. CAPITOLO V CONSENSO DEL MATRIMONIO. 1085. La conoscenza
o opinione della nullità non esclude per se il consenso. 1086. V interno
consenso si presume sempre conforme alle parole o segni. Che se uno o
entrambi positivamente escludono il Matrimonio, ovvero ogni diritto agli atti
coniugali, o una proprietà essenziale, non si contrae validamente. 1087. E pure invalido
il Matrimonio contratto con violenza o timore grave, estrinseco ed ingiusto,
da cui non si può liberare che col Matrimonio. Nessun altro timore
l’invalida. 1088. Occorre per
la validità la presenza diretta o per procuratore, e gli sposi esprimeranno il
consenso verbalmente, se possono parlare. 1092. Una condizione posta e non revocata, se è per il
futuro necessaria o impossibile o turpe, ma non contro la sostanza del
Matrimonio, si ritiene come non posta; se è futura e contro la sostanza del
Matrimonio, lo rende invalido; se futura ma lecita, sospende il valore; se è
del passato o presente, il Matrimonio è valido o no, se la cosa condizionata
esiste o no, 1093. Anche in un Matrimonio invalido per un impedimento
il consenso si presume durare finché non consti revocato. CAPITOLO VI FORMA DELLA CELEBRAZIONE. 1097. Il parroco o l’Ordinario assistono lecitamente, se
conoscono lo stato libero giuridico dei contraenti, il loro domicilio o
quasi-domicilio o dimora da un mese, e se vaghi, la dimora attuale di uno dei
contraenti nel luogo del Matrimonio, Se mancano le condizioni attinenti alla
dimora, ci sia almeno la licenza del parroco o dell'Ordinario del luogo di
uno dei contraenti, se non si tratti di vaghi viaggianti o di grave
necessità. In ogni caso si procurerà che si celebri presso il parroco della
sposa, e quando il rito è misto, salvo il diritto particolare, in quello
dell’uomo, e presso il di lui parroco. Il parroco che assiste senza licenza,
non acquista gli emolumenti di stola e li dovrà restituire al parroco dei contraenti. 1098. Quando non si
può avere o adire il parroco, l’Ordinario o il delegato senza grave incomodo,
allora in pericolo di morte il Matrimonio è valido e lecito coi soli testi, e
anche fuori pericolo, se si prevede duri così per un mese. In entrambi i
casi, se c’è un sacerdote, dovrà invitarsi ad assistere, salva la validità
coi soli testi. 1099. Alla forma
stabilita sono tenuti: tutti i battezzati nella Chiesa cattolica, e ad essa
convertiti dall’eresia o scisma, sebbene dopo cadano nell’apostasia; i
medesimi se contraggono con acattolici battezzati o no, anche con dispensa
per mista religione o disparità di culto; gli Orientali, se contraggono coi
Latini tenuti a questa forma. I contraenti acattolici, battezzati o no, non
sono tenuti alla forma, nè vi sono tenuti i figli di acattolici anche se
battezzati nella Chiesa Cattolica, i quali furono educati in eresia o scisma
o nel paganesimo o senza religione, se contraggono con acattolici, 1103. Celebrato il Matrimonio, il parroco o chi lo
supplisce registrerà al più presto i nomi dei coniugi, testi, luogo e giorno
del Matrimonio secondo le forme prescritte, anche quando è stato fatto da un
altro delegato. Inoltre il parroco segnerà nel libro dei battezzati chi e
quando ha contratto; se fu battezzato altrove, ne avviserà il parroco per la
registrazione, per mezzo della Curia. Se il Matrimonio avvenne secondo il
canone 1090, il sacerdote che assiste o i testi ne procurino quanto prima, la
registrazione. CAPITOLO VII MATRIMONIO DI COSCIENZA. CAPITOLO VIII TEMPO E LUOGO DELLA CELEBRAZIONE. 1108. Il Matrimonio
può celebrarsi in ogni tempo. La solenne benedizione è vietata dall’Avvento
al Natale, dalle Ceneri alla Pasqua compresa. Ma gli Ordinari possono
permetterlo anche in quei giorni, avvisati i coniugi di astenersi da
soverchia pompa. 1109. Il Matrimonio
si celebra nella chiesa parrocchiale o col permesso dell’Ordinario o del
parroco in altra chiesa o oratorio; in case private per causa straordinaria
si può permetterlo, ma non negli oratori dei seminari o casa delle religiose,
se non per necessità e con cautela. Fra i cattolici e non cattolici si
celebra fuori chiesa e se si temono molestie, l’Ordinario potrà dispensare. CAPITOLO IX EFFETTI DEL MATRIMONIO. CAPITOLO X SEPARAZIONE DEI CONIUGI. Articolo I Scioglimento del vincolo. 1118. Il Matrimonio rato e consumato non si scioglie che
con la morte. 1119. Il Matrimonio non consumato fra i battezzati o fra
questi e i non battezzati si può sciogliere o per la professione solenne o
per la dispensa della Sede Apostolica, a richiesta anche di una sola I parte. 1125. Quanto riguarda il Matrimonio nella Costituzione
Alitudo di Paolo III, 1° giugno 1537; Romani Pontificis di Pio V, Articolo II Separazione dal letto, mensa abitazione. 1128. I coniugi devono osservare la vita coniugale, se
nulla osta. 1131. Se uno si ascrive a sette acattoliche, educa
acattolicamente la prole, vive criminosamente, mette in pericolo l’anima o il
corpo del coniuge, lo sevizia, vi può essere causa di allontanamento per
autorità dell’Ordinario e può farsi subito anche di propria autorità, se è
certa la causa e vi è qualche pericolo. Cessando la causa deve riprendersi la
vita coniugale; però se la separazione fu decretata dall’Ordinario a tempo
certo o indeterminato, la parte innocente non vi è obbligata, se non per
decreto dello stesso Ordinario o cessato il termine. 1132. Separandosi, i figli sono da educarsi presso
l’innocente e se uno è acattolico, presso il cattolico, se non decida
altrimenti l’Ordinario, assicurandone l’educazione cattolica. CAPITOLO XI CONVALIDAZIONE DEL MATRIMONIO. Articolo I Convalidazione semplice. Articolo II Sanazione in radice. CAPITOLO XII SECONDE NOZZE. TITOLO VIII Sacramentali. 1149. Le
benedizioni per se sono per i cattolici, ma si possono dare ai catecumeni;
anzi, se non è proibito, anche agli acattolici per ottenere loro la fede e
anche la salute del corpo. 1150. Le cose
consacrate o benedette con benedizione costitutiva non si adopreranno ad uso
profano o improprio, ancorché siano di dominio di privati. PARTE II LUOGHI E TEMPI SACRI. SEZIONE I LUOGHI SACRI. 1160. I luoghi sacri sono esenti dalla civile autorità e
sotto la libera giurisdizione della Chiesa. TITOLO IX Chiese. 1165. Le funzioni si faranno solo dopo la consacrazione o
benedizione. Se si prevede la riduzione ad uso profano, non si permetterà
l'erezione, nè si consacrerà o benedirà. Debbono consacrarsi solennemente le
chiese cattedrali e possibilmente le collegiali, conventuali e parrocchiali;
ma se son di legno, ferro o metallo, solamente si benedicono. Può anche
consacrarsi un altare senza consacrare la chiesa; ma con la chiesa si
consacrerà almeno l’altare maggiore o un altro se il maggiore è consacrato. 1166. La consacrazione è preferibile si faccia di domenica
o festa di precetto. Il Vescovo e chi per se chiede la consacrazione
digiuneranno la vigilia. Il Vescovo consacrante anche un altare, concede in
quel giorno ai visitatori l’indulgenza di un anno; per l'anniversario, di
cinquanta giorni un Vescovo, cento un Arcivescovo, duecento un Cardinale. 1167. La festa della consacrazione si célebrerà
liturgicamente ogni anno. 1170. La
consacrazione o benedizione si perde dalla chiesa distrutta in tutto o nella
maggior parte o ridotta dall’Ordinario locale ad usi profani. 1171. Nella chiesa
si può compiere ogni rito ecclesiastico, salvi i diritti parrocchiali, i
privilegi, le consuetudini, e l’Ordinario può regolarne l’orario, purché non
si tratti di Religione esente, 1176 - 1177. La chiesa benedetta può riconciliarsi dal
rettore o un altro sacerdote con suo almeno presunto consenso. La valida
riconciliazione di una chiesa consacrata è retta dal can, 1156, Urgendo se
non si può adire l’Ordinario, la fa il Rettore anche per la consacrata, avvisandone
dopo l’Ordinario. Si riconcilia con l’acqua lustrale, la consacrata con acqua
speciale benedetta dal Vescovo o dal sacerdote celebrante. 1178. Le chiese
saranno pulite e non si adopreranno per commerci, fiere o usi non degni della
santità del luogo. 1179. Nelle chiese
vi è il diritto d’asilo, per cui il reo, senza necessità, non si deve trarre
fuori senza l’assenso dell’Ordinario o almeno del rettore. 1180. Una chiesa
diventa basilica solo per concessione apostolica o per immemorabile
consuetudine e da ciò son ricavati i privilegi. 1181. L’ingresso
per le sacre funzioni sarà gratuito, riprovata qualunque consuetudine
contraria. 1182. Salvi i canoni 1185. Salve le convenzioni, le consuetudini e l’autorità
delL’Ordinario, tutti gli addetti alla chiesa sono nominati dal rettore,
sottoposti a lui e da lui licenziati. TITOLO X Oratori. 1188. u oratorio è un luogo destinato al culto pubblico,
ma non direttamente per tutti i fedeli, ed è oratorio pubblico, se è eretto
per un collegio o anche per privati, ma con permesso di frequenza al
pubblico; semipubblico, se per una comunità o ceto determinato; privato o
domestico, se in case private per famiglia o persona privata. 1191. I pubblici si reggono come le chiese; perciò in
quelli benedetti o consacrati regolarmente si funziona come nelle chiese,
salve le contrarie rubriche. 1194. Nelle edicole dei cimiteri l’Ordinario può
permettere abitualmente la celebrazione anche di più Messe; negli altri
oratori privati per la circostanza o in casi straordinari. 1195. Nei privati,
per indulto apostolico, si può celebrare solo una Messa , privata, e questa
non nei giorni più solenni. L’Ordinario può permetterlo per la circostanza in
casi imprevisti nell’indulto, nei giorni più solenni. 1196. L’oratorio
privato non si consacra nè si benedice come le chiese. Sia i privati che i
semipubblici, pur non benedetti, saranno riservati al solo culto. TITOLO XI Altari. 1197. Liturgicamente
si chiama altare immobile o fisso la mensa superiore consacrata unita agli
stipiti; mobile o portatile la piccola pietra consacrata che si dice ara
portatile o pietra sacra. Nella chiesa consacrata un altare almeno sarà
immobile, specie il maggiore; nella benedetta tutti gli altari possono essere
mobili. 1198. La mensa dell’immobile e la pietra sacra saranno di
unica pietra naturale, integra e non friabile; nell’immobile la mensa coprirà
tutto l’altare aderendo allo stipite. Questo o almeno le colonnette di
sostegno saranno di pietra. La pietra sacra deve almeno contenere comodamente
l’ostia e la maggior parte del calice. Negli immobili e nella pietra sacra vi
sarà sempre il sepolcro con delle reliquie di Santi chiuso in pietra. 1199. Per
celebrare, l'immobile sarà consacrato tutto; per il mobile, la pietra sacra;
i portatili sono consacrati dai Vescovi; per l'immobile vedi il can. 1155. La
consacrazione è meglio farla in giorno festivo. 1200. L’immobile
separato dallo stipite perde la consacrazione, che può rifarsi da un
sacerdote delegato. Ogni altare o pietra sacra perde la consacrazione per
frattura enorme nella materia o nel luogo dell’unzione, rimovendo ne le
reliquie o scoperchiandole, eccetto che sia fatto apposta dal Vescovo o da un
delegato per fermarlo, ripararlo o visitarlo. Non si perde per frattura lieve
del coperchio, riparabile da ogni sacerdote. La perduta consacrazione della chiesa non importa quella degli
altari o viceversa. 1201. Ogni altare o
almeno l'immobile avrà un proprio
titolo che per il maggiore; sarà quello della chiesa. Con licenza
dell’Ordinario si può solo cambiare il titolo dell’altare mobile. Gli altari
non si dedicano; ai Beati senza indulto
apostolico,anche dove ne è
concesso l'ufficio e 1202. Qualunque I
altare, escluso ogni uso profano, deve
solo servire al culto e specialmente
per TITOLO XII Sepoltura ecclesiastica. CAPITOLO I CIMITERI. 1212. Possibilmente vi sarà un luogo separato per quelli,
a cui non è concessa la sepoltura ecclesiastica. CAPITOLO II TRASPORTO DEI CADAVERI, FUNERALI, DEPOSIZIONI. 1218. Il morto fuori la propria parrocchia si trasporta
alla parrocchia più vicina, se lo si può comodamente a piedi; se no, si
porterà nella chiesa della parrocchia ove è morto. I dubbi I sul detto incomodo
e le controversie li S dirime l'Ordinario, e
se le diocesi sono diverse, l'Ordinario del luogo della morte. Sebbene
fosse incomodo questo trasporto, la famiglia e gli interessati possono farlo, caricandosi le spese. 1219. Per i Cardinali morti in Roma designa il Papa
la chiesa per le esequie; f fuori
Roma, nella chiesa più insigne, se non
ne scelse un’altra il defunto. Un . Vescovo residenziale anche Cardinale, Abate, Prelato nullius, I
si porterà alla chiesa propria; se ciò è incomodo, in un’altra più insigne,
salva scelta di un’altra. 1220. Pei
beneficiati . residenziali si fa nella chiesa del beneficio, salva scelta. 1221. I religiosi e
novizi saranno portati dai Superiori alla chiesa od oratorio della casa o
della Religione, salva scelta del novizio. Se muoiono lontano, si va alla
chiesa vicina, salva scelta del novizio e il diritto del Superiore secondo il
canone 1218. Quanto disponesi per i novizi vale per gli inservienti e
stabilmente dimoranti in casa; se muoiono fuori, si osserverà il diritto
comune. 1222. Per gli
ospiti, educandi, infermi, morti in case anche di regolari, come pure per i
defunti in ospedali, salvo diritto particolare o privilegio, si segue il
diritto comune. Per i defunti in seminario, vale il canone 1368. 1230. Il parroco ha diritto e dovere di rilevare il
cadavere, accompagnarlo e fare il funerale. Se si muore altrove e vi é
facilità, il proprio parroco, avvertendone l’altro, compie il suo ufficio. Se
la chiesa è esente, il parroco accompagna fino a questa e poi prosegue il
rettore; se non è esente, tutto appartiene al parroco del . defunto.
Religiose e novizie saranno trasportate al limite della clausura, rilevandole
per le esequie, se sono esenti, il Cappellano, se non esenti o morte altrove,
il parroco. Per i Cardinali o un Vescovo morto fuori Roma, nella città
episcopale si osserverà il can. 397. Se il cadavere si manda dove il defunto
non aveva la parrocchia, nè aveva scelta la chiesa, le esequie appartengono
alla Cattedrale, e se questa manca, alla chiesa della parrocchia ove è il
cimitero, salve le consuetudini o statuti diocesani. 1233. Il parroco non può escludere chierici, religiosi,
sodalizi chiamati all'accompagno, sebbene sia da preferirsi il clero della
chiesa. Non si ammetteranno però società ed insegne ostili alla religione, é
il parroco dirigerà, curando la precedenza. I chierici non porteranno il
cadavere dei laici. 1238. Fatta la sepoltura del defunto, se ne registrerà
nome, età, parenti, tempo, ministri e sacramenti amministrati. CAPITOLO III CONCESSIONE E DINIEGO DELLA SEPOLTURA ECCLESIASTICA. SEZIONE II TEMPI SACRI. TITOLO XIII Giorni festivi. TITOLO XIV Astinenza e digiuno. 1250. L'astinenza
vieta l’uso delle carni e derivati, non però di uova, latticini e condimenti
grassi. 1251. Il digiuno
prescrive che si mangi una sola volta al giorno, oltre qualche cosa mattina e
sera, e non è proibita la miscela di carne e pesce o il cambio della cena col
pranzo. 1252. L'astinenza è
prescritta nei venerdì e col digiuno nel mercoledì delle Ceneri, venerdì,
sabato di Quaresima, Quattro Tempora, vigilia di Pentecoste, Assunzione,
Tutti i Santi e Natale. Vi è l'obbligo del digiuno in tutti gli altri giorni
di Quaresima. Nelle domeniche e feste di precetto cessa il digiuno e
l'astinenza, non però per le feste in Quaresima. La vigilia non si anticipa e
cessa il sabato santo a 1253. I canoni
suddetti non aboliscono privilegi particolari, nè voti personali, nè
Costituzioni o Regole. 1254. Tutti sono
tenuti all’astinenza dopo i sette anni; e al digiuno dai ventuno completi ai
sessanta incominciati. PARTE III CULTO DIVINO. 1255 - 1256. Alla SS. Trinità, a Gesù anche in Sacramento
si deve culto di latria; a Maria Vergine d’iperdulìa; ai Santi di dulìa. Alle
reliquie e immagini si presta il culto relativo alle persone rappresentate.
Il culto è pubblico, se è prestato ufficialmente; altrimenti è privato. 1257. L’ordinamento
della liturgia e l’approvazione dei libri liturgici è esclusiva della S.
Sede. 1258. È proibito
prendere parte a funzioni acattoliche, ma dal Vescovo può tollerarsi la
presenza passiva per uffici civili, funerali, nozze solenni degli acattolici,
evitando lo scandalo e il pericolo di perversione. 1259. Non si
permetteranno esercizi di pietà se non rivisti e approvati dagli Ordinari, i
quali nei casi difficili si rivolgeranno alla S. Sede, nè approveranno nuove
litanie pubbliche. 1260. I ministri
per il culto dipendono solo dai Superiori ecclesiastici. 1261. Gli Ordinari
vigileranno per la purezza del culto e della tradizione, senza superstizione
o interesse e le loro leggi al riguardo obbligano tutti i religiosi e possono
visitarne chiese ed oratori pubblici. 1262. E
desiderabile che le donne siano in chiesa separate dagli uomini, i quali
staranno a capo scoperto, le donne modestamente vestite col capo coperto,
specie nella Comunione. 1263. I Magistrati
possono avere un posto distinto, non così altri senza permesso dell'Ordinario
che non lo concederà con incomodo dei fedeli, potendo sempre revocarlo. 1264. La musica
sarà seria secondo le leggi liturgiche. Se F Ordinario permette che cantino
le donne, sia provveduto che queste non si vedano. TITOLO XV Custodia e culto dell’Eucaristia. 1265. L’Eucaristia,
quando c’è chi ne prenda cura e con la Messa almeno settimanale, si deve
custodire nella chiesa Cattedrale, Abbaziale, Prelatizia, Vicariato,
Prefettura Apostolica, parrocchiale e quasi-parrocchiale e di religiosi
esenti. Con licenza dell’Ordinario si potrà tenere nella Collegiata, oratorio
di Casa pia o religiosa o collegio. Per le altre chiese od oratori occorre
l’indulto apostolico e l’Ordinario può concederla transitoriamente alle
chiese e pubblici oratori. Nessuno terrà presso di se l’Eucaristia o in
viaggio. 1266-1268. La chiesa dove si conserva il Santissimo sia
ogni giorno aperta almeno alcune ore per i fedeli. Revocato ogni privilegio,
si conserverà 1. Eucaristia in chiesa o nell’oratorio principale, ma non nel
coro delle Monache o entro il recinto del loro monastero. Si terrà
abitualmente in un solo altare, in luogo eccellente e nobile, possibilmente
nell’altare maggiore, e se questo ha il coro, in altro ornato con pietà e
devozione. 1269. Il tabernacolo sarà fisso, in centro all’altare,
chiuso, ornato, senza pericolo di profanazione. Per gravi ragioni si possono
tenere di notte le sacre specie altrove sopra un corporale; la chiave del
tabernacolo la custodirà il rettore. 1270-1272. Le particole a sufficienza si terranno in una
pisside ben fatta, coperta di velo bianco di seta; facendovi ardere vicino
sempre una lampada con olio d’oliva o cera d’api, e se non si può, con oli
vegetali. Le ostie saranno recenti, spesso rinnovate secondo le prescrizioni
dell’Ordinario. 1273. Si
promuoveranno la frequenza alla Messa, le visite in giorni festivi e anche le
quotidiane al Santissimo. 1274. L’esposizione
privata con la pisside si fa per qualunque giusta causa; la pubblica con
l’Ostensorio, nel Corpus Domini e nell’ottava, nei Vespri e Messe solenni. In
altri tempi si richiede una grave causa e il consenso dell’Ordinario, anche
per gli esenti. Ministri dell’Esposizione sono il sacerdote e il diacono; per
la benedizione solo il sacerdote; il diacono la potrà dare quando porta il
Viatico. 1275. Le Quarantore si faranno solennemente nelle
parrocchie e nelle chiese a turno nei
giorni stabiliti dall’Ordinario e non potendosi, si procurerà tenere esposto
il Santissimo in determinati giorni per alcune ore continue. TITOLO XVI Culto dei Santi, delle immagini sacre e reliquie. 1276-1278. Ottima e utile cosa è l’invocazione del Santi,
la venerazione delle loro reliquie ed
immagini, ma specialmente la devozione verso Maria Santissima. Questo culto
che è di dulìa si presta solo ai Santi dichiarati dalla Chiesa; ai Beati solo
dove è concesso dal Pontefice. I Patroni per le Diocesi, province, religioni,
ecc., è bene si scelgano con la conferma apostolica fra i Santi e non fra i
Beati, eccetto speciale indulto. 1279. Nessuno esporrà insolite immagini, che non siano
approvate dall’Ordinario; questi darà l’approvazione secondo gli usi ammessi
dalla Chiesa, evitato ogni pericolo per il dogma, la decenza, la pietà,
l’onestà. La benedizione solenne delle pubbliche immagini appartiene
all’Ordinario, che può delegarla a un sacerdote. 1280. Immagini preziose o antiche o celebri per culto non
si ritoccheranno senza permesso scritto dell’Ordinario, che prima sentirà i
periti. 1281-1282. Le reliquie insigni o le immagini preziose o
molto venerate dal popolo non si alieneranno o si porteranno altrove senza
permesso della S. Sede. Si considerano insigni il corpo, il capo, le braccia,
l’antibraccio, il cuore, la lingua, la gamba, la mano, la parte in cui si fu
colpito nel martirio, se integra e non piccola. Le reliquie insigni non si
tengono in case o oratori privati senza espressa licenza dell’Ordinario, ma
solo le non insigni e tenute onoratamente. 1283 - 1289. Con culto pubblico si onoreranno quelle
reliquie la cui genuinità consta per documento di un Cardinale,
dell’Ordinario locale o un ecclesiastico autorizzato a ciò per indulto
apostolico. Il Vicario Generale lo può fare solo per mandato speciale. Gli
Ordinari elimineranno le reliquie non autentiche e giudicheranno se esporle
quando siansi perduti i documenti per turbamenti pubblici o altro, lasciando
le antiche, se non consta siano false; e infine non permetteranno le
pubbliche e pericolose discussioni sull’autenticità. Le reliquie si terranno
in teche chiuse e sigillate. La S. Croce sarà sola e in teca propria. Per
quelle dei Beati non si celebreranno processioni, Messe o uffici senza
indulto apostolico . Le reliquie della Croce che portano Ì Vescovi, alla
morte di questi passano alla Cattedrale per trasmettersi al nuovo Vescovo; e se le Diocesi furono diverse,
all’ultima; e se morirono fuori, all’ultima dall’uscita. Si eviterà la
vendita delle reliquie e perciò i Superiori
ecclesiastici cureranno che non
siano alienate nella massa specialmente delle eredità, evitandone la
profanazione, la noncuranza, la perdita. TITOLO XVII Processioni sacre. 1390. Si dicono processioni le pubbliche preghiere fatte
dal popolo, guidate dal clero da un
luogo sacro ad un altro, per eccitare la pietà, ringraziare il Signore e
chiedere il suo aiuto. Ordinarie sono quelle a date fesse; straordinarie
quelle che si fanno per pubbliche cause. 1291. Se non ci
sono impedimenti, a giudizio del Vescovo, nel Corpus Domini è meglio fare
un’unica processione solenne con clero, religiosi, confraternite e popolo,
eccetto gli stretti claustrali e quelli distanti più di tre chilometri. Le
altre chiese o parrocchie la faranno, se possono, nell’ottava; e se sono
molte, secondo l'ordine stabilito dal Vescovo. 1292. L’Ordinario
può per pubbliche cause indire processioni, udito il Capitolo, e ad esse
innerveranno tutti. 1293. I religiosi
esenti, per le processioni fuori chiesa o chiostro hanno bisogno del permesso
dell’Ordinario. 1294. Il parroco o
altri non possono senza il permesso vescovile promuovere nuove processioni o
abolirle o trasferirle, e tutti i chierici addetti sono obbligati
all’intervento a quelle proprie della loro chiesa. 1295. L’Ordinario
curerà la modestia e la riverenza, estirpando gli abusi nelle processioni. TITOLO XVIII Suppellettili sacre. 1296-1297. Le suppellettili sacre, specialmente quelle
benedette o consacrate per il culto, si conserveranno in sacrestia o altro
luogo sicuro nè si adibiranno a usi profani. Vi sarà un inventario ben
custodito e si adoprerà materia e forma secondo la liturgia, la tradizione e
l’arte sacra. Chi deve mantenere la chiesa provvederà anche le suppellettili. 1298. Quella di
qualunque specie appartenente a un Cardinale domiciliato in Roma, anche
suburbicario o Abate nullius, tolti anelli e croci con reliquie, va alla
Cappella Pontificia, se egli non L’abbia già data o legata a una chiesa,
oratorio, luogo pio, o ad un ecclesiastico o religioso. Il Cardinale
preferirà usare questa facoltà a favore della chiesa che ha in titolo,
amministrazione o commenda. 1299. La
suppellettile sacra di un Vescovo residenziale anche Cardinale va alla
Cattedrale, eccettuati anelli, croci con reliquie e ciò che fu acquistato con
proprio denaro. Se governò varie Diocesi, va a quella Cattedrale con i cui
redditi da documenti del Vescovo consta fosse stata acquistata; se i redditi
sono in massa, si fa un’equa divisione; se sono divisi, a tenore dei frutti
goduti dal Vescovo. Questi è tenuto a farne un inventario con la provenienza;
altrimenti si presume tutto acquistato con i redditi della chiesa. 1300. Ciò si applica anche a un beneficiato di qualunque
chiesa. 1301. Un Cardinale, un Vescovo residenziale, un
beneficiato procureranno che ciò sia fatto con testamento o con altro atto
civile valido per non frustrare le canoniche presenzioni. Nomineranno però a
tempo un fiduciario, che prenderà in consegna e rimetterà a chi di dovere vesti,
libri e documenti. 1302. I rettori
cureranno la conservazione e il decoro delle sacre suppellettili loro
affidate. 1303. La Cattedrale
provvederà il Vescovo di tutte le suppellettili sacre per la Messa e le
funzioni in Cattedrale e in altre chiese. Se la chiesa è povera, si chiederà
almeno per quanto serve alla Messa un’elemosina dal Clero, che ivi celebra in
proprio comodo, da stabilirsi dal Vescovo esclusivamente nel Sino do, se si
può, o fuori, udito il Capitolo, nè si potrà pretendere di più. 1304. Possono
benedire la suppellettile prima di usarla i Cardinali e i Vescovi dovunque,
gli Ordinari nel loro territorio, il parroco o il rettore nella loro chiesa,
un delegato dell’Ordinario, i Superiori religiosi o un loro delegato per le
loro dipendenze. 1305. Le
suppellettili perdono la benedizione o la consacrazione se vien distrutta la
forma rendendola inadatta, se furono indecorosamente adibite o vendute in
pubblico. Il calice e la patena, rinnovando la doratura, non perdono la
consacrazione. 1306. Si procurerà
che calici, patene, purificatoi, palle e corporali siano toccati solo da
chierici, se furono adibiti per la Messa, e questi ultimi tre prima del
bucato siano lavati da ecclesiastici, versandone l’acqua nel sacrario o nel
fuoco. TITOLO XIX Voto e giuramento. CAPITOLO I VOTO. 1307-1308. Il voto cioè la libera promessa a Dio di un
bene possibile e migliore deve adempirsi per virtù di religione. Chi ha l’uso
della ragione è per se capace di voto; ma questo è nullo, se fu emesso dietro
grave e ingiusto timore. Si dice pubblico, se accettato dal Superiore,
altrimenti è privato; solenne, se tale è dichiarato dalla Chiesa, se no è
semplice: personale, se si promette un’azione: reale, se una cosa: misto se
tutte e due. 1309. Sono solamente riservati alla S. Sede i voti privati
di perfetta e perpetua castità o ingresso in un Ordine, emessi in modo
assoluto dopo compiuti i 18 anni. 1310-1311. Il voto per se non obbliga che il vovente; ma
se è reale, l’obbligo passa all’erede, e se è misto, per la parte reale.
Cessa finito il tempo o per mutamento sostanziale, per difetto di condizione
essenziale, per irritazione, dispensa o commutazione. 1312-1313. Chi ha potestà dominativa può annullare
validamente un voto del suddito, e con giusta causa anche lecitamente. Chi ha
potere solo sulla materia, può sospenderlo in caso di danno. Possono
dispensarlo per i propri ma senza danno e se non è riservato, l’Ordinario, il
Superiore religioso clericale esente e chi ha facoltà apostolica. 1314. L’ opera promessa si può mutare in una migliore o
uguale dal vovente, in altra inferiore dal Superiore che può dispensare. 1315. I voti fatti prima della professione, rimangono
sospesi durante la medesima. CAPITOLO II GIURAMENTO. 1316-1317. Il giuramento, ossia l’invocazione del nome
divino come teste della verità, non deve emettersi che con verità,
discrezione e giustizia; e non si fa mai validamente per mezzo di altri. Chi
libera mente giura è tenuto a mantenere, e sebbene valga quanto fu estorto
per timore o violenza, può però sciogliersi dal Superiore. Quando col
giuramento si rinunzia ad un privato favore concesso dalla legge, vi si è
tenuti, purché non siavi danno dell'anima. 1318-1320. Il giuramento promissorio segue la natura
dell'atto, a cui è aggiunto; se questo è contro il bene di altri o pubblico o
dell'anima, è nullo. L’obbligo cessa con la rinunzia dell'interessato, se
l'oggetto muta sostanzialmente o lo si renda indifferente, da impedire un
bene maggiore, se vien meno la causa finale; per annullamento, dispensa,
commutazione. Chi ha facoltà sul voto l’ha anche sul giuramento promissorio;
se però la dispensa pregiudica altri che si ricusano a rimetterlo, solo la S.
Sede potrà dispensarlo per necessità o utilità della Chiesa. 1321. Il giuramento è da interpretarsi strettamente
secondo il diritto e l’intenzione di chi ha giurato, o se c’è dolo, secondo
l’intenzione di colui per cui si giura. PARTE IV MAGISTERO ECCLESIASTICO. 1322-1323. Gesù Cristo affidò alla Chiesa il deposito
della fede, affinché assistita dallo Spirito Santo lo custodisca santamente
ed esponga fedelmente la dottrina rivelata. La Chiesa ha diritto e dovere di
insegnare con indipendenza l'Evangelica dottrina e tutti devono seguirla. Per
fede divina e cattolica si crede a quanto contiene la Scrittura e la
Tradizione proposta dalla Chiesa con definizione solenne o con il magistero
ordinario e universale. Questo solenne giudizio è proprio del Concilio
Ecumenico e del Papa che parla dalla Cattedra, e dogmatico è solamente ciò
che come tale è stato dichiarato. 1324. Non basta
evitare l’eresia, ma bisogna fuggire gli errori che vi accedono ed osservare
le disposizioni, con le quali la S. Sede proscrive e proibisce le cattive
opinioni. 1325. I fedeli
professeranno apertamente la fede quando il tacere è scandaloso. Un
battezzato che dubita o nega con pertinacia una verità di fede, è eretico; se
abbandona la fede, è apostata; se non ubbidisce al Papa o ricusa di
comunicare con i membri soggetti alla Chiesa, è scismatico. Sono da evitarsi
le dispute e conferenze specialmente pubbliche con gli acattolici senza
permesso della S. Sede o ungendo, dell’Ordinario. 1326. I Vescovi anche insieme riuniti non godono
dell'infallibilità, ma sono dottori e maestri dei fedeli sotto l'autorità del
Romano Pontefice. TITOLO XX Predicazione. 1327-1328. Predicare la fede è principale compito del
Pontefice per la Chiesa universale, dei Vescovi per le Diocesi, e questi
devono per se stessi predicare il Vangelo non solo con P aiuto del parroci,
ma anche di altri idonei. Nessuno però predicherà, se non sia debitamente
autorizzato o per ragione di ufficio. CAPITOLO I CATECHISMO. 1329-1334. I Pastori di anime hanno l'obbligo gravissimo
dell'istruzione catechetica al popolo. Il parroco deve con istruzioni
periodiche preparare i fanciulli alla confessione, alla Cresima e
specialmente in Quaresima, alle prime Comunioni. Continuerà dopo le prime
Comunioni lo svolgimento del Catechismo che spiegherà anche agli adulti nelle
domeniche e feste. Il parroco in questo compito sarà con sermoni aiutato dai
chierici e anche dai laici ascritti a sodalizi della Dottrina Cristiana o
simili, eretti nella parrocchia. Anzi i sacerdoti e i chierici possono essere
a ciò obbligati anche con pene. Tutti i Superiori religiosi a giudizio
dell'Ordinario coopereranno per se o per i loro soggetti specialmente nelle
proprie chiese alla istruzione catechistica senza disturbo della disciplina
regolare. 1335. Non solo i
genitori o chi ne fa 3e veci, ma anche i padroni e i padrini ne hanno P
obbligo per i congiunti o loro affidati. 1336. Le
trattazioni sono prestabilite dall' Ordinario anche per gli esenti, quando
non insegnano ai sudditi. CAPITOLO II SACRE CONCIONI. 1337-1338 Solo L’Ordinario concede la facoltà di predicare
ai chierici ed ai religiosi non esenti. Se la predica è per gli esenti e i
dipendenti autorizza il Superiore clericale esente i suoi religiosi, e lo può
permettere ad altri, purché approvati. Per altri e per le monache dà la
facoltà l'Ordinario, ma al predicatore per monache esenti occorre anche il
consenso del Superiore. Per le religioni laicali il predicatore ha bisogno
del permesso del Superiore regolare. 1339-1340. Gli Ordinari non negheranno nè revocheranno
senza grave ragione il permesso ai presentati, specie ad un’intera Comunità.
I religiosi devono inoltre avere il permesso del Superiore. L’Ordinario e il
Superiore in coscienza lo permetteranno agli idonei, sperimentandoli anche
per esame, e potendo revocare la licenza; e contro la revoca non c’è ricorso
in sospensivo. 1341. Gli extra-diocesani non si inviteranno senza
consenso dell’Ordinario il quale se non li conosce, non darà la licenza senza
il consenso e gli attestati dei Vescovi propri; questi sono obbligati a darli
secondo verità. Questa licenza la chiederà il parroco o il rettore o la prima
Dignità Capitolare o il Direttore della Confraternita; e quando c’è cumulo di
uffici, il funzionante. 1342-1343. Possono predicare solo preti e diaconi; gli
altri chierici in casi speciali col permesso del Vescovo, mai però i laici
sebbene religiosi. Gli Ordinari possono predicare in qualunque luogo anche
esente nel loro territorio; anzi, eccettuate le grandi città, possono
impedire che si predichi durante la loro predica o mentre altri predica in
loro presenza. 1344-1346. Nelle domeniche e feste il parroco è obbligato
all’omelia nella Messa più frequentata e abitualmente lo farà per se, ma
l’Ordinario può dispensarlo per speciali circostanze. Nelle feste di precetto
è desiderabile si spieghi il Vangelo o qualche parte della Dottrina cristiana
nella Messa e a ciò il Vescovo può obbligare gli esenti per le proprie
chiese. In Quaresima le prediche saranno più frequenti, specialmente nelle
Cattedrali e nelle parrocchie con intervento dei Canonici, se si predica
nella loro Chiesa dopo il Coro, e il Vescovo può obbligarli anche con
sanzioni. 1347. Devesi preferire nelle prediche quanto è da credersi
e operare per la salvezza, tralasciando gli argomenti strani o profani, ma
manifestando lo spirito e la virtù col predicare Cristo Crocefisso. Se il
predicatore produce dello scandalo, il Vescovo procederà contro di lui. 1348. Si esorteranno i fedeli alla frequenza alle
prediche. CAPITOLO III SACRE MISSIONI. 1349-1350. Gli Ordinari cureranno che almeno ogni decennio
i parroci tengano delle missioni straordinarie, seguendo le istruzioni. Essi
avranno cura anche degli acattolici; in altri luoghi provvede la S. Sede. 1351. Nessuno sarà mai costretto ad abbracciare la fede. TITOLO XXI Seminari. 1352. La Chiesa ha il diritto esclusivo di preparare i
suoi ministri. 1353-1354. SÌ devono formare a pietà i piccoli aspiranti
alla vocazione ecclesiastica e a questo fine ogni Vescovo procurerà di avere
un seminario proprio o due nelle grandi Diocesi, uno piccolo per le Lettere e
uno maggiore per la Filosofia e la Teologia; e quando non si può si
manderanno gli alunni in un altro seminario, a meno che la S. Sede non ne
abbia stabilito uno interdiocesano o regionale, 1355-1356. Per il seminario, occorrendo, il Vescovo può
ordinare ai parroci e rettori anche esenti la colletta nelle chiese in dati
giorni, imporre una tassa nella Diocesi, attribuire al seminario dei benefici
semplici. Al contributo non oltre il 5% del reddito e considerate le
possibilità del seminario sono tenuti la Mensa, i benefici, le parrocchie o
quasi-parrocchie, ospizi, sodalizi, fabricerie, case religiose che non
abbiano simili obblighi. Il reddito per la tassazione deve computarsi dopo
soddisfatti gli oneri, escludendo le distribuzioni quotidiane, o la terza
parte per il beneficio che è fatto di sole distribuzioni, e le parrocchie che
vivono solo di offerte dei fedeli, 1357. P Vescovo provvederà per il buon governo del
seminario e vi farà osservare le prescrizioni pontificie; lo visiterà, curerà
la formazione degli alunni e la loro intima conoscenza specie in occasione
delle ordinazioni, Ogni seminario avrà statuti approvati dal Vescovo; la S,
Sede regola i seminari interdiocesani e regionali. 1358-1360. Ogni seminario avrà un Rettore, dei Professori,
un Economo, due Confessori e un Direttore spirituale, come pure due
Commissioni di Deputati per la disciplina e per l'amministrazione. Di
ciascuna Commissione che sarà sentita negli affari più importanti, faranno
parte due sacerdoti scelti dal Vescovo per sei anni e rieleggibili, previo
parere capitolare, esclusi il Vicario generale, i suoi familiari, il Rettore,
l’Economo e i Confessori ordinari. Alle cariche per il seminario saranno
scelti sacerdoti non solo dotti, ma pii, prudenti, esemplari. Tutti saranno
sottoposti al Rettore. 1361. Oltre i
Confessori ordinari ve ne siano altri a cui si possa ricorrere, e se lontani,
siano chiamati all’ occorrenza dal Rettore; se coabitano siano facilmente
avvicinabili, ma non prenderanno mai parte nè per l’ordinazione degli alunni
nè per la loro espulsione. 1362. I redditi di
un legato per chierici possono adibirsi per quelli ancora non tonsurati, se
non osta la fondazione. 1363. Gli ammessi
saranno legittimi e che offrano buona speranza per il ministero. Esibiranno i
documenti di legittimità, Battesimo, Cresima, buona vita e costumi. Non si
ammetteranno i dimessi da seminari o Religioni, se prima il Vescovo non ne
conosca la causa segretamente e secondo verità e che consti nulla ostare peri
loro costumi, indole, ingegno. 1364. Nelle scuole
inferiori, anzitutto si spieghi la religione secondo l’età e la capacità; si
apprenda la lingua latina e la patria, e il resto a seconda dei chierici e
della cultura delle regioni, 1365. La Filosofia
con le scienze affini si insegnerà per due anni; per quattro la teologia
dogmatica e morale, Scrittura, Storia Ecclesiastica, Diritto Canonico,
Liturgia, Eloquenza, Canto, includendo la Teologia pastorale con esercizi sul
Catechismo, la Confessione, l'assistenza ai malati e moribondi. 1366. Per maestri
si sceglieranno laureati presso Facoltà pontificie e se religiosi che siano
riconosciuti idonei dai Superiori, Nelle scienze sacre si seguirà S. Tommaso,
e per le principali discipline i maestri saranno distinti. 1367. 1 Vescovi
avranno cura che vi siano le preghiere della mattina e della sera, la Messa e
la meditazione, la confessione settimanale e la frequente Comunione; le Messe
solenni ed i Vespri specialmente in Cattedrale; gli esercizi spirituali ogni
anno, pie conferenze settimanali. 1368-1369. Il Rettore fa da parroco ed egli con i
subalterni ufficiali procureranno l’osservanza degli statuti, lo studio e il
buono spirito, l'urbanità, l’igiene e la pulizia, ecc. Vigileranno anche attentamente
a che i maestri adempiano i loro obblighi, 1370-1371. Quando degli alunni dovranno star fuori, siano
affidati a un sacerdote pio e prudente che li governi, e quelli
incorreggibili, sediziosi, incapaci e specialmente gli immorali siano
immediatamente dimessi, TITOLO XXII Scuole. 1372-1374. L’istruzione dei fedeli riguarderà specialmente
la religione e la morale; l’educazione cristiana dei figli è obbligo non solo
dei genitori, ma di chi ne fa le veci. In qualunque scuola elementare vi sarà
l’istruzione religiosa, e dei sacerdoti idonei istruiranno i giovani nelle
altre scuole superiori. I fanciulli non frequenteranno scuole acattoliche,
neutre, miste, e solamente il Vescovo potrà tollerarlo con le dovute cautele. 1375 -1378. La Chiesa ha diritto di tenere scuole per ogni
disciplina e alla Sede Apostolica è riservato erigere Università o Facoltà
cattoliche, approvarne le regole e autorizzare il conferimento dei gradi
accademici con effetti canonici. I Dottori potranno portare l’anello e il berretto
dottorale fuori le funzioni con diritto di preferenza per certi uffici o
benefici. 1379. Se mancano scuole elementari e medie, procurino i
Vescovi di fondarle; così faranno per le superiori; se le Facoltà dello Stato
non danno soddisfazione è desiderabile si fondi qualche Università cattolica.
I fedeli concorreranno alla creazione e al mantenimento di scuole cattoliche. 1380. E desiderabile che i Vescovi mandino i migliori
giovani a una Università cattolica per la Filosofia, Teologia e Diritto
Canonico per conseguirvi i gradi. 1381-1383. L’istruzione della gioventù è sotto l'autorità
ed ispezione della Chiesa, e gli Ordinari faranno che nulla vi sia nelle
scuole contrario alla fede e al buon costume; approveranno libri e maestri e
occorrendo proibiranno quelli e rimoveranno questi; visiteranno le scuole,
gli oratori, i ricreatori, ecc., eccetto le interne di religiosi esenti. Il
rettore non confesserà gli alunni dimoranti con lui se non per urgente e
grave causa e a richiesta. TITOLO XXIII Previa censura dei libri e loro proibizione. 1384. La Chiesa ha diritto d’impedire la pubblicazione di
libri senza previa sua approvazione o proibirne la lettura ai fedeli, siano
anche periodici, giornali e simili. CAPITOLO I PREVIA CENSURA DEI LIBRI. 1385-1386. Anche i laici senza previa revisione non
pubblicheranno libri scritturali o commenti, di scienze sacre, preghiere,
religione e costumi; immagini sacre con o senza preghiere. La licenza compete
all'Ordinario dell’autore o del luogo della stampa; e se uno la nega, non la
concederà un altro, I religiosi la chiederanno ai Superiori. I chierici
secolari senza licenza del Vescovo, e i religiosi senza quella del Superiore
e dell’Ordinario non faranno pubblicazioni nemmeno in periodici, nè li
dirigeranno. Gli stessi laici senza speciale permesso del Vescovo non
scriveranno in periodici o giornali avversi alla religione ed ai costumi. 1387. Per quanto
riguarda le cause di Santi e Beati, nulla sarà pubblicato senza permesso
della Sacra Congregazione dei Riti. 1388. Senza
permesso vescovile non si pubblicheranno indulgenze. Per le collezioni di
preghiere indulgenziate, elenchi, sommari, ecc., occorre la licenza
apostolica. 16 —La Puma, Codice 1389. Per le
collezioni dei Decreti delle S. Congregazioni è necessaria la licenza dei
moderatori delle medesime, osservate le condizioni da questi imposte. 1390-1391. I libri liturgici, le loro parti, e le litanie
saranno concordi alle edizioni autentiche. La Scrittura in volgare deve
essere approvata dalla S. Sede, salvo se si stampa sotto la vigilanza dei
Vescovi con commenti ammessi. 1391. Approvato il
testo originale, non si intendono approvate le traduzioni o le nuove
edizioni, eccettuati gli estratti da periodici. 1393. Ogni Curia avrà speciali Censori che attenderanno
alla purità della dottrina secondo le Costituzioni dei Concili e della S.
Sede e il condì senso dei dottori, I Censori possono essere dei due cleri,
dotti, provati, prudenti. Il Censore scriverà il voto; l'Ordinario potrà
permettere la stampa, premesso il nome del Censore, Questo può omettersi e
mai si farà conoscere all’autore, se non è favorevole, 1394. La licenza
sarà scritta e indicata nella stampa; se si negherà, se ne può esporre la
ragione all’autore. CAPITOLO II PROIBIZIONE DEI LIBRI. 1395. È diritto e
dovere dell’autorità suprema per la Chiesa e dei Concili particolari e dei
Vescovi per i loro sudditi proibire per giusta causa dei libri. Contro il
divieto si dà ricorso in devolutivo alla S, Sede, Così potrà fare un Abate,
un Superiore supremo di religione clericale col suo Consiglio, e nell’urgenza
un altro Superiore maggiore, il quale però subito ne riferirà al Superiore
supremo, 1396. I libri
proibiti dalla S. Sede rimangono tali dappertutto e nelle traduzioni. 1397. I fedeli denunzieranno i libri pericolosi e
specialmente i Legati, gli Ordinari, i Rettori di Università, esponendone le
ragioni, I nomi dei denunzianti saranno segreti. Si sottoporranno alla Santa
Sede i libri più delicati e difficili. 1398. I libri proibiti non si possono stampare, leggere,
ritenere, vendere, tradurre, ecc.; ma previa approvazione si possono
pubblicare, se corretti. 1399. Sono per se stesse proibite: le edizioni del testo
originale e antiche traduzioni scritturali, anche della Chiesa Orientale,
fatte in Oriente anche da un acattolico; i libri che difendono eresie, scismi
o sono contro i fondamenti della fede e della religione o il buon costume; di
acattolici che trattano ex professo di religione; i libri che divulgano apparizioni,
rivelazioni, visioni, profezie, miracoli, devozioni nuove senza approvazione;
quelli che attaccano il domina, diffondono errori condannati; quelli contro
la disciplina, la gerarchia, lo stato clericale o religioso; quelli con
superstizioni, sortilegi, divinazioni, magie, spiritismo, ecc., o che sono a
favore del duello, suicidio, divorzio, massoneria e simili sette; che narrano
o insegnano cose lascive; le edizioni liturgiche non conformi alle
autentiche, di indulgenze apocrife, proscritte o revocate; di immagini
difformi dai decreti e usi della Chiesa. 1400. L’uso dei libri scritturali o loro versioni è
permesso agli studiosi di Teologia e Sacra Scrittura, purché fedeli e non
impugnanti il domina. 1401-1402. I Cardinali, i Vescovi, gli Ordinari non sono
tenuti alla proibizione e gli Ordinari possono permettere la lettura di quei
libri nei singoli casi, e se hanno facoltà generali, ne useranno con prudenza
e giusta causa. 1403. Chi gode d’
indulto apostolico di leggere e ritenere libri proibiti ha bisogno di
espressa licenza dell’Ordinario per libri da questo espressamente proibiti,
ed è obbligato a una grande cautela, perchè non vadano in mano di altri. 1404. I librai non
venderanno, impresteranno o riterranno libri osceni; per gli altri, previa
autorizzazione apostolica, saranno cauti per gli acquirenti. 1405. L’autorizzato
eviterà il pericolo spirituale proprio, e di simili pericoli gli Ordinari
istruiranno i fedeli. TITOLO XXIV Professione di fede. 1406-1408. Alla professione di fede sono tenuti: i
partecipanti ai Concili con voto, presso il Presidente e questi davanti al
Concilio; i promossi al Cardinalato davanti ai Capi d’Ordine e al Camerlengo;
i promossi Vescovi, Abati, Prelati nullius, Vicari e Prefetti Apostolici
davanti a un Delegato della S. Sede; il Vicario Capito lare al Capitolo; i
Dignitari e i Canonici alL’Ordinario e al Capitolo; i Consultori diocesani,
il Vicario Generale, i Parroci, i rettori, i professori, i suddiaconi,
censori, confessori, predicatori, il rettore di una Università davanti al
Vescovo o un Delegato; e presso il Rettore dell'Università gli altri
professori e chi ha conseguito gradi; i Superiori di una Religione clericale
davanti al Capitolo o al Superiore che li nominò. Chi lascia un ufficio e ne
assume un altro, giurerà nuovamente. Non è permessa la professione di fede
per procuratore o presso i laici ed è riprovato ogni uso contrario alle
disposizioni concernenti la professione di fede. PARTE V BENEFICI ED ALTRI ISTITUTI ECCLESIASTICI TITOLO XXV Benefici ecclesiastici. 1409-1410. Il beneficio è un Ente giuridico canonicamente
eretto in perpetuo, che da un ufficio sacro e diritto ai frutti. Ne formano
la dotazione la proprietà dell'Ente, prestazioni, oblazioni, legittimi
diritti di stola, corali distribuzioni esclusa la terza, se la prebenda è
tutta in distribuzioni. 1411-1412. I benefici sono: concistoriali, se si danno in
Concistoro; secolari o religiosi però quelli che sono fuori le Chiese e case
religiose si presumono secolari; doppi o residenziali semplici o non residenziali;
manuali, temporali ed amovibili, o perpetui ed inamovibili; curati o non
curati. Altri sono simili, ma non sono veri benefici, come le Vicarie
parrocchiali non perpetue; le cappellanie laicali, le coadiutorie, le
pensioni personali, le Commende temporanee che cessano con rinvestito. 1413. I canoni seguenti si riferiscono ai Benefici non
concistoriali, ai quali si applicano anche i can. 147 -195. CAPITOLO I COSTITUZIONE O EREZIONE DEI BENEFÌCI. 1414-1415. I Benefici Concistoriali sono eretti dalla S.
Sede Apostolica. Oltre il Romano Pontefice gli Ordinari possono erigere
benefici nel proprio territorio, salvo il can. 394; non però i Vicari
Generali senza mandato speciale. Così pure un Cardinale nel suo titolo, se
non è di religiosi clericali esenti. Non si erigeranno benefici senza
sufficiente reddito, e se la dote è in liquidi il Consiglio diocesano li
collochi in fondi o rendite. Senza dote, ma con prudente speranza di vitalità
possono erigersi parrocchie o quasi-parrocchie. 1416-1418. Prima di fondare un beneficio si sentiranno gli
interessati. Il fondatore può apporre condizioni contrarie al diritto, purché
oneste e non repugnanti, e queste ammesse non si cambieranno se non in favore
della chiesa e col consenso del fondatore o patrono; e si stenderà un atto
riguardante il luogo, la dote, i diritti e i doveri del beneficiato. CAPITOLO II UNIONE, TRASLAZIONE, DIVISIONE, DISMEMBRAZIONE,
CONVERSIONE E SOPPRESSIONE DEI BENEFICI. 1419 - 1420. L’unione dei benefici è estintiva, quando
diversi si fondono in uno; ugualmente principale; se l'unito non si sottopone
all’altro; meno principale ossia per subiezione o accessione, quando si
assoggettino a uno. Nell’estintiva rimangono diritti ed oneri compatibili;
nell’ugualmente principale passano ad un sol beneficiato chierico, a cui si
danno in titolo; nella meno principale l’acquirente ottiene l’accessorio con
il. principale, e ne assume gli oneri. 1421. La traslazione avviene da un luogo a un altro; con
la divisione se ne formano diversi; con la dismembrazione parte di uno si
assegna ad un altro beneficio, causa pia, ecc.; con la conversione se ne muta
la specie; con la soppressione si estingue. 1422-1423. Queste innovazioni sono riservate alla Sede
Apostolica e gli Ordinari possono solo per necessità o grande utilità
compiere unioni ugualmente o meno principali fra parrocchie o tra queste e un
beneficio non curato accessorio; non possono però unire la parrocchia con la
mensa capitolare, con Monasteri, persone morali, dignità, ecc.; ma per la
Cattedrale o Collegiale che fosse nella parrocchia, possono cedere i redditi
alla chiesa, riservando la congrua al parroco. Le unioni dall'Ordinario si
fanno in perpetuo. 1424. E richiesto anche l’assenso degli interessati, del
patrono, degli investiti; ma non possono unirsi benefici di diverse Diocesi
unite, nè Benefici esenti o riservati alla Sede Apostolica. 1425. Se la Sede Apostolica unisce una parrocchia ai
religiosi nel solo temporale, i religiosi partecipano ai frutti e il
Superiore ha diritto di presene tare un prete secolare all’Ordinario; se
l’unione è piena, il Superiore nomina un religioso, e il Vescovo rinveste e
rinvestito da lui dipenderà per la cura delle anime. 1426-1427. L’Ordinario può cambiare il luogo di una sede
parrocchiale; per le altre, se rovinano, le può trasferire alla matrice o ad
altre vicine, rispettando altari, titoli, Santi, emolumenti ed oneri. Può
anche smembrare parrocchie erigendo vicarie o nuove parrocchie e territori, e
a ciò basta la difficoltà di accesso o la moltitudine, provvedendo la nuova
coi redditi dell’antica, a cui lascerà il sufficiente. Se la nuova è fatta
coi beni della matrice, si darà a questa l’onore prestabilito dal Vescovo,
senza riserva del fonte battesimale. Se la nuova proviene da religiosi, non è
religiosa ed è libera, se la prima era patronale. 1428. Le unioni,
traslazioni, divisioni, dismembrazioni si faranno per iscritto, udito il
Capitolo e gli interessati, specie i rettori. Fatte senza cause, sono nulle,
e contro il Vescovo si può ricorrere alla Sede Apostolica in devolutivo. 1429. Non s’imporranno
pensioni sui benefici, ma nel con ferimento lo si può fare per il tempo del
la vita del beneficiato, salva sempre la congrua porzione. Alla parrocchia si
può imporre una pensione a favore del parroco che si ritira, non superiore
alla terza parte, detratte le spese. La pensione cessa col pensionato che non
può alienarla. 1430. Un beneficio
curato non si converte in non curato, nè uno religioso in secolare e
viceversa; però uno semplice si può convertire in curato, purché non vi si
oppongano le condizioni della fondazione. CAPITOLO III CONFERIMENTO DEI BENEFICI. 1431. Il Pontefice
ha diritto di conferire qualunque beneficio nella Chiesa e riservarsene il
conferimento. 1432. È fondato nel
diritto che spetti il conferimento al Cardinale nel suo titolo o Diaconia,
all’Ordinario nel proprio territorio; non già al Vicario Generale senza
mandato speciale, nè al Vicario Capitolare che per le parrocchie starà al
canone 435. Se l'Ordinario trascura di conferire un beneficio vacante,
passati sei mesi, è questo devoluto alla Sede Apostolica, salvo il can. 458. 1433. I Coadiutori
tutti sono di riserva della Sede Apostolica, salvi i can. 475, 476 1434-1435. I riservati non si conferiscono validamente
dagli inferiori. Oltre i benefici concistoriali e le Dignità sono riservati
alla Sede Apostolica tutti i benefici vacanti per morte, promozione,
rinunzie, traslazioni di Cardinali, Ufficiali maggiori delle S.
Congregazioni, Tribunali ed Uffici della Sede Apostolica, familiari d’onore
del Pontefice, e quando un beneficiato estraneo muore in Roma; i benefici
conferiti simoniacamente; quelli dove ha messo le mani il Pontefice. Però non
sono mai riservati i manuali o di diritto patronato. Per i benefici fondati
in Roma vigono leggi speciali. 1436-1438. Non si conferisce un beneficio a chi non lo
vuole, e niuno può conferirlo a se stesso, e il conferimento è a vita, salvo
diritto o indulto particolare. 1439. Non si possono accettare e ritenere più benefici
incompatibili, cioè i cui oneri non sono insieme soddisfacibili o dei quali
uno basta alla vita del beneficiato. 1440-1441. Il conferimento si fa senza diminuzione. Si
ritengono simoniache le deduzioni, i compensi o rilasci fatti nella provvista
al collatore, patrono, ecc. 1442. I benefici secolari si daranno ai secolari, i
religiosi ai religiosi. 1443-1445. Non si prenderà possesso da se, nè prima
d’avere emessa la professione di fede, quando è prescritta. Dei benefici non
concistoriali il possesso si dà all’Ordinario anche per delegazione. Il
possesso si prende secondo i canoni e le consuetudini. L’Ordinario che per
causa giusta ne può dispensare, fisserà il tempo e, questo passato, può
dichiarare vacante il beneficio. Il possesso può aver luogo per speciale
procuratore. 1446-1447. Se un beneficiato prova che possiede
pacificamente da tre anni in buona fede un beneficio, sebbene il titolo non
sia legittimo, lo può ritenere per legittima prescrizione. Chi postula un
beneficio da altri posseduto e che egli pretende dover essere vacante,
esporrà tutto con prove, e a lui non si concederà se non discussa e decisa la
causa in petitorio. CAPITOLO IV DIRITTO DI PATRONATO. 1448-1449. Il di ritto di patronato consiste in privilegi
con alcuni oneri concessi ai fondatori di chiese, cappelle o benefici o da
loro aventi cause. Esso è reale o personale; ecclesiastico, laicale o misto;
ereditario, familiare, gentilizio o misto. 1450-1451. In avvenire non se ne creeranno dei nuovi; ma
l'Ordinario potrà concedere ai fondatori suffragi temporanei o perpetui;
concedere la prima volta al fondatore o suo designato il beneficio. Procurerà
di ridurre al modo suddetto quelli che oggi sono patronali ed opponendosi i
patroni si osserverà quanto segue. 1452. Si tollereranno elezioni e presentazioni del popolo,
purché sia scelto uno fra tre designati dall'Ordinario. 1453. Il patronato personale non si può trasmettere agli
infedeli, pubblici apostati, eretici, scismatici: settari, scomunicati dopo
sentenza, e la trasmissione ad altri si fa con il consenso scritto
dell'Ordinario , salvo quanto è nel canone 1470. Il patronato reale vien
sospeso, se passa ad uno dei suddetti esclusi. 1454. Ogni patronato devesi provare legittimamente. 1455-1456. Siano privilegi dei patroni: presentare un
chierico, soddisfatti gli oneri, avere aiuto, se senza colpa è in miseria,
anche se avesse rinunziato al patronato, e la riservata pensione non gli
fosse sufficiente a vivere; avere, data la consuetudine, lo stemma in chiesa,
la precedenza, un posto privilegiato fuori del presbiterio e senza
baldacchino. La moglie esercita direttamente il suo diritto di patronato; i
minori per mezzo dei genitori o tutori; se questi sono acattolici, il diritto
resta sospeso. 1457-1462. La presentazione dovrà farsi al più presto o
almeno dentro quattro mesi dalla conosciuta vacanza o approvazione dei
concorrenti, se vi fosse concorso. Se la presentazione non è fatta a tempo
debito, ha luogo il libero conferimento. Se cè controversia, si sospende e
frattanto l'Ordinario mette un Economo. Se i patroni sono vari, si può
convenire per una alternativa, e approvata questa per iscritto
dall'Ordinario, non si potrà più mutare che con il consenso dei patroni. Se
la presentazione si fa collegialmente, prevale la maggioranza, e nel terzo
scrutinio, se vari ottennero il maggiore, ma uguali numeri di voti, si
intendono tutti presentati. Se i singoli aventi diritti non convengono
nell'alternativa, s’intende presentato ehi riportò più voti, e a parità si
considerano tutti presentati. Il patrono che ha più titoli ha altrettanti
voti, e può presentare diversi, Nessun patrono può escludere i già
presentati. Nessuno presenterà se stesso, nè otterrà la presentazione col suo
voto. In un concorso il patrono presenterà il vincitore. 1463-1464. Il presentato sarà canonicamente idoneo, e
della sua idoneità giudicherà l’Ordinario, previe debite ed anche segrete
informazioni, e non è tenuto a dare ragioni, se non accetta un presentato. 1465. In caso di rifiuto il patrono potrà presentare un
altro, e se questo non è riputato idoneo, ha luogo la libera scelta, eccetto
che il patrono dentro dieci giorni ricorra alla Sede Apostolica; allora,
sospeso tutto, l'Ordinario nomina un Economo. Se poi la presentazione fosse
infetta di simonia, sarebbe nulla con la conseguente provvista. 1466. Un presentato
regolarmente ha diritto all’investitura, che farà il Vescovo, non il Vicario
Generale senza speciale mandato. Fra vari presentati sceglie il Vescovo. 1467. Il
conferimento deve farsi dentro due mesi dalla presentazione, se nulla osta. 1468. Se il
presentato rinunzia o muore, il patrono potrà presentare un altro. 1469. Gli obblighi
dei patroni sono: avvisare F Ordinario se si dilapidano i beni senza
immischiarsi nell’ amministrazione : riedificare la chiesa e ripararla, se
non incombe ad altri; se il patronato viene da donazione, supplire i redditi
che fossero ridotti in modo da rendere impossibile il culto e il conferimento
del beneficio. Se la chiesa crolla ovvero dovendosi riparare, non basta il
reddito, si sospende il patronato. E se il patronato provvede in tempo,
rivivrà il patronato, diversamente si estingue. 1470. Il patronato
si estingue anche se il patrono rinunzia in tutto o in parte, senza danno dei
compatroni; se la S. Sede lo revoca, o se sopprime la chiesa o il beneficio;
in caso di prescrizione; se perisce la cosa sulla quale è fondato il diritto,
o si estingue la famiglia, la gente, la linea, nè si renderà ereditario; se
col consenso dei patrono si unisce ad altro di libera elezione, o se la
chiesa diventa elettiva o regolare; se il patrono simoniacamente tenta
trasferire il suo diritto, o diventa apostata, eretico, scismatico e usurpa i
beni; se uccide o mutila per se o per altri il beneficiato, o un chierico
addetto, nel quale ultimo caso il diritto si estingue anche per gli eredi,
previa sentenza declaratoria. I censurati o infami dopo sentenza non possono
esercitare il diritto di patronato nè goderne i privilegi. 1471. Quando la S. Sede concede una presentazione, ciò è
di stretta interpretazione e non se ne consegue un diritto di patronato. CAPITOLO V DIRITTI E DOVERI DEI BENEFICIATI. 1472-1474. Ogni beneficiato, preso possesso, gode gli
annessi diritti e pur possedendo altri beni può usare i frutti del beneficio,
adoperando il superfluo per i poveri e le cause pie. Se è richiesto un ordine
sacro, questo deve riceversi prima dei conferimento. 1475-1477. L’investito adempirà gli obblighi e reciterà
ogni giorno l’Ufficio e, se non impedito Temette, è tenuto per la rata alla
fabbriceria o al seminario o a una causa pia. Amministrerà i beni del
beneficio secondo i canoni, e se è negligente o in colpa, risarcirà i danni a
cui lo costringerà l’Ordinario; se è parroco, può essere rimosso. Le spese
ordinarie sono a suo carico; le straordinarie a chi spetta, secondo
convenzioni e consuetudini. Si provvederà però subito alle piccole
riparazioni per evitare necessità maggiori. 1478. Per mezzo dei
Vicari foranei l'Ordinario vigilerà che i beni e l'amministrazione siano ben
tenuti. 1479. Nei fitti non
si ammetteranno anticipazioni oltre un semestre e in casi straordinari
l'Ordinario eviterà un danno futuro. 1480. Eccetto
consuetudini o speciali statuti, F annualità si dividerà secondo la rata del
servizio tra il successore e T antecessore e in casi di morte tra i suoi
eredi. 1481. Dedotte le
spese e salvo il canone 472, i frutti del beneficio vacante per metà vanno al
beneficio, per metà alla fabbriceria o sagrestia, eccettuata la consuetudine
che li destini al bene comune
della diocesi. 1482. La mezza annata dove è rimarrà e [ se ne osserverà la
I consuetudine. 1483. Il Vescovo amministrerà diligentemente i beni della
Mensa Vescovile. Si conserverà e restaurerà la casa vescovile coi frutti
della Mensa, se ciò non incombe ad altri. Di più si redigerà un accurato
inventario dei mobili che dovranno trasmettersi tutti e sicuramente al
successore. CAPITOLO VI DIMISSIONE E PERDITA DEI BENEFÌCI. 1484-1486. L’Ordinario non ammetterà la rinunzia di un
beneficiato che altrimenti non potrà mantenersi e fermo il can. 584. Se il
beneficio è titolo d’ordinazione, ne è nulla la rinunzia senza la
dichiarazione esplicita e la sostituzione di un altro titolo. Una rinunzia a
favore altrui o con condizione che tocchi la provvista o i redditi, non si
ammetterà dall’Ordinario, eccetto che uno in favore di un altro rinunzi un
beneficio in litigio. 1487-1488. La permuta non è ammessa che per giusta causa,
senza danno altrui, col consenso del patrono e del?Ordinario, non già del
Vicario Generale senza mandato speciale o del Vicario Capitolare, e osservato
il can. 186. Questo consenso può darsi entro un mese e subito ha luogo la permuta.
Se uno dei benefici è riservato alla S. Sede, la permuta non può farsi
dall’Ordinario. La permuta si fa tra due benefici, escluso compenso, qualora
non fossero uguali. TITOLO XXVI Altri Istituti ecclesiastici non collegiali. 1489-1490. Gli ospedali, orfanotrofi e simili si possono
erigere dall’Ordinario e con decreto renderli persone giuridiche,
riconosciutane l'utilità e la consistenza. L’amministrazione dei beni, con
doveri e diritti di ogni amministratore ecclesiastico, è riservata ai propri
governatori. Il fondatore stabilirà il fine, la do te, l’amministrazione, il
governo, l’uso dei beni e la successione se si estingue. Si faranno due
esemplari delle tavole di fondazione, uno per l’Ente e l’altro per la Curia. 1491-1492. Questi istituti, anche se esenti, sono
sottoposti alla visita ordinaria; e anche senza personalità, o di religiosi,
sono sempre sotto la giurisdizione delL’Ordinario; se dipendono da una casa
di diritto pontificio, per quanto riguarda religione, costumi, pietà,
funzioni sacre. Se fossero esenti, può L’Ordinario chiedere i conti,
riprovata ogni consuetudine contraria e se ne sarà impedito dal fondatore,
non accetti la fondazione. 1493. Curi l’Ordinario T adempimento della volontà dei
fondatori. 1494. Senza permesso apostolico non si sopprimeranno,
uniranno o si muteranno tutti i suddetti istituti. PARTE VI BENI TEMPORALI DELLA CHIESA. 1495 - 1496. La Chiesa e la Sede Apostolica godono
dell’indipendente diritto di acquistare, ritenere, amministrare beni
temporali ai propri fini e ciò vale
per le singole chiese e persone giuridicamente erette. Ugualmente può esigere
dai fedeli il necessario al culto e alla vita dei Ministri, 1497. Sono beni I
ecclesiastici, tutti i beni temporali, immobili o mobili, appartamenti alla
Chiesa, alla Sede Apostolica o ad una persona morale ecclesiastica; e si
dicono sacri, se consacrati o benedetti; preziosi, se di valore per arte,
antichità o materia. 1498. Per Chiesa
s’intende o l’universale, o la Sede Apostolica, o una persona morale nella
Chiesa, se non consti il contrario. TITOLO XXVII Acquisto dei beni ecclesiastici. 1499. La Chiesa può
secondo il diritto naturale e positivo, come ogni altro, acquistare beni
temporali, il cui dominio appartiene alla persona morale acquirente, sotto
l’autorità della Sede Apostolica, 1500-1501. Diviso il territorio di una persona morale, si
dividono proporzionatamente i beni e gli oneri, salvi i diritti acquisiti e
le volontà dei fondatori. Se la persona morale si estingue, passerà tutto,
alle stesse condizioni, alla persona morale immediatamente superiore, 1502. Per le decime
e le primizie si osserveranno gli statuti e le consuetudini. 1503. I privati non
faranno questue per opere pie o istituti senza licenza scritta della S. Sede
e degli Ordinari. 1504. Ogni chiesa, beneficio, confraternita pagherà ogni
anno al Vescovo il cattedratico o piccola tassa, da determinarsi come
appresso, se già non lo è per consuetudine. 1505-1506. L’Ordinario oltre la tassa per il seminario e
la pensione beneficiale, può, se vi è necessità, imporre un piccolo tributo a
tutti i beneficiati. Altri tributi può solo imporre nell’atto di fondazione o
consacrazione, lasciando intatte le elemosine delle Messe manuali o fondate. 1507. Appartiene al
Concilio Provinciale o Convento dei Vescovi e previa approvazione apostolica
stabilire le tasse per gli atti di giurisdizione, i rescritti, i sacramenti e
sacramentali, fermo il can, 1909 per le tasse giudiziali. 1508. Le
prescrizioni delle leggi civili per l’acquisto e l’amministrazione dei beni
sono ammesse, salvi i canoni. 1509-1512. Non sono soggetti alla prescrizione; quanto è
di diritto divino, naturale o positivo; ciò che si può ottenere per
privilegio apostolico; i diritti spirituali per i laici incapaci, se la
prescrizione è in loro favore; i confini delle province, Diocesi, parrocchie,
vicariati, prefetture apostoliche, abbazie, prelature nullius; elemosine ed oneri
di Messe, benefici ecclesiastici senza titolo; diritto di visita e di
obbedienza; pagamento del cattedratico. Le cose sacre in dominio privato si
acquistano con prescrizione dei privati, ma non per usi profani; se
perdettero la consacrazione o la benedizione possono acquistarsi per usi
profani, ma non sordidi. Ciò che non è in dominio privato si può prescrivere
da persone morali contro le altre. Per prescrivere contro la S. Sede
occorrono cento anni; per le altre persone morali 30, ma supposta la continuata
buona fede. 1513-1514. Chi è capace a disporre può destinare in morte
e per dopo la morte i propri beni per cause pie; con atti che avranno le
formalità civili, e queste omesse si ammoniranno i fedeli perchè adempiano la
volontà del testatore. Le volontà dei fedeli a favore di cause pie si
adempiranno con ogni diligenza. 1515-1516. Gli Ordinari sono gli esecutori naturali e
devono con la visita invigilare affinché gli altri esecutori rendano conto a
loro. Le clausole contro questo diritto non reggono. Chi accetta; una
fiducia, ne avvertirà L’Ordinario, notificandogli tutti i beni; e se il
donante vuole impedirlo, non si accetterà la fiducia. L'Ordinario assicurerà
i beni fiduciari per le pie volontà. Per le fiduce ai religiosi, se sono per
le Diocesi, chiese o luoghi pii, L’Ordinario è quello del luogo; se
altrimenti, è quello del religioso. 1517. La riduzione, moderazione, commutazione per giusta
necessità appartiene alla Sede Apostolica, se il donatore non ha attribuiti
poteri speciali all'Ordinario. Diminuendo i frutti, può L’Ordinario in
proporzione diminuire gli oneri; ma per le Messe si deve sempre ricorrere
alla Sede Apostolica. TITOLO XXVIII Amministrazione dei beni ecclesiastici. 1518. Il Pontefice è l'amministratore supremo di tutti i
beni ecclesiastici. 1519-1521. Gli Ordinari devono vigilarne la retta
amministrazione, con opportune istruzioni. L’Ordinario creerà un Consiglio a
cui egli presiede con due o più periti scelti da lui, udito il Capitolo, se
altrimenti non sia provvisto per diritto o per consuetudine. Non ne faranno
parte parenti o affini dell’Ordinario in primo o secondo grado senza venia
apostolica. Ascolterà il loro voto, che salve eccezioni è consultivo. I
membri giureranno fedeltà davanti all’Ordinario. L’Ordinario assumerà anche altri prudenti ed idonei per qualche chiesa
o luogo pio, e li potrà cambiare ogni triennio. Se ne fa parte un laico,
rimane incolume il diritto di visita e controllo per l’Ordinario. 1522-1523. Gli amministratori, assumendo l'ufficio, devono
giurare fedeltà, sottoscrivere l'inventario esatto dei beni, osservando
quanto manchi o fu acquistato; un esemplare dell'inventario porlo in Archivio
e un altro in Curia, notandovi ogni cambiamento. Devono poi come buoni padri
di famiglia far sì che i beni si conservino e non de periscano; osservare le
prescrizioni del diritto, del fondatore, donatore, autorità legittima;
esigere e impiegare bene i redditi e proventi, collocare il superfluo con consenso
delL’Ordinario in prò della chiesa; ordinare i libri di introito ed esito;
redigere e custodire i documenti e parteciparli alla Curia per PArchivio. 1524. Tutti, specie gli ecclesiastici, daranno la dovuta
mercede agli operai curandone la pietà, la economia e non aggravandoli oltre
quanto possa il sesso e l’età. 1525-1527. Riprovata ogni contraria consuetudine, gli
Amministratoti devono rendere annualmente ragione all’Ordinario e se dovrà
farsi ad altri fra questi vi sia P Ordìnario o un suo delegato; altrimenti
non si è liberati dalla responsabiiità. Non si faranno liti senza licenza
delL’Ordinario, o se urge, del Vicario foraneo che lo comunicherà alF
Ordinario. E nullo ogni atto degli am ministrato ri oltre le loro facoltà, e
la chiesa non risponde di contratti conseguenti, se non in quanto al lucro
ricevuto. 1528. Sebbene gli
amministratori non siano tenuti a titolo di beneficio od ufficio
ecclesiastico, se, abbandonando arbitrariamente l’ufficio, pròducono del
danno alla chiesa, devono risarcirlo. TITOLO XXIX Contratti. 1529. Quanto è
stabilito per i contratti dalla legge civile, si osserverà agli effetti
canonici, salvo il diritto divino e canonico. 1530-1533. Per alienare si richiede: la stima di periti
per iscritto; necessità, utilità o carità; licenza del Superiore per la
validità, con altre cautele per evitare il danno della chiesa. Non si
alienerà al disotto della stima, e si farà possibilmente un concorso, cedendo
al miglior offerente. Il prezzo sarà collocato per la chiesa. Per Superiore
legittimo shntende la Sede Apostolica; per cose preziose o di valore
periziale sopra alle 30.000 lire; fino a mille lire l’Ordinario, udito, se
occorre, il Capitolo; tra mille e 30 mila l’Ordinario col consenso del
Capitolo, del Consiglio e degli interessati. Se la cosa è divisibile, si
indichino per la validità nella petizione le parti già ì alienate. Queste
solennità occorrono anche per i contratti che peggiorano le condizioni della
chiesa, 1534. La chiesa
gode di azione personale contro chi contrattò indebitamente e gli eredi;
reale contro il possessore, salvo il diritto del compratore contro chi
alienò. Contro un’alienazione invalida può agire l’alienante, il Superiore,
il successore e un chierico della chiesa danneggiata. 1535. I Prelati, i
rettori nelle donazioni di beni mobili della chiesa, eccetto le piccole cose,
saranno prudenti e si lasceranno guidare da pietà e carità, diversamente il
successore potrà revocarle, 1536. Quanto si dà ai rettori delle chiese anche
religiose, si suppone dato alla chiesa; nè senza licenza dell’Ordinario si
possono rifiutare delle donazioni; se no, si è tenuti ai danni; nè si può
revocare una donazione per l’ingratitudine del Prelato o rettore, 1537. Le cose sacre non si impresteranno per altri usi. 1538. Qualora i
beni si impegnino o si gravino di ipoteca o per un mutuo, il Superiore che ne
ha la licenza senta prima gli interessati e pròcuri che si estingua presto il
debito, fissandosi dall’Ordinario le rate annue. 1539. Nelle vendite
e permute si eviterà la simonia. Gli amministratori possono cambiare i titoli
al portatore in migliori o uguali, previo consenso dell’Ordinario, del
Consiglio e degli interessati. 1540. I beni non si
venderanno a parenti o affini di 1° e 2° grado, senza speciale licenza delF
Or dinario. 1541. Per le
locazioni di fondi e beni ecclesiastici siano chiare le condizioni per i
limiti, la cultura, il canone, la garanzia per 1’adempimento seguendo per la
somma di affitto quanto fu detto per le alienazioni e a seconda che le
locazioni siano sopra o sotto i nove anni. 1542. Per P
enfiteusi non è permessa la redenzione del canone che con licenza superiore e
un capitale rispondente al canone. Si avrà una cauzione delPenfiteuta per il
canone e altri impegni, sarà stabilito un arbitro per le controversie e si
dichiarerà che le migliorie cedono al suolo. 1543. Se la cosa è consumabile, sarà restituita
nell’equivalente senza nulla pretendere per il contratto si può però stabilire qualche compenso
legale o anche un maggior lucro, se vi è titolo proporzionato. TITOLO XXX Fondazioni pie. 1544. Fondazioni pie si intendono dei beni temporali dati
a una persona morale nella Chiesa con onere perpetuo o lungo con redditi per
Messe annuali, funzioni, opere di pietà o di carità. L’accettata fondazione
assume la natura di un contratto sinallagmatico — do ut facias. 1545-1547. L’Ordinario darà le norme per la somma e i
frutti di una pia fondazione, per la cui accettazione occorre il suo
consenso, che non darà se non è sicuro della persona morale, delF adempimento
degli oneri rispondenti agli usi della Diocesi e senza alcun diritto per il
patrono. I denari e i beni mobili dotati saranno assicurati e collocati bene
e con frutto a giudizio dell’Ordinario, udito il Consiglio e gli interessati. 1548-1549. Le fondazioni saranno scritte, tenendo un
esemplare del documento presso F opera e uno in Curia. Si redigerà una
tabella degli oneri da custodirsi dal rettore della chiesa e oltre il libro
di cui al can. 843, ne terrà un altro il rettore con gli oneri perpetui e temporali, elemosine per rendere ragione; di tutto
alL’Ordinario. 1550. Per le chiese
esenti i diritti degli Ordinari appartengono ai Superiori maggiori. 1551. La riduzione
degli oneri è riservata alla Sede
Apostolica se non consta il con itrario; nè Findulto di ridurre le Messe fondate si estende alle .
manuali o ad altri oneri. Un indulto
genera le per ridurre gli oneri, se non consta altrimenti, non si estenderà
alle Messe. LIBRO IV PROCESSI PARTE I GIUDIZI. 1552-1553. È giu. di zio ecclesiastico la discussione e
definì . zione di una contro. versia presso un Tri. bunale ecclesiastico in
materia di competenza della Chiesa; oggetto ne sono: far valere o rivendicare
diritti, dichiarare fatti giuridici di persone fisiche e morali, nei quali
casi il giudizio è contenzioso; ovvero delitti in ordine alla pena, ed allora
è criminale. La Chiesa ha diritto esclusivo a conoscere le cause spirituali
e, loro annes . se, le violazioni di leggi ecclesiastiche e dove ha luogo il
peccato, per determinare le colpe e punirle; le cause delle persone di foro
privilegiato. Nelle cause miste ha luogo la prevenzione. 1554. È punibile
chi deferisce al foro civile una causa di foro misto cominciata in foro
ecclesiastico, e rimane privato del diritto di agire in proposito in questo
foro. 1555. Il Tribunale
del S. Uffizio segue regole proprie obbligatorie per tutti nelle cause di sua
competenza; gli altri Tribunali osserveranno le norme seguenti; i religiosi
per le dimissioni si atterranno ai canoni 654'668. SEZIONE I GIUDIZI IN GENERE. TITOLO I Foro competente. 1556. Nessuno può giudicare la prima Sede. 1557-1558. Solo il Papa può giudicare i Capi di Stato, i
loro figli e immediati successori al governo; i Cardinali, i Legati e in criminale
tutti i Vescovi. Ai Tribunali della S. Sede è riservato giudicare in
contenzioso i Vescovi residenziali, le Diocesi e le persone morali che hanno
come Superiore immediato il Papa; le cause avocate al Papa le vede il giudice
da Lui designato. Nelle predette cause l’incompetenza di ogni altro è
assoluta. 1559. In prima
istanza si deve adire il giudice competente per uno dei titoli determinati
nei canoni 1560-1568. l’incompetenza del giudice privo di uno di essi
è relativa. L’attore segue il foro del reo e se i fori sono più, la scelta
spetta all’attore. 1560. Hanno foro
necessario le azioni di spoglio presso l’Ordinario dove è la cosa, le cause
beneficiarie presso quello del beneficio, le amministrazioni presso
l’Ordinario dove si svolgono, le eredità e i legati presso L’Ordinario del
domicilio del te statore, eccetto che si tratti di mera esecuzione, 1561-1563. Per ragione di domicilio o quasi domicilio
ciascuno può citarsi presso P Ordinario del luogo che ha giurisdizione sul
suddito anche assente. Il pellegrino in Roma può essere ivi citato, ma ha
diritto di chiedere la remissione al suo Ordinario; chi vi risiede da un anno
può esigere di essere giudicato in Roma, Il vago ha foro dove trovasi, ed il
religioso nel luogo della dimora. 1564-1565. Per le azioni reali si può adire L’Ordinario
del luogo dove sta la cosa; se vi è un contratto, L’Ordinario del luogo del
contratto, dell’adempimento o quello convenuto nel contratto, 1556. Per un delitto il reo ha foro nel luogo del fatto,
anche qualora se ne sia allontanato, 1567. Le cause connesse le vede il mede simo giudice, se
non lo vieta la legge, 1568. Quando ha
luogo la prevenzione, prevale il tribunale che prima ha citato. TITOLO II Gradi e specie di Tribunali. 1569. Chiunque e
sempre può ricorrere alla S. Sede, ma non viene perciò sospeso il giudizio in
corso del competente giudice, salvo appello o avocazione alla S. Sede, 1570. Fuori delle
riserve o avocazioni alla S. Sede, le cause le trattano i Tribunali ordinari.
Ogni Tribunale può chiedere Vaiuto di un altro che osserverà nei casi
particolari le norme prescritte. 1571. Chi ha
esaminato una causa in un grado, non lo farà in un altro. CAPITOLO I TRIBUNALE ORDINARIO DI PRIMA ISTANZA. Articolo I Giudice. 1572. In ogni
Diocesi e per tutte le cause non eccettuate è giudice di prima istanza
L’Ordinario. Se trattansi diritti o beni temporali del Vesco vo, della Mensa,
della Curia, la questione si dirime dal Tribunale composto
dall’ufficiale e due più anziani giudici sinodali o dal Tribunale superiore. 1573-1575. Ogni Vescovo sceglierà un ufficiale Giudice
ordinario che non sia il Vicario Generale, eccetto in piccole Diocesi o con
poche cause. L’Ufficiale forma un unico Tribunale col Vescovo, ma non gli
competono le cause riservatesi dal Vescovo. Sì possono aggiungere degli
aiutanti come viceuffi ciali, tutti sacerdoti integri, dottori in Diritto
Canonico o periti, di almeno anni trenta, amovibili ad nutum, non però in
sede vacante e da confermarsi a volontà del Successore. Lo U fficiale anche
Vicario Generale non cesserebbe in sede vacante; ma se è eletto Vicario
Capitolare, nominerà ufficiale un altro. In ogni Diocesi saranno eletti come
giudici sinodali o prò^ sinodali che si equivalgono, non più di dodici
sacerdoti integri e periti in Diritto, con potere delegato per le cause. Per
. la loro elezione, sostituzione, cessazione e remo zione valgono i can. 385,
388. Il giudice unico può assumere due assessori fra i giudici sinodali. 1576-1577. Riprovata ogni consuetudine contraria e
revocato ogni privilegio, le cause del vincolo dell’ordinazione e del
matrimonio, di diritti e beni temporali della cattedrale, criminali circa la
privazione di beneficio inamovibile, di scomuniche, si tratteranno da un
collegio di tre giudici; di cinque le cause di deposizioni, privazioni
perpetue di abito e degradazione. L’Ordinariò può affidare altre cause
importanti a questi due collegi, anzi è bene lo faccia per le più difficili.
Egli generalmente per turno nomina i giudici del collegio per le singole
cause. Si procederà collegialmente e a maggioranza di voti, sotto la
presidenza e direzione delPufficiale o del supplente. 1578. Il Vescovo
può giudicare personalmente, fatta eccezione per le cause di cui sopra, nel
can. 1572; ma è meglio che rimetta al Tribunale ordinario le cause
contenziose gravi e le criminali. 1579. Per i
religiosi clericali esenti è giudice il Provinciale, per un monastero il suo
Abate; fra due Province in prima istanza il Superiore Generale; fra due
monasteri il Superiore della Congregazione monastica; però fra persone di
diversa Religione e tra religiosi della medesima non esente o laicale o tra
religiosi e chierici secolari o laici sarà giudice l’Or dinario del luogo. Articolo II Uditori e Relatori. 1580-1583. L'Ordinario può stabilire uno o più Uditori o
Istruttori degli atti, fissi o per determinate cause. Il Giudice li può
scegliere solo per la causa che tratta, se non stabilì altrimenti
l'Ordinario. Possibilmente saranno scelti fra i giudici sinodali, e nelle
Religioni fra i propri membri. Essi citano e ascoltano i testim oni,
istruiscono gli atti, ma non pronunziano sentenza definitiva. Un Uditore con
ragione e senza danno può rimuoversi in qualunque momento. 1584. Il Preside del collegio sceglierà fra i giudici un
Ponente o Relatore per riferire e redigere in iscritto la sentenza; egli può
sostituirlo con un altro. Articolo III Notaro, Promotore di giustizia e Difensore del vincolo. 1585. Ci sarà un Notaro per redigere gli atti, o almeno
sottoscriverli, che altrimenti son nulli; il giudice prima di iniziare il
dibattito ne sceglie uno fra gli stabiliti, qualora non ne abbia assegnato un
altro VOrdinario. 1586-1588. In Diocesi vi sia il Promotore di giustizia e
il Difensore del vincolo, quello per il pubblico bene nelle cause civili e
criminali, questo per difendere il vincolo dell’ordinazione e del matrimonio.
Se non sono citati quando è necessaria la loro presenza, sono nulli gli atti,
a meno che di fatto intervengano. Se citati mancano a qualche atto, questo
vale, ma essi devono esaminarlo per fare ossensazioni e proposte a voce o per
iscritto. Uno solo può tenere le due mansioni e possono costituirsi o in modo
generale o per le singole cause. 1589-1590. È dell’Ordinario sceglierli fra sacerdoti
integri dottori o periti in Diritto Canonico, prudenti, zelanti, e per i
religiosi saranno della stessa Religione. Se scelti per tutte le cause,
persistono sede vacante, ma occorre la conferma del successore; il Vescovo
con causa può rimuoverli. Articolo IV Cursori e Apparitori 1591-1593. Vi saranno Cursori che intimano gli atti per
tutte le cause o per alcune determinate e Apparitori per Pesecuzione di
sentenze e decreti. Un medesimo può esercitare i due uffici. Saranno dei
laici se non si preferisce un ecclesiastico in qualche causa; per quanto li
riguarda, si seguono le norme dei Notari. I loro atti fanno fede. Capitolo II Tribunale ordinario di seconda istanza. 1594. Dal Tribunale suffraganeo si appella al
metropolitano; da questo all’ordinario già scelto con approvazione pontificia.
Per un Arcivescovo o uno immediatamente s o g g et to si va al Metropolita,
di cui al canone 285. Per gli esenti dal Provinciale si appella al Generale,
dall’Abate locale al Superiore della Congregazione monastica. 1595-1596. Il Tribunale d’appello è costituito in tutto
come per la prima istanza. Se fu collegiale il primo, collegiale sarà
ugualmente il secondo. CAPITOLO III TRIBUNALI ORDINARI DELLA SEDE APOSTOLICA. 1597. Il Papa è
giudice supremo per tutta la Chiesa; Egli giudica da se o per i Tribunali e i
Giudici da Lui delegati. Articolo I Sacra Romana Rota. 1598. L’ordinario
Tribunale Pontificio di appello è la S. Romana Rota, collegiale con Uditori
presieduti da un Decano, primo fra pari. Gli Uditori saranno sacerdoti
laureati in utroque iure, scelti dal Pontefice; agiscono per turni di tre o
tutti insieme, se non è altrimenti stabilito dal Pontefice. 1599-1600. La Sacra Rota giudica per appello tutte le
cause giudicate in prima istanza presso gli Ordinari, in ultima istanza le
sue cause e ogni altra di qualunque Tribunale giudicata in seconda o
ulteriore istanza e che non sia passata in giudicato. In prima istanza
giudica anche le cause di cui al can. 1557 ed altre commessele dal Papa, e
queste anche per turni in seconda e in terza istanza. Sono escluse da questo
Tribunale le càuse maggiori. 1601. Contro i Decreti degli Ordinari non si dà appello ,
alla Rota, ma ricorso alle Sacre Congregazioni. Articolo II Segnatura Apostolica. 1602-1605. Il supremo Tribunale della Segnatura Apostolica
è composto di Cardinali, di cui uno è Prefetto. Esso esamina con potestà
ordinaria le violazioni di segreto e danni cagionati dagli Uditori, le
eccezioni di sospetto contro di essi, le querele di nullità contro sentenze
rotali, le domande di restituzione in integro contro sentenze rotali passate
in giudicato, o matrimoniali che la Ro ta ricusi di rivedere, i conflitti di
competenza fra Tribunali inferiori, a norma del can. 1612, § 2. Con potestà
delegata esamina le domande per ottenere la commissione per la Rota. La
medesima Segna' tura giudica in appedo le cause criminali contro gli Uditori.
Nelle cause di sospetto contro un Uditore decide sulla recusazione e rimanda
il giudizio alla Rota. Nelle cause del canone 1603, § 1, n. 3, 4 e 5 decide
se la sentenza è nulla, se vi è luogo alla restituzione in integro e se si
ammette il ricorso, e rimanda alla Rota, se il Papa non provvede altrimenti.
Esamina anche le preci ad Essa rivolte e decide se accettarle o meno. Le sue
sentenze valgono anche senza esposizione delle ragioni in fatto e diritto. Se
crede, può darle secondo le sue norme. CAPITOLO IV TRIBUNALE DELEGATO. 1606-1607. I giudici delegati seguiranno i can. 199, 207,
209. Un delegato dalla S. Sede può adibire gli ufficiali della Diocesi ove
giudica, ma può servirsi di chi vuole, salve contrarie disposizioni. Un
delegato dall’ Ordinario li adibirà, se il Vescovo in casi gravi non decide
altrimenti. TITOLO III Regole dei Tribunali. CAPITOLO I UFFICIO DEI GIUDICI E MINISTRI DEI TRIBUNALI. 1608-1612. Il giudice competente non può negare il suo
ministero, se legittimamente richiesto. Prima di citare alcuno, vedrà se egli
è competente e se Fattore ha diritto a stare in giudizio, senza bisogno che
di ciò si riferisca in atti. Se è impugnata la sua competenza, egli la
esamina e dichiaratala, ciò è senza appello. Se si dichiara incompetente, la
parte che si reputa lesa ha dieci giorni per appellare al Tribunale
superiore. In qualunque momento il giudice si stimi assolutamente
incompetente dovrà dichiararlo. Nel conflitto di competenza fra due o più
giudici, decide il Tribunale immediatamente superiore. Se il conflitto è tra
giudici sottoposti a vari Tribunali superiori, tra questi prevale quello il
cui giudice ricevette prima l’istanza; se non c’è Tribunale superiore,
giudica o il Legato della S. Sede o la Segnatura Apostolica. 1613-1617. Il Giudice, il Promotore e il Difensore del
vincolo non tratteranno cause che possono interessarli per consanguineità o
affinità, tutela o cura, intimità, odio, lucro o danno o cause nelle quali
furono avvocati o procuratori. Se si oppone sospetto contro un giudice
delegato unico o collegiale o la di lui maggioranza, definirà la cosa il
Delegante; se contro l’uno o l’altro anche Preside, la definiranno gli altri
delegati non sospetti; se contro un Uditore rotale, vedrà la Segnatura; se
contro l’Ufficiale, il Vescovo; se contro un Uditore, il giudice principale.
Se è giudice P Ordinario e gli si eccepisce contro, egli o si asterrà o
rimetterà la questione all’immediato giudice superiore. Se il sospetto è
contro il pro motore o difensore del vincolo o altri ministri, vedrà il
Preside o il giudice. Ammessa Feccezione di sospetto, si muteranno le
persone, non il gradò del giudizio, e la sostituzione la fa l’Ordinario; se
egli è sospetto, giudicherà il superiore. Il sospetto si definirà subito,
udite le parti, il promotore, il difensore del vincolo, se intervengono e non
sono essi i sospetti. Quanto al tempo per proporre la eccezione, si starà al.
can. 1628. 1618-1619. Negli affari privati il giudice procederà solo
ad istanza delle parti; nei delitti e cose pubbliche per la Chiesa e le anime
anche d’ufficio. Il giudice non supplirà prove ed eccezioni, se non si tratti
di bene pubblico 6 delle anime. 1620. Si mandino avanti le cause e non si protraggano
nella prima istanza oltre i due anni, nè oltre uno nella seconda. 1621-1622. Eccetto il Vescovo, coloro che prendono parte
nelle cause giureranno fedele adempimento presso l’Ordinario o il giudice che
li ha scelti o un loro delegato, e ciò prima di assumere l’ufficio se
stabili, prima della causa se pèr incarico. Anche un Delegato della Sede Apostolica
o l’Ordinario religioso esente, costituito il Tribunale, deve giurare
presente il notaro che ne redigerà l’atto. Il giuramento si fa invocando il
nome di Dio e toccandosi il petto se si è sacerdoti, il Vangelo se laici. Il
giudice ricordi la santità del giuramento, il delitto di violazione, le pene
conseguenti per gli spergiuri. Si fa secondo la forinola, presenti le parti,
se loro interessa. 1623-1624. Nei giudizi criminali sem pre, nei contenziosi
se ci fosse danno, sono tutti tenuti al segreto, al quale sono anche
obbligati quelli che fanno parte di un T ribunale collegiale, prima della
sentenza e sulle discussioni e pareri. Il giudice quando lo crede necessario,
può imporre il segreto a tutti con giuramento. Giudici e ministri non
accetteranno regali. 1625. Chi viola i
suddetti obblighi è tenuto ai danni, e l’Ordinario, o se di lui si tratta, la
S. Sede ad istanza della parte o d’ufficio può punirlo anche con la
privazione della carica. La violazione del segreto è punita con multa e altre
pene, non esclusa la privazione delLufficio. Lo stesso vale per gli ufficiali
e uditori. 1626. Se il giudice
teme che l’attore disprezzerà la sentenza contraria, potrà obbligarlo a una
cauzione. CAPITOLO II ORDINE DELLE PONENZE. 1627. Giudici e
Tribunali devono trattare le cause secondo l’ordine di presentazione, eccetto
speciale urgenza dichiarata per decreto del giudice. 1628-1629. Le eccezioni dilatorie si propongono e
discutono prima della contestazione, se non sor. te dopo o si dichiari con
giuramento es? sere state conosciute dopo. La eccezione di incompetenza
assoluta si può opporre sempre; quella di scomunica, prima della sentenza:
anzi i vitandi, i dichiarati o condannati si escluderanno sempre d’ufficio.
Le eccezioni perentorie ossia di lite finita si discutono prima della
contestazione; chi le porta tardi se non si escludono ne pagherà le spese,
eccetto che provi la buona fede. Altre eccezioni perentorie debbono
presentarsi dopo la contestazione e si esaminano come questioni incidentali, 1630. Le azioni riconvenzionali basta proporle dopo la
contestazione, ma utilmente in qualunque momento prima della sentenza; si
discutono con Fazione convenzionale, se non si crede più opportuno farlo
separatamente, 1631. Le questioni di cauzione per le spese o di gratuito
patrocinio o altre, si discutono regolarmente prima della contestazione. 1632-1633. Se, posta la questione principale, ne sorge
qualcuna pregiudiziale che si reputa essenziale, questa si discuterà prima
dal giudice. Se sopravvengono questioni incidentali, si svolgono quelle che
agevolano la soluzione della principale. Se non hanno nesso fra loro, si
discuteranno secondo Lordine della proposta; Fazione di spoglio va subito
definita. CAPITOLO III TERMINI PER DILAZIONI E FATALI. 1634-1635. I fatali cioè i termini legali per le liti, non
possono prorogarsi; però i termini giudiziali e convenzionali, prima che
scadano, possono per giusta ragione prorogarsi dal giudice, udite o
chiedendolo le parti, purché non si rendano prolisse le liti. Se il giorno
fissato è vacanza, il termine s’intende pròrogato al seguente. CAPITOLO IV LUOGO E TEMPO DEL GIUDIZIO. 1636-1637. Sebbene il Vescovo possa giudicare dovunque non
c’è esenzione, pure stabilirà un. aula ordinaria e in questa siavi il
Crocefisso e il Vangelo. Un giudice ingiustamente espulso o impedito può
svolgere altrove Tuffi ciò suo, avvertendone il Vescovo. 1638-1639. L’Ordinario con decreto stabilirà i giorni e le
ore per le sedute e l’amministrazione della giustizia. Però per giusta causa
e non potendosi aspettare, si può in ogni tempo invocare T intervento del
giudice per la propria o la pubblica tutela. Vi è vacanza nelle feste; gli
ultimi tre giorni della Settimana Santa, nei quali nulla si farà se non per
necessità, carità o bene pubblico da riconoscersi dal giudice nei singoli
casi. CAPITOLO V PERSONE AMMESSE ALLE DISCUSSIONI E REGOLE PER REDIGERE E
CONSERVARE GLI ATTI. 1640. Sono esclusi
dalle discussioni gli estranei e ammessi coloro che il giudice stimerà
necessari. Se tra i presenti qualcuno mancherà di riverenza e rispetto, può
richiamarsi dal giudice con censure e pene, e per gli avvocati e procuratori
anche con la privazione del loro eserezio. 1641. Se alcuno
ignora la lingua, si adibirà un interprete giurato, designato e non eccepito. 1642-1644. Gli atti della causa e del processo devono
scriversi possibilmente in lingua latina; in volgare le interrogazioni, le
risposte e simili. I singoli fogli saranno numerati e bollati. Il termine o
Tinterruzione saranno notati e sottoscritti dal no taro, dal giudice o
preside. Se la parte 0 il teste non vuole o non può sottoscrivere, gli si
legga notandolo in atti. In appello si rimetteranno tutti gli esemplari degli
atti, integri e firmati; se ciò non si può, si manderanno al Tribunale
superiore gli originali cautamente; ignorandosi la lingua volgare, si
manderanno in latino. Se non sono redatti bene, possono rifiutarsi e il
colpevole pagherà le spese delle nuove copie. 1645. Finito il
giudizio, i documenti si restituiranno alle parti, eccetto nelle etiminali,
se il giudice stima ritenerne qualcuno. I documenti si conservano in Curia
nelrArcKivio pubblico o segreto. I notari, gli attuari, il cancelliere non
rilasceranno copie di atti o documenti processuali senza mandato del giudice.
Le lettere anonime e le calunniose dovranno distruggersi. TITOLO IV Parti in causa. CAPITOLO I ATTORE E CONVENUTO. 1646. Chiunque, non
impedito, può agire in giudizio e il legittimamente con' venuto deve rispon'
dere. 1647. Ancorché
entrambi stabiliscano un procuratore o avvocato, devono presentarsi secondo
le prescrizioni del diritto e del giudice. 1648. Per i minori o minorati rispondono i genitori,
tutori o curatori. Se i loro diritti sono contrastanti o essi sono lontani o
impediti, si nomina un curatore dal giudice. In cause spirituali o connesse i
minori, se hanno raggiunto Fuso della ragione, non hanno bisogno di consenso
per agire e rispondere; compiti i 14 anni, lo possono anche da sé: altrimenti
lo farà il tutore stabilito dall’Ordinario o un loro procuratore. 1649. A nome di
coloro di cui al can. 100, sta in giudizio il Rettore o l’Amministratore; in
contrasto di diritti, un procuratore designato dall’Ordinario. 1650-1651. Gli interdetti o deboli di mente possono da sé
rispondere solo per delitti propri o per mandato del giudice, altrimenti per
mezzo dei curatori. Si ammette un curatore stabilito dall. autorità civile,
consentendo F Ordinario delPinteressato, che può nominarne un altro. 1652. I religiosi senza consenso dei Superiori possono
stare in giudizio solo per la difesa dei diritti della loro professione
contro la Religione, se vivono legittimamente fuori del chiostro e urge la
difesa, o per denunciare il Superiore, 1653-1654. Gli Ordinari possono rappresentare la
Cattedrale e la Mensa, ma udito il Capitolo o Consiglio amministrativo e
avuto il consiglio o consenso nel caso di alienazione di denaro secondo il
canone 1532, I beneficiati possono agire e rispondere per il loro beneficio,
I Prelati e Superiori di Capitoli, Sodalizi e altri Collegi devono avere il
consenso del loro Ente; in caso contrario, gli Enti possono ripeterne i
danni. In difetto però degli obbligati, può agire P Ordinario anche per mezzo
di altri, I Superiori religiosi non possono agire che secondo le proprie
Costituzioni, Gli scomunicati vitandi o tollerati dopo la sentenza possono
agire contro la giustizia o legittimità della scomunica; per danni spirituali
lo faranno per mezzo di procuratore; nel resto sono esclusi. Altri
scomunicati possono agire. CAPITOLO II PROCURATORI PER LITI ED AVVOCATI. 1655. In criminale il reo avrà un avvocato scelto da se o
dal giudice. Lo stesso in contenzioso per i minori o in cause di bene
pubblico, potendo il giudice aggiungerne ancora un altro. In altri casi
ognuno può agire direttamente o per avvocati e procuratori, specialmente se
ciò è creduto necessario dal giudice. Il Vescovo, in causa, nominerà un
procuratore. 1656-1658. Può scegliersi un solo Procuratore; che non può
farsi sostituire senza speciale facoltà. Se ne fossero costituiti diversi, ha
luogo fra loro la prevenzione. Gli avvocati possono essere insieme diversi,
ma un medesimo avvocato può fare anche da procuratore. Essi saranno
cattolici, maggiorenni, probi, e solo per eccezione o per necessità, si può
ammettere un acattolico. L’avvocato sarà dottore o perito in Diritto
Canonico; si può ammettere un religioso in cause della propria Religione.
Purché idonei, ognuno può scegliersi gli avvocati e il procuratore; però
l’avvocato deve essere approvato dall’Ordinario o in generale o per
determinata causa. In un giudizio presso un Delegato della S. Sede, questi
approva e ammette l’avvocato. Procuratore o avvocato in un Tribunale
religioso deve essere un alunno della Religione, approvato dal giudice; se il
Tribunale è dell’Ordinario, si può ammettere un estraneo, 1659-1660. Il procuratore sarà ammesso dal giudice dopo
che presenterà uno speciale mandato firmato dal mandante; se questi è
illetterato, lo supplirà il parroco o il notare della Curia o due testi,
sottoscrivendo; questo mandato si conserverà negli atti. 1661. Anche
all’avvocato occorre una speciale commissione. 1662. Il
procuratore non può senza un mandato speciale rinunziare all’azione,
all’istanza o agli atti giudiziali; nè fare ciò per cui si richiede un
mandato speciale. 1663-1666. Il procuratore e l’avvocato possono con causa
rigettarsi dal giudice o d’ufficio o a richiesta delle parti. Li rimuove chi
li ha messi, salvi i loro diritti; ma per l’effetto è necessario intimarlo a
loro e se dopo la contestazione della lite, notificarlo al giudice e
all’avversario. Appellare dalla definitiva sentenza spetta al procuratore. Ad
entrambi è vietato comprare la lite o pattuire esorbitanti compensi o
porzioni delle liti. Se ciò fanno è nullo e dal giudice si possono multare;
l’avvocato può essere sospeso e se recidivo, anche destituito e privato del
titolo. Chi si lascia corrompere per doni, promesse e simili, sarà
allontanato e punito con multa, oltre i danni da rifare. TITOLO V Azioni ed eccezioni. 1667-1671. Ogni diritto, se non è stabi' lito altrimenti,
è munito di azione e di eccezione per se perpetua. Chi rivendica una cosa o
fa valere un diritto basato sulla legge, ha azione petitona; chi ne domanda
il possesso, ha azio. ne possessoria. Ogni attore può cumulare le azioni
attenendosi alla competenza del Tribunale. Il reo può opporre varie eccezioni
anche contrarie. L'attore può cumulare Fazione petitoria e possessoria,
purché non si tratti di azione di spoglio, e ugualmente il convenuto in
petitorio può reagire contro Fattore in possessorio e viceversa. L'attore
prima della conclusione in causa può passare dal petitorio al possessorio,
anzi il giudice glielo può concedere dopo la conclusione, ma prima della
sentenza definitiva. Il giudice può anche definire le due cose con unica
sentenza, o prima una e poi l'altra, secondo stimi più conforme al diritto. CAPITOLO I SEQUESTRO E PROIBIZIONE DI ESERCITARE UN DIRITTO. 1672-1675. Chiunque prova aver diritto a una cosa e teme
danno se non è custodita, può per mezzo del giudice ottenerne il sequestro o
impedire l'esercizio di un diritto. Ciò può fare il giudice d’ufficio e
specialmente a richiesta del promotore o difensore del vincolo per il bene
pubblico. Se consta dei diritti di un creditore, si può ordinare il sequestro
del credito, sequestro che può estendersi a depositi presso altri o ad ogni
altra cosa; non però se il danno può altrimenti ripararsi, offertane
cauzione. Le parti, d’accordo, incaricheranno un sequestratario a custodire
la cosa sequestrata e riconsegnarla intatta a chi di diritto; in caso di
contrasto, costui è scelto dal giudice, il quale, a richiesta, gli assegnerà
un compenso. CAPITOLO II AZIONI PER DENUNCIA DI NUOVI LAVORI O PER DANNI. 1676-1677. Chi teme danno per un nuovo lavoro, può denun
ciarlo al giudice perchè venga sospeso finché sia data la sentenza sui
diritti delle parti. Il convenuto può ottenere frattanto la continuazione del
lavoro con cauzione di rimettere, occorrendo, tutto come prima. Al
denunziante sono concessi per le prove due mesi che possono prorogarsi o
ridursi dal giudice. Lo stesso dicasi nel caso di una vecchia opera che
subisca notevoli alterazioni. 1678. Chi teme un danno per rovina di edificio, di un
albero o altro, ha azione di danno non fatto, per evitare il pericolo e
ottenerne cauzione. CAPITOLO III AZIONI PER NULLITÀ DI ATTI. 1679-1682. Contro la nullità di un atto o contratto si può
agire per ottenerne la dichiara zione. Un atto è nullo quando ne mancano le
parti essenziali o le condizioni richieste sotto pena di nullità. Questa non
nuoce ai precedenti o conseguenti, indipendenti dall. atto. L’ autore di un
atto nullo è tenuto ai danni e alle spese verso le parti lese. Il giudice non
dichiarerà d’ufficio la nullità dell’atto, se non si tratta di interesse
pubblico o di poveri o minori ed equiparati. 1683. Un giudice inferiore non s’inframetterà in atti o
strumenti confermati dah la S. Sede Apostolica, se non riceve da quella un
mandato. CAPITOLO IV AZIONI RESCISSORIE E RESTITUZIONI IN INTEGRO. 1684-1686. Chi è stato mosso da timore grave o dolo ad un
atto o contratto non nullo per se, può sperimentare un’azione rescissoria;
ciò inoltre dentro due anni, se il danno supera la metà del contratto. Questa
azione si può proporre anche contro l’autore materiale del timore o dolo;
contro un conseguente possessore di buona o mala fede, salvo a questo il
diritto di reagire contro chi ne fu la prima causa. Se chi cagionò il timore
o dolo spinge alf esecuzione, la parte lesa può muovere azione di timore o di
dolo. 1687-1689. Ai minori ed equiparati, eredi e successori è
concessa per lesione in affare valido ma rescindibile, anche la restituzione
in integrò. Ciò è concesso anche ai maggiorenni a cui senza causa e colpa
venne meno razione rescissoria o altro rimedio ordinario. Per queste
restituzioni è competente il giudice di colui contro cui si chiede, dentro il
quadriennio della raggiunta maggiore età, se si tratta di minori; dalla
lesione e cessazione d’impedimento, se si tratta di maggiorenni o di persone
morali. Ai minori o equiparati può concederla anche di ufficio il giudice,
sentito o richiedendolo il promotore di giustizia. Con la restituzione tutto
torna all’inizio, salvi i diritti acquisiti in buona fede, prima della do
manda. CAPITOLO V MUTUE PETIZIONI O AZIONI RECONVENZIONALI. 1690-1692. Se il convenuto r ea gi s c e presso lo stesso
giudice contro l’attore, ha luogo la reconvenzione. Non è ammessa la
reconvenzione della reconvenzione. La reconvenzione ha luogo nelle cause
contenziose che non siano di spoglio, non mai nelle cause criminali. Quest’azione
si propone presso il giudice primo, purché non ne sia del tutto incompetente. CAPITOLO VI AZIONI O RIMEDI POSSESSORI. 1693-1696. Chi ne ha titolo può chiedere il possesso di
una cosa o Teserei zio di un diritto. E alTazione o eccezione possessoria giova
anche a detenzione. Chi per un anno ha il possesso di una cosa o il
quasi-possesso di un diritto, se molestato ha Fazione per ritenerne il
possesso; l’esercizio di questo diritto non è ammesso che dentro un anno
dalla molestia. Anche chi per violenza, di nascosto o precariamente possiede,
può agire per ritenere il possesso, non però contro colui dal quale Fha tolto
in quei modi. Questo vizio può opporsi dal promotore di giustizia in cause di
bene pubblico. 1697. Tra due possessori litiganti prevale chi dentro
Fanno abbia compiuti più atti possessori. Nel dubbio il giudice attribuirà il
possesso indiviso ad entrambi e se ciò non è possibile, si depone la cosa
presso un sequestatario o si sospende il quasi-possesso del diritto lino
all’esito in petitorio. 1698-1699. Chi fu privato violentemente o di nascosto del
possesso o quasi-possesso, ha contro Fautore azione di ricupero o eccezione
per lo spoglio. Quest’azione non è ammessa dopo un anno, l’eccezione invece è
perpetua. Lo spogliato nell’azione o eccezione di spoglio non risponde se non
dopo rimesso nel possesso; ciò che ottiene, subito provato lo spoglio. Se per
la restituzione si teme un pericolo, il giudice richiesto può sospenderla e
ordinare il sequestro della cosa o della persona fino alla definizione in
petitorio. 1700. I giudizi possessori per ritenzione o ricupero si
definiscono citando la parte avversaria; quelli per ottenere il possesso,
citando tutti gli interessati. CAPITOLO VII ESTINZIONE DI AZIONE. 1701. In contenzioso le azioni reali o personali si
estinguono per prescrizione, mai quelle sullo stato delle persone. 1702-1703. Ogni azione criminale cessa per la morte del
reo, per legittima condonazione o passato il tempo utile per agire. Fermo
quanto appartiene al S. Uffizio, un’azione criminale si può proporre entro un
triennio, eccettuate le azioni per ingiurie che si estinguono in un anno;
quelle qualificate contro il VI e VII comandamento di Dio, in un quinquennio;
quelle per simonìa o omicidio, in un decennio. 1704-1705. Prescritta Fazione criminale, non si prescrive
la contenziosa per i danni e l’Ordinario può applicare i rimedi del can. 2222.
In contenzioso la prescrizione decorre dal momento in cui si potè agire; in
criminale dal commesso delitto. Se questo ha tratto successivo, si comincia a
prescrivere lessando questo tratto. In un delitto abituale e continuo, dopo
Fui timo atto, e il reo è tenuto anche per quelli connessi, quand’anche
singolarmente siano prescritti. TITOLO VI INTRODUZIONE DELLA CAUSA. CAPITOLO I LIBELLO INTRODUTTORIO DELLA LITE. 1706-1707. Chi vuole agire deve presentare un libello
esplicativo del diritto per cui invoca il ministero del giudice. Chi non sa
scrivere, o è impedito, può farlo a voce davanti al Tribunale, e ciò può
anche ammettersi nelle questioni di poca importanza; il no taro redigerà
sempre tutto, leggendolo all’attore affinchè lo approvi. 1708. 11 libello introduttorio esprimerà il giudice, chi e
che cosa chiede, indicando generalmente le ragioni, il diritto, tutto
sottoscritto dall’attore o procuratore con giorno, mese, anno, abitazione o
residenza. 1709-1710. Il giudice o il Tribunale al più presto
ammetterà l’istanza o la rigetterà dandone le ragioni. Se il libello è
rigettato per vizi sanabili, l’attore ne può presentare un altro e se il
giudice ancora rigetta, ne deve dire il perchè. Contro rigetto si dà ricorso
entro dieci giorni, che sarà subito definito dal Tribunale superiore, udita
la parte, il promotore e il difensore del vincolo. Se il giudice tarda oltre
un mese per la ammissione o il rigetto, l’interessato può insistere e se non
si risponde dentro altri cinque giorni, si può ricorrere all’Ordinario e
contro questo al Tribunale superiore, perchè si costringa il giudice o lo si
sostituisca. CAPITOLO II CITAZIONE E DENUNCIA DEGLI ATTI GIUDIZIALI. 1711-1713. Ammessa la domanda, si cita Paltra parte. Se le
parti si presentano da se, non si citano, ma il notaro ne prenderà atto. La
citazione si fa dal giudice e si allega al libello; si denunzia al reo o ai
rei e si notifica alP attore perchè nel giorno ed ora stabiliti si presentino
al giudice. Se la lite è mossa contro chi non ha libera amministrazione delle
cose controverse, si cita chi è tenuto ad agire per lui. 1714. Ogni citazione è perentoria e non si ripete che nel
caso del can. 1845. 1715-1717. La citazione si denunzia per scheda, con le più
minute indicazioni, luogo e tempo della comparsa, che sigillata sarà
sottoscritta dal giudice o uditore e dal notaro, in doppia copia, una per il
reo, Paltra per gli atti. La citazione si manda per il cursore che può pure
occorrendo andare fuori Diocesi. Non trovando il convenuto, la si lascia a
qualcuno della famiglia, e se non la accettano, la si riporterà al giudice
che la invierà come segue, 1718-1720. Il reo che ricusa la citazione si ritiene
citato. Se per distanza od altro non lo si raggiunge, gliela si manderà per
raccomandata con ricevuta o altro mezzo sicuro. Se tutto fatto si ignora
.l’abitazione del reo, lo si cita per editto che si pubblica nel Patrio della
Curia e in qualche giornale, e nelPimpossibilità basta uno dei due modi. 1721-1722. Il cursore rilascia la scheda sottoscrivendola,
con giorno ed ora della consegna al reo o a qualcuno di famiglia. Se si cita
per editto, si segnerà il giorno e Fora, nonché la durata delPaffrssione. In
caso di rifiuto, la scheda si riporterà al giudice, indicandone il giorno e
Fora. Il cursore farà rapporto sottoscritto da allegarsi agli atti. Se fu
fatto per posta, si conservi la ricevuta. 1723. Se la
citazione non contiene quanto fu prescritto nel can. 1715 o non fu legalmente
intimata, è nulla e sono nulli i conseguenti atti del processo. 1724. Le regole per
le citazioni devono adeguatamente osservarsi per la denunzia di decreti e
sentenze. 1725. Fatta bene la
citazione o presentatesi spontaneamente le parti, la cosa non è più integra;
la causa diventa propria del giudice o Tribunale invocato; e se un giudice è
delegato, rimarrà anche cessando il diritto del delegante; la prescrizione
viene interrotta e la lite si dice pendente, nulla più potendosi modificare. TITOLO VII Contestazione della lite. 1726-1728. L’oggetto del giudizio è determinato dalla
contestazione della lite, ossia opposizione del reo alla richiesta
dell’attore fatta davanti al giudice per agire. Senza alcuna solennità basta
porre davanti al giudice o delegato, e inserire negli atti la richiesta e la
opposizione, fissando i termini della controversia. Nelle cause più
complicate il giudice invita le parti alla determinazione degli articoli
controversi per concordarne i dubbi. 1729. Se una parte senza ragione non interviene, si
dichiara contumace e d’ufficio con la parte diligente si formulano i dubbi,
comunicandoli al contumace per le eccezioni e perchè si purghi dalla
contumacia ih tempo determinato dal giudice. Presenti le parti e concordi
nella formula dei dubbiose ne farà menzione nel decreto con cui si approva; e
discordanti le parti, il giudice dirimerà la controversia con suo decreto. La
formula stabilita non si muterà che con un nuovo decreto per grave causa a
richiesta della parte o del promotore o del difensore del vincolo, udite le
parti e le loro ragioni. 1730. Prima della
contestazione non si procederà ad altri atti, ma si potrà sentire qualche
teste, se c’è pericolo di perderlo. 1731. Contestata la
lite non si muta più il libello se non col consenso del reo e del giudice, salvo compenso per danni e
spese. Non si intende mutato il libello, limitato o mutato il modo di
provare; diminuita la petizione o suoi accessori; modificate le circostanze
rimanendo intonso Toggetto; sostituendo al prezzo l’interesse o
l’equivalente. Il giudice determinerà il tempo per le prove che può a
richiesta delle parti prorogare, ma non a lungo. Il possessore di cosa altrui
non è più in buona fede e, se è condannato, deve i frutti e danni fin dalla
contestazione della lite. TITOLO VIII Istanza della lite. 1732. L’istanza comincia con la contestazione, termina
come il giudizio; ma può interrompersi o finire per perenzione o rinuncia. 1733. Se la parte litigante muore, cambia stato, cessa
dall’ufficio per cui agisce, l’istanza s’interrompe finché l’erede o un
successore non la riprenda. Con chiu sa però la causa, l’istanza non
s’interrompe, ma il giudice procederà oltre citando, se c’è, il procuratore,
se no l’erede o il successore. 1734. Se tra due litiganti per un beneficio uno muore o
pendente la lite rinuncia, non s’interrompe l’istanza, ma la prosegue il
promotore nell’interesse della libertà ecclesiastica, eccetto che il
benefìcio sia di libera collazione e l’Ordinario lo aggiudichi al superstite. 1735. Cessando il
procuratore o curatore, si interrompe finché non si nomini un altro o le
parti dichiarino di agire direttamente. 1736. Se in prima
istanza per un biennio e in appello per un anno non si fa nessun atto senza
contrasto, l’istanza si perirne e in appello la sentenza impugnata passa in
giudicato. 1737-1739. La perenzione è assoluta per diritto e contro
tutti, salvo regresso per indennizzo contro tutori, amministratori, procuratori
che non provino essere senza colpa. Estingue ancora gli atti del processo,
non della causa che si possono per le medesime persone e cose far valere in
altra istanza; per gli estranei valgono come documenti. Le spese sono a
carico dei litiganti. 1740-1741. In qualunque momento l’attore può rinunziare
all’istanza; così pure possono l’attore e li reo per alcuni o tutti gli atti
processuali. La rinunzia per valere deve essere scritta e sottoscritta dalla
parte o da uno speciale procuratore, comunicata alla parte accettante o non
impugnante e ammessa dal giudice; allora ha gli effetti della perenzione con
obbligo alle spese per gli atti rinunciati. TITOLO IX Interrogatori delle parti in giudizio. 1742-1743. Il giudice per ben conoscere la verità di un
fatto di pubblico interesse, deve interrogare le parti. In altri casi può per
chiarire una prova data interrogare l’uno o l’altro a richiesta di una parte
o per ufficio. L’interrogatorio delle parti si può fare in qualunque momento
prima della conclusione in causa; dopo, solamente secondo il can. 1861. Le
parti sono tenute a rispondere al giudice e dire la verità, se non si tratti
di delitti commessi da loro stessi. Se la parte non vuol rispondere, il
giudice dirà quanto di ciò è da tenere conto o se debba prendersi come una
confessione. Se la parte rifiuta illegittimamente di rispondere o sarà
provata mendace, verrà punita dal giudice con rimo zione temporanea dagli
atti ecclesiastici e se ci fosse stato il giuramento, un laico si colpirà di
interdetto, un chierico di sospensione. 1744. In criminale
non si obbligherà l’accusato a giurare; in contenzioso, si esigerà che giuri
qualora si tratti di bene pubblico; lo si può in altri casi secondo prudenza. 1745. L’attore e il
reo fra di loro, il promotore e il difensore del vincolo possono presentare
al giudice i quesiti per le parti, che si chiamano posizioni per le quali si
osserveranno i can. 1773 -1781. 1746. Le parti risponderanno o giureranno davanti al
giudice personalmente, salva l’eccezione del can. 1770. TITOLO X Prove. 1747-1748. Non occorrono prove per i fatti notori; in ciò
che la legge presume; per fatti asseriti e ammessi dalle parti, se non
l’esige la Legge o il giudice. Chi asserisce è tenuto alla prova, e se
l’attore non prova, il reo si assolve. 1749. Non ammetterà il giudice prove studiosamente
dilatorie, se non per necessità. CAPITOLO I CONFESSIONE DELLE PARTI. 1750-1752. Si chiama confessione giudiziale qualunque
asserzione di un fatto contro se e a prò dell’avversario davanti al giudice.
Se trattasi di interesse privato, la confessione di una parte esonererà
l’altra dalla prova. La parte confessa non può contraddirsi se non subito o
provando l’errore e la deficienza della richiesta condizione. 1753. La
confessione fuori giudizio, scritta o orale si chiama extra -giudiziale, e il
giudice determinerà quanto valga, se prodotta. CAPITOLO II TESTI E ATTESTATI. 1754-1755. È ammessa la prova per testi sotto la direzione
del giudice con le seguenti regole. I testi sono obbligati a rispondere al
giudice e dire la verità. Sono esenti da tale obbligo i parroci e i sacerdoti
su quanto sanno per ragione del loro sacro ministero fuori confessione; i
magistrati, i medici, le ostetriche, i notari e quanti sono tenuti al segreto
per ragione di ufficio; chi cagionerebbe infamia, vessazione, mali gravi a
se, a prossimi parenti e affini. Sarà punito come le parti chi afferma il falso
o nasconde il vero e chi tenta con doni, promesse o qualunque altro modo
subornare testi e periti. Articolo I Capacità dei testi. 1756. Tutti possono fare da testi, se non esclusi dal
Diritto. 1757-1758. Non sono ammessi come non idonei gli impuberi e
di mente deboli; come sospetti gli spergiuri, scomunicati o infami per
sentenza, scostumati o pubblici gravi nemici; come incapaci, chi comunque ha
parte in causa, tutore, avvocato, ecc.; il sacerdote per quanto proviene
dalla confessione sacramentale, anche liberato dal vincolo, ed esclusa
qualunque cosa nota per la confessione; il coniuge, il consanguineo o affine,
se non si tratti di materia di stato civile o religioso della persona non
altrimenti conoscibile. I non idonei e i sospet' ti occorrendo potranno
udirsi per decreto ad indizio e complemento di prova, in genere, senza
giuramento. Articolo II Da chi, come e quanti testi possono prodursi ed
escludersi. 1759-1763. I testi sono prodotti dalle parti. Interessando
la causa, anche dal promotore o difensore del vincolo e dallo stesso giudice
d’ufìciò per i minori, loro equiparati e generalmente per interesse pubblico.
La parte producente può rinunziarvi, ma F avversario può pretenderne Yesame.
Ammettere o meno un teste spontaneo appartiene al giudice, il quale, se vede
che ciò si fa maliziosamente, lo respingerà. Quando si richiede la prova per
testi, se ne esprima nome e domicilio e le posizio ni su cui devono
interrogarsi. Se questi non si presenteranno entro il prescritto giorno
perentorio, la domanda si intende decaduta. Il giudice frenerà la
molteplicità dei testi. Le parti devono scambiarsi il nome dei testi, almeno
prima della pubblicazione degli attestati. 1764. Il giudice de ve escludere i testi che gli constino
essere impediti, e con giusta ragione escludere qualcuno a richiesta; e con
questo ha luogo il rifiuto della persona del teste. Chi ha prodotto un teste
non può rigettarlo senza nuova ragione, sebbene possa contestarne gli
asserti. Il rifiuto deve avvenire entro tre giorni dalla comunicazione dei
nomi, non dopo, se non si prova l’ignoranza del difetto; la disamina del
rifiuto si rimanda alla fine della lite, se non c’è contro o la presunzione o
un difetto notorio che si possa subito e non dopo provare. 1765-1766. I testi si citano con decreto del giudice e i
citati devono comparire o giustificarsi. Il teste che non vuol comparire, o
rispondere, giurare, sottoscrivere, può esservi costretto dal giudice con
pene, e multato per il danno che ne derivi alle parti. Articolo III Giuramento dei testi. 1767-1769. Il teste deve anzitutto giurare di dire tutta e
solo la verità. Le parti possono assistere al giuramento dei testi. In
materia del tutto privata si può fare a meno del giuramento, consentendolo le
parti. Anche senza il giuramento, si ricordi dal giudice l’obbligo per la
verità. I testi anche giurati, secondo la gravità o l’opportunità possono
costringersi a giurare la verità del loro esposto o dei particolari; e
possono obbligarsi anche con giuramento al segreto fino alla pubblicazione
degli atti o per sempre. Articolo IV Esame dei testi. 1770-1771. I testi devono esaminarsi nella sede del
Tribunale. Sono eccettuati i Cardinali, i Vescovi, le persone illustri che
civilmente godono tale diritto, i quali possono scegliere dove rendere la
testi' monianza; gli ammalati e gli impediti saranno sentiti in casa. Chi è
fuori Diocesi sarà interrogato secondo le istruzioni del giudice del
Tribunale locale. Chi sebbene in diocesi è impedito per la lontananza o gravi
difficoltà, può essere sentito da un sacerdote deputato dal giudice che
redige tutto per un attuario e lo trasmette al Tribunale, Le parti
ordinariamente non assisteran no all’esame dei testi. 1772-1778. I testi saranno esaminati da soli a soli. Sta
al giudice confrontare i testi fra loro o con la parte, se i testi discordino
sostanzialmente in cosa grave e non sia altrimenti facile conoscere la verità
e non si temano scandali e dissensioni. L’esame si fa dal giudice o da un suo
delegato o uditore, presente il notato. Le interrogazioni si propongono dal
giudice ai testi. Se le parti, il promotore o il difensore del vincolo
vogliono farne altre nuove, le propongono al giudice che le deferirà. Prima
si interrogherà il teste sulle generalità, nome, cognome, origine, età, religione,
condizioni, domicilio, relazioni con le parti, poscia quanto è della causa.
Le interrogazioni saranno semplici, brevi, non capziose nè suggestive nè
offensive, Non si comunicheranno prima ai testi; di qualcosa che fosse
remota, si potrà preavvisare if teste, purché senza pericolo. Testificheranno
a voce e non per iscritto; quando si tratti di calcoli potranno consultarsi
gli appunti. Le risposte si scriveranno subito non solo nella sostanza, ma
nelle parole, eccetto che per piccole cose il giudice creda bastare la
sostanza. 1779-1780. L’attuario noti il giuramento fatto, rimesso o
negato, la presenza delle parti e di altri, le interrogazioni e quanto altro
avviene di importante. Si leggerà subito al teste la sua deposizione perchè
possa aggiungere, sopprimere, correggere, variare. Sottoscriveranno il teste,
il giudice, il no taro. 1781. I testi si possono riesaminare prima di pubblicarne
le deposizioni, escluso ogni inganno o corruzione. Articolo V Pubblicazione e rigetto delle testimonianze. 1782. Se le parti non furono presenti si possono divulgare
le testimonianze per decreto del giudice, ciò che si può differire a prove
compiute. 1783-1785. Dopo le pubblicazioni non si può rigettare la
persona del teste, eccetto il caso del can. 1764; i testi si possono
rigettare, se c’è difetto nelle forme o nella sostanza, per falso,
variazione, contraddizione, o sturità, ignoranza e simili. Se non c’è motivo
sufficiente, ii giudice con suo decreto rigetterà la riprovazione, e se
Lammette ne esigerà presto la prova, procedendo come per le incidentali. 1786. Pubblicate le testimonianze non si interrogheranno
più i testi sulle stesse cose, nè se ne ammetteranno dei nuovi se non
cautamente e per gravi ragioni nelle cause che mai passano in giudicato; per
gravissime ragioni nelle altre, rimossa ogni fròde e subornazione, udita
Paltra parte, il promotore o il difensore del vincolo; e tutto per decreto
del giudice. Articolo VI Indennizzo dei testi. 1787-1788. Il teste ha diritto alle spese ed
all’indennizzo per cessato lavoro, da determinarsi dal giudice. Se durante il
termine perentorio non è stata depositata la somma nella determinata quantità
da chi vuol indurre dei testi, si intende che a questi siasi rinunziato. Articolo VII Valore delle testimonianze. 1789-1791. Nella stima delle testimonianze osservi il
giudice la condizione, la onestà, la dignità della persona; se attesta per
scienza o narrazione o fama; se è coerente o vario, incerto, vacillante; se è
con teste o solo. Se i testi > sono dìscrepanti, il giudice esaminerà se
sono contrari o semplicemente differenti. Un solo teste non fa piena fede se
non qualificato per cose di ufficio. Se due o tre, con giuramento, sono
coerenti per scienza propria meritano fede; eccetto che per causa grave o
dubbio fondato il giudice richieda prova maggiore. CAPITOLO III PERITI. 1792-1794. Il Diritto qualche volta per necessità
prescrive dei periti per provare un fatto o la natura di una cosa. La scelta
appartiene al giudice che per le cause private sceglie a richiesta delle
parti; se c’è interesse pubblico, a richiesta del promotore o difensore del
vincolo; e può sceglierne uno o più, se la legge non determina altrimenti. I
periti faranno la perizia secondo verità e giustizia; se mancheranno, saranno
puniti. 1795-1796. Come periti si sceglieranno i meglio provati;
gli esclusi come testi non faranno da periti. Si possono rifiutare come i
testi. Il giudice accettando il rigetto, ne nominerà altri. 1797. I periti s’intende che accettano col giuramento di
fedeltà; le parti possono essere presenti al giuramento e per se anche alla
perizia. 1798-1799. I periti dopo aver giurato, se nel tempo
stabilito non adempiono il loro còmpito, sono tenuti ai danni. Sulla loro
opera, sentite le parti, delibera il giudice, che può determinare e prorogare
il tempo per la perizia. 1800. Se si dubita sull’autenticità di una scrittura, si
offrono ai periti analoghe scritture per confrontarle; se c’è contrasto, il
giudice sceglie le scritture d’altronde riconosciute dalla parte, o dalFautore
della scrittura controversa da lui redatta come persona pubblica e che si
conserva in pubblico archivio, o per firme riconosciute da notari o pubblici
ufficiali. Se ciò non basta, il giudice chiamerà lo scrivente perchè scriva
sotto sua dettatura o del perito. Se ricusa, si reputa legittima la scrittura
controversa. 1801-1803. I periti dànno il voto per iscritto o a voce,
nel quale caso un no taro redige, firmando il perito. Possono essere chiamati
a dare spiegazioni per il loro voto, e devono indicare il procedimento
seguito per Yadottato parere, il quale sarà dato separatamente, salvo
prevenzione contraria; in questo caso il giudice noterà le differenze.
Discordando, il giudice interrogherà altri più periti o ne nominerà dei nuovi, ciò che può : fare se i nominati
vengono in sospetto o siano reputati
insufficienti o non idonei. 1804-1805. Il giudice esaminerà bene anche le
accidentalità della causa e quando riferirà, esporrà gli argomenti per
Vammissione o il rigetto delle perizie; disporrà ugualmente per le spese ed
onorari, salvo diritto a ricorso. CAPITOLO IV ACCESSO E VERIFICA GIUDIZIALE. 1806-1811. Il giudice decreterà un accesso, quando lo
stima utile per verificare una cosa controversa, determinando in breve il da
farsi. Lo farà per se o per un uditore o per un delegato, potendo portare
seco dei periti. Se teme disturbi può ordinare il non intervento delle parti
e degli avvocati. Per maggior prova e a togliere dubbi, può nelPaccesso
interrogare i testi già chiamati o prodotti. Il notato segnerà giorno ed ora
delPaccesso, con tutti gli atti della ricognizione, che sottoscriverà insieme
al giudice. CAPITOLO V PROVA PER ISTRUMENTI. Articolo I Natura e fede degli strumenti. 1812-1813. In qualunque giudizio è am messa la prova per
mezzo di documenti pubblici o privati. Pubblici principalmente sono gli atti
del Sommo Pontefice, della Curia Romana, degli Ordinari e gli attestati
autentici dei loro atti; strumenti notarili; atti giudiziali, iscrizioni di
Battesimo, Cresima, Ordinazione, Professione religiosa, Matrimonio, morte e
documenti ricavati dai registri della Curia, Parrocchia, Religione, ecc. Sono
pubblici anche gli atti civili fatti secondo le leggi del luogo. Documenti privati
sono le lettere, i contratti, i testamenti e scritti particolari. 1814. I documenti pubblici si presumono autentici sino a
prova contraria. 1815. Il
riconoscimento o il rigetto di una scrittura si può proporre in
giudizio incidentalmente o principalmente. 1816-1818. I doaumenti pubblici fanno fede del contenuto
principale. Uno privato, se riconosciuto, fa prova contro 1.autore o
sottoscrittore e aventi causa, ma non generalmente contro estranei. Se sono
raschiati, corretti, interpolati o comunque vi ziati, spetta' al giudice
determinarne il valore. Articolo II Produzione dei documenti ed azione per esibirli. 1819. I documenti in giudizio fanno prova se sono in
originale o esemplari autentici e depositati, eccetto quelli di dominio
pubblico, come le leggi promulgate. 1820-1821. I documenti si deporranno in forma autentica
per essere presi in esame dal giudice e dall’avversario. Se sorge dubbio
sulla fedeltà di un. esemplare, il giudice può richiedere Yoriginale. Se ciò
fosse impossibile o difficile, si delegherà l’Uditore o si pregherà
l’Ordinario, dando istruzioni, per l’esame e confronto del documento, a cui
possono assistere le parti. 1822. Ciascuno dei litiganti può chiedere la presentazione
di documenti comuni e ordinari, come testamenti, contratti, divisioni di
beni, ecc.. 1823-1824. Nessuno è tenuto a esibire un documento, se ciò
comporti danno o violazione del segreto. Però se si può estrarne una parte
senza pericolo, il giudice potrà richiederla. Se una parte rifiuta di esibire
un documento necessario, a richiesta dell’altra parte, udito il promotore o
difensore del vincolo, può il giu dice, con sentenza interlocutoria, decidere
se e come esibirsi, e ricusando la parte, il giudice determinerà il valore
del rifiuto. Se la parte nega possedere il documento, può il giudice
costringerla al giuramento. CAPITOLO VI PRESUNZIONI. 1825-1827. La presunzione, 0 probabile congettura di una
cosa incerta, è o di diritto o supposta dal giudice. La presunzione di
diritto è semplice o è iuris et de iure. Contro la prima si
ammettono pròve dirette o indirette; contro la seconda so lo indirette, cioè
sul fatto che è fondamento della presunzione. Chi è in possesso della prima,
riversa sull’avversario Fonere della prova e, questa mancata, vince la
presunzione. 1828. Le presunzioni che non sono stabilite dal diritto,
il giudice non le produca se non siano ben fondate. CAPITOLO VII GIURAMENTO DELLE PARTI. 1829-1831. Se la prova non è completa e il giudice chiede
o ammette ancora un giuramento, questo si chiama suppletorio e ha luogo
specialmente quando altrimenti non si possa appieno conoscere lo stato della
persona. Ma il giudice se ne asterrà in criminale, nelle contenziose gravi o
di cosa aliena alla persona che giura. Lo può deferire d’ufficio o a
richiesta della parte, del promotore o difensore del vincolo. Regolarmente si
deferisce a chi ha più prove, ma il giudice decreta quando debba deferirsi.
La parte, se non si riferisce al proprio stato civile o religioso, può
ricusarlo o riversarlo all’avversario. Quanto valga tale rifiuto o se debba
valere come confessione, lo deciderà il giudice. Il giuramento può impugnarsi
dalla parte contraria. 1832-1833. Se si tratta di'riparazioni di danni, si può
deferire per la quantità il giuramento stimatorio, per il quale il giudice
esigerà dal danneggiato sotto giuramento la nota delle perdite e del loro
valore; se gli sembrerà esagerata, la ridurrà secondo equità e giustizia,
adibendo anche periti. 1834-1836. Prima ed anche pendente la lite e in qualunque
momento, si può, consentendolo il giudice, diri mere definitivamente la
questione principale o incidentale per mezzo del giuramento, il quale è
decisorio e non si può deferire che nelle cose non di grande importanza in
cui è ammessa cessione o transazione, da chi può cedere o transigere, a colui
che potendo transigere non ha prova completa, su di un fatto proprio di chi
giura. Si può revocare, finché non è stato dato, accettarlo, prestarlo o meno
o riferirlo all’avversario. Se prestato, cessa la questione; se si rifiuta e
non si riferisce, il giudice deciderà sul valore e se ciò possa ritenersi
come confessione. Se è riferito all’altra parte, questa deve prestarle; se
no, si perde la causa. Per riferirlo devonsi avere tutte le precedenti
condizioni e P intervento del giudice. TITOLO XI Cause incidentali. 1837-1840. Se accade qualche questione che importi
dirimere prima, sebbene non sia contenuta nel libello, ha luogo una causa
incidentale che si può proporre a voce o per iscritto; e proposta, il
giudice, udite le parti, il promotore o il difensore del vincolo, delibererà
se non sia inutile, se debba decidersi prima della principale; e così ammette
o rigetta il libello. Il giudice determinerà la forma della causa
incidentale; se lo fa in forma giudiziale, si osserveranno tutte le regole
dei giudizi e le dilazioni saranno brevi. Se lo fa per decreto, in questo si
esporranno brevemente le ragioni di fatto e di diritto. 1841. Prima di definire la causa principale può il giudice
correggere o revocare la sentenza interlocutoria, udite le parti e sentito il
promotore o il difensore del vincolo. CAPITOLO I CONTUMACIA. 1842-1847. Se il reo citato non interviene nemmeno per procuratore,
si può di chiarare contumace. Non può però il giudice farlo, se non consta
che la legittima citazione sia pervenuta, e il reo potendo non siasi scusato.
Ciò si può provare o con una nuova citazione al reo per scusarsi o in altro
modo. A richiesta della parte, del promotore o del difensore del vincolo, il
giudice potrà dichiarare la contumacia e proseguire fino alla sentenza e
Tesecuzione. Se si pròcede alla sentenza definitiva senza contestazione,
bisogna attenersi alla richiesta nel libello, contestata la lite, anche
all’oggetto della contestazione. Per infrangere la contumacia il giudice può
minacciare delle pene. Se crede farlo, citerà nuovamente il reo, e se fu vana
la seconda citazione, dichiarerà la contumacia e applicherà le pene. Se il reo
recede dalla contumacia, si ammettono le sue prove evitando le lun gag' gini.
Emanata la sentenza, il contumace può domandare allo stesso giudice la
restituzione in integro per appellare, dentro un trimestre, eccettuate le
cause che non passano in giudicato. 1848. Queste regole valgono anche per chi diventa
contumace nel progresso del giudizio. 1849-1850. Se l’attore al tempo stabilito non si presenta
senza ragione, il giudice ad istanza del reo lo citi nuovamente e se non
interviene e la ' scia svolgere il giudi' zio, lo dichiari con' tumace,
secondo le regole precedenti. La contumacia toglie alFattore il diritto di
proseguire; e ciò per il pubblico bene può chiederlo il promotore o il
difensore del vincolo. Il reo può però chiedere l’abbandono del giudizio, F
annullamento di quanto fu già fatto o la completa liberazione dalla richiesta
dell’atto re o il proseguimento del giudizio senza Fattore. 1851. Il contumace non purgato è tenuto alle spese e
alFinden nizzo dell’altra parte e se la contumacia è d’entrambe le parti,
esse in solido sono tenute alle spese. CAPITOLO II INTERVENTO DI TERZI IN CAUSA. 1852-1853. Chi ha interesse può essere ammesso nel
giudizio, deve però prima della conclusione presentare il libello al giudice;
intervenendo, si ammette al punto dove trovasi il giudizio, dandogli tempo
perentorio per le prove. Se il giudice crede necessario l’intervento di un
terzo, lo chiamerà ad istanza o d’ufficio. CAPITOLO III ATTENTATI PENDENTE LA LITE. 1854-1855. Attentato di cesi ogni pregiudizionale
innovazione prodotta dal giudice o dalle parti circa la materia o i termini
del giudizio. Gli attentati sono nulli ipso iure, quindi la parte lesa può
chiederne la dichiarazione di nullità allo stesso giudice; se il giudice
desse sospetto, si può eccepire secondo il can. 1615. 1856-1857. Pendente le questione dell’attentato, si
sospende la causa o se credesi più opportuno, si tratta e si risolve insieme.
Le questioni di attentato si trattano sollecitamente e si definiscono per
decreto del giudice, udite le parti, il promotore o il difensore del vincolo.
Dimostrato l’attentato, il giudice ne decreta la revoca; e chi lo abbia fatto
con dolo o violenza, sarà tenuto ai danni. TITOLO XII Pubblicazione del processo, conclusione in causa e sua
discussione. 1858-1861. Prima della discussione e della sentenza
dovranno pubblicarsi le pròve. Concessa agli interessati la visione degli
atti e la copia, si intende pubblicato il processo. Completate le prove, si
viene alla conclusione in causa. Ciò ha luogo con decreto del giudice dopo
che o le parti dichiarino nulla avere da aggiungere, o sia passato il tempo
utile, o il giudice dichiari la causa sufficientemente istrutta. Dopo la
conclusione non si ammettono nuove pròve, se non nelle cause che non passano
in giudicato, per documenti nuovi, testi legittimamente impediti, Se il
giudice crede ammetterle, darà tempo per le difese; altrimenti il giudizio è
nullo. 1862-1864. Concluso in causa, il giudice determinerà il
tempo per presentare le difese, che può a richiesta di una parte prorogare e,
consenzienti entrambe, anche abbreviare. La difesa deve essere scritta con copie
sufficienti per i singoli giudici, che si daranno anche al promotote o
difensore del vincolo e si scambieranno fra le parti. Il Presidente può
ordìnare la stampa con i documenti principali e i sommari degli atti, nel
qual caso nulla si pubblicherà senza autorizzazione, rispettando il segreto.
Il giudice o il preside determineranno le estensioni delle difese. 1865. Comunicate
fra le parti le scritture, si assegnerà il tempo per controrispondere, ciò
che si concede generalmente una sola volta; e concesso ad una parte, vale per
P altra. 1866. Le
informafiorii orali sono proL bite; è ammessa però davanti al giudice una
moderata discussione,, indicati prima in iscritto i soggetti, e assegnata
Torà e il giorno con Fassistenza di un no taro. 1867. In contenzioso,
se le parti sono negligenti nella preparazione delle difese o si rimettono
alla coscienza del giudice, questi, se stima tutto ben pronto, può passare
alla sentenza. TITOLO XIII Sentenza. 1868. La sentenza è la definizione di una causa data dal
giudice ed è interlocutoria se decide una incidentale; definitiva se la causa
principale. Ogni altra pronunciazione del giudice si chiama decreto. 1869-1870. Per la sentenza si richiede che il giudice
abbia la morale certezza di ciò che definisce e che essa sia, se la legge non
determina altrimenti, il risultato degli atti e delle prove secondo la
coscienza del giudice. Se gli manca questa certezza, dichiarerà non constare
del diritto dell’attore e libererà il reo, eccettuate le cause di favore
speciale, per cui è tenuto a pronunciarsi. La sentenza la emana il giudice,
il quale, se la causa è complicata, può riservarsi il tempo necessario per
prepararla. 1871. Nel Tribunale collegiale il presidente stabilisce il
giorno e Fora della deliberazione che possibilmente si farà nella sede del
Tribunale. Ognuno porterà le sue conclusioni scritte in fatto e in diritto,
da allegare agli atti col segreto. Ognuno, dopo il ponente, per anzianità
esporrà le singole conclusioni, discurendo specialmente per stabilire la
parte dispositiva della senten za. Nella discussione si può recedere dalla
propria opinione. Se i giudici non vogliono o non possono addivenire alla
sentenza, si rimetterà la decisione ad una nuova riunione, non al di là di
una settimana. 1872. Se il giudice è unico, egli emanerà la sentenza; se
vi è un collegio, si seguirà il can. 1584. 1873-1874. La sentenza deve definire la controversia,
determinare al condannato ciò che deve fare o no, il tempo, il luogo, e il modo con esposizione delle ragioni in fatto e in diritto.
La sentenza fisserà anche le spese. Nel Tribunale collegiale i motivi li
riassume l’estensore, se non sono già determinati dal collegio. La sentenza
si emana in nome di Dio; poi si dice chi è il giudice o il Tribunale e
chiunque abbia avuto parte nel giudizio; si espongono la fattispecie e le
conclusioni, segue il dispositivo con le ragioni e si chiude con la data e
sottoscrizione dei giudici e del notaro. 1875. Queste regole, in quanto è possibile, si
applicheranno alle interlocutorie. 1876-1877. La sentenza si pubblicherà al più presto,
citando le parti ad ascoltarne la lettura o comunicandola loro presso la
Cancelleria o trasmettendola per mezzo degli ufficiali. TITOLO XIV Rimedi di diritto contro la sentenza. 1878. Se si constata un errore materiale nella sentenza,
si può correggere dal giudice con decreto ad istanza non contrastata, e nel
contrasto si liquida Pincidente con decreto in calce alla sentenza. CAPITOLO I APPELLO. 1879. Chi si sente gravato dalla sentenza può appellare al
giudice immediatamente superiore. 1880-1882. Non si ammette appello da una sentenza del Papa
o della Segnatura Apostolica; di un Delegato della S. Sede con clausola
serica appetto; se la sentenza è nulla o passata in giudicato; e se è
definitiva con giuramento decisorio; da un decreto del giudice o sentenza
interlocutoria senza forza di definitiva, o quando il diritto dispone la
definizione immediata da sentenza contro contumace non purgato e quando si è
rinunziato all’appello. Questo si fa presso il giudice, a quo dentro dieci
giorni dalla pubblicata sentenza, o subito a voce davanti al giudice, e il
notato ne prenderà atto, o altrimenti in iscritto salvo il caso del can.
1707. 1883-1884. L’appollo prosegue presso il giudice, a cui si
rimette entro un mese, se il giudice non stabilisce di più. Per proseguire V
appello basta invocare il ministero del giudice superiore con l’esemplare
della sentenza e del libello. Se la parte non ottiene in tempo dal giudice
Pesemplare, non decorrono i termini e si comunicherà Pimpedimento al giudice
d’appello per provvedere. 1885. Avvenendo il caso del can. 1733, in tempo utile, ma
prima di appellare si denuncia la sentenza e dalla denuncia decorrono i
termini. Se avviene dopo 1.appello, con lo stesso effetto si denuncia
Fappello agli interessati. 1886. Passati i fatali, Fappello si intende abbandonato. 1887-1888. L’appello dell’attore giova al reo e viceversa.
Se si appella per un capo, l’avversario può farlo per altri capi, anche sotto
condizione di recedere, se lo fa l’altra parte. Se si determinano alcuni
capi, restano intatti gli altri; in ‘caso diverso s’intende l’appello su
tutto. Se tra molti uno appella, s’intende che appellano gli altri;
l’appellante pagherà le spese, se perde. 1889. L’appello
insospensivo sospende l’esecuzione e perciò, lite pendente, non si innova; in
devolutivo non si sospende l’esecuzione. Ogni appello per se è sospensivo. 1890. Il giudice a
quo manderà al Superiore l’esemplare degli atti o gli originali. 1891. In grado di
appello non si ammettono nuove petizioni nemmeno per utile cumulazione, ma si
conferma o si riforma la sentenza in tutto o in parte, benché con nuove prove
si possa di nuovo istruire la causa. CAPITOLO II QUERELA DI NULLITÀ CONTRO LA SENTENZA. 1892-1893. La sentenza è nulla insanabilmente, quando è
data da un giudice incompetente o da illegittimo mimerò di giudici in un
collegio; se data tra parti che non possono stare in giudizio; se si è agito
per altri senza mandato, Questa nullità si può sempre pròporre come
eccezione; come azione presso il giudice latore, solo entro trentanni dalla
pubblicazione. 1894-1895. La sentenza è nulla, ma sanabile, quando non vi
fu citazione legittima; se mancano le ragioni della decisione o la
sottoscrizione o la data. Questa querela di nullità si propone con Pappello
dentro dieci giorni o indipendentemente fra tre mesi, innanzi al giudice
latore. 1896-1897. Se la parte ha sospetto del giudice latore
della sentenza, meritamente può esigere un altro giudice in sostituzione.
Possono proporre la querela di nullità anche il promotore o il difensore del
vincolo; anzi lo stesso giudice può di nuovo esaminarla ed emendarla nei
suddetti termini. CAPITOLO III OPPOSIZIONI DI UN TERZO. 1898-1899. Se la sentenza offende altri, questi possono
invocare il rimedio straordinario, che dicesi opposizione di un terzo, con
cui si. impugna la sentenza o la sua esecuzione, chiedendone la revisione o
appellando, provando la lesione subita o temuta, che provenga dalla sentenza,
per sua causa o esecuzione. Se ciò non
si prova, il giudice ordinerà l’esecuzione. 1900-1901. Ammessa l’istanza, si osserveranno le regole
dell’appello o delle incidentali, a seconda dei casi e, vincendo, devesi
modificare la sentenza. TITOLO XV Cosa giudicata e restituzione in intero. 1902-1903. Si ha la cosa giudicata per una doppia sentenza
conforme; per appello non fatto in tempo o abbandonato; per sentenza
definitiva unica, da cui non si dà appello. Le cause riguardanti lo stato
delle persone non passano mai in giudicato e si possono riproporre con nuove
prove. 1904-1905. La cosa giudicata si presume iuris et de iure
vera e giusta e non s’impugna direttamente, fa diritto fra le parti e
impedisce di trattare di nuovo la medesima causa; si può però chiedere, nei
limiti dei can. 1687 -1688, il rimedio straordinario della restituzione in
intero, se è chiara l’ingiustizia, come quando la sentenza è fondata su falsi
documenti o se ne ritrovano altri in senso contrario; se vien provata dolosa
o manca evidentemente delle prescrizioni legali. 1906-1907. La restituzione in intero la può concedere il
giudice della sentenza, se non è chiesta per sua negligenza, nel qual caso la
dà il giudice d’appello. La domanda di restituzione in intero sospende
1’esecuzione non incominciata; ma se si sospetta che è chiesta ad artifizio,
se ne ordina l’esecuzione con cauzione di indennità per il richiedente,
qualora avrà luogo la restituzione in intero, TITOLO XVI Spese giudiziali e gratuito patrocinio. CAPITOLO I SPESE GIUDIZIALI. 1908-1910. Nelle cause contenziose possono costringersi le
parti alle spese, se non ne sono esonerate. Il quantitativo delle spese,
retribuzioni e compensi è determinato dal Concilio Provinciale o dal
Congresso dei Vescovi. Può sempre, occorrendo, il giudice chiedere un congruo
deposito o una congrua cauzione. Il vinto rifarà le spese al vincitore; se si
è litigato temerariamente, si è tenuti ai danni. 1911-1912. Può il giudice per qualunque giusta causa,
esprimendolo nella sentenza, dichiarare compensate le spese in tutto o in parte.
Se i condannabili alle spese sono diversi, il giudice li condannerà in solido
per obbligazioni solidali, altrimenti prò rata. 1913. Contro la determinazione delle spese non c’è
speciale appello, ma entro dieci giorni è permesso il ricorso allo stesso
giudice che esaminerà e occorrendo modificherà la tassazione. L’appello
contro la causa principale contiene quello contro le spese. CAPITOLO II GRATUITO PATROCINIO O DIMINUZIONE DELLE SPESE. 1914-1915. I poveri hanno diritto al gratuito patrocinio o
ad una diminuzione di spese, chiedendolo al giudice, documentando la
richiesta e la necessità d’agire. Il giudice dopo esame farà la concessione,
salvo a ritirarla se dopo gli consterà del contrario. 1916. Dato il gratuito patrocinio, il giudice nominerà un avvocato
approvato, che non può rifiutarsi sotto pena anche della privazione
d’ufficio. Mancando gli avvocati, il giudice chiederà all’Ordinario una
persona idonea per il patrocinio del povero. TITOLO XVII Esecuzione della sentenza. 1917-1921. La sentenza passata in giudicato si può fare
eseguire. Intanto si ordinerà una provvisoria esecuzione per una sentenza non
passata in giudicato, se è necessario per il sostentamento o per urgenti
necessità, purché con cauzioni, pegni o altro sia garantita la revoca delle
esecuzioni. L’esecuzione avverrà dopo il decreto esecutorio incluso nella
sentenza o a parte. Se l’esecuzione esige un previo rendiconto, questa causa
incidentale con tutte le regole sarà esaminata e risoluta dallo stesso giudice.
L’esecuzione la farà per se o per altri l’Ordinario del luogo della prima
sentenza. Se questi si rifiuta, la farà il giudice d’appello. Per i religiosi
eseguirà il Superiore che emanò la sentenza definitiva o ne dette la
delegazione. L’esecutore seguirà il senso naturale delle parole, esaminando
le eccezioni, non il merito della causa; ma se riconosce ingiusta la
sentenza, sospende e rimanda la parte al giudice. 1922. Nelle azioni reali, fatta all’attore
l’aggiudicazione di una cosa, questa gli sarà consegnata; nelle azioni
personali è dato un quadrimestre per adempiere l’obbligo imposto, che dal
giudice si può restringere a un bimestre e prorogare a un semestre. 1923-1924. Nella esecuzione non si nuocerà al condannato,
a cui si lascerà il necessario alla vita e al suo lavoro, e se si tratta di
chierico, l’onesto sostentamento. Non si eseguirà la privazione di un
beneficio per chi si è rivolto a Roma; e se c’è cura di anime, l’Ordinario
destinerà un vicario sostituto. Contro un reluttante l’esecutore procederà
con mòniti e precetti e quindi gradatamente e per necessità con pene
spirituali e censure. SEZIONE II NORME SPECIALI PER ALCUNI GIUDIZI. TITOLO XVIII Modi di evitare un giudizio contenzioso. CAPITOLO I TRANSAZIONE. 1925-1928. Essendo desiderabile evitare le liti, il
giudice nelle questioni di beni privati, suggerirà una transazione. Ciò può
fare prima di convocare le parti a giudizio o dopo o in momento più
opportuno. Conviene commetterne la proposta a qualche sacerdote possibilmente
giudice sinodale. Nella transazione si starà alle leggi civili del luogo,
purché non contrarie al diritto divino e canonico. Non è ammessa transazione
valida in cause criminali, nè di scioglimento di matrimonio, nè sul titolo
del benefìcio eccetto autorizzazione, nè in cose spirituali per compensi
temporali. Ma in cose temporali annesse alle spirituali si può transigere con
le solennità delle alienazioni. Effetto ne sarà la composizione o concordia,
le cui spese sono a metà fra le due parti, se non sia stato convenuto altrimenti. CAPITOLO II COMPROMESSO PER ARBITRI. 1929-1931. Ad evitare giudizi si può affidare a uno o a
diversi che trattino e definiscano una cosa 0 secondo il diritto come
arbitri, ex bono et aequo come arbitratori. Al compromesso per arbitri si
applicano i canoni 1926-1927. Non possono fare da arbitri i laici in cause
ecclesiastiche, gli scomunicati o infami dopo sentenza, nè i religiosi senza
venia del Superiore. 1932. Qu andò le
parti non consentono alla transazione nè all’arbitrato, si procede al giudizio
formale. TITOLO XIX Giudizio criminale. 1933. Cadono sotto
giudizio criminale i delitti pubblici, esclusi quelli di cui nei can. 2168-2194.
Nei delitti di foro misto non si procederà, in via ordinaria, contro un
laico, se ha ben provveduto il magistrato civile. La penitenza, la scomunica,
la sospensione, lo interdetto si possono infliggere fuori giudizio, per
precetto. CAPITOLO I ACCUSA E DENUNZIA. 1934. L’azione
criminale è riservata esclusivamente al promotore di giustizia. 1935-1938. Ogni fedele può denunziare un delitto per bene
personale o pubblico, anzi vi si può essere tenuti per legge positiva o
naturale o per precetto. La denunzia si fa per iscritto o oralmente
all’Ordinario, Cancelliere, Vicario foraneo o Parroco; questi la scriveranno
e la passeranno all’Ordinario. Chi denunzia un delitto deve agevolarne le
prove al Promotore Nelle cause di ingiurie e diffamazione . si richiede la
denunzia o querela della parte lesa. Se però
trattasi di ingiurie e diffamazioni gravi per un chierico o religioso o dignitario o di
cui fu causa un chierico o religioso, l’azione criminale si può promuovere di ufficio. CAPITOLO II INCHIESTA. 1939-1941. Se il delitto non è notorio nè certo, ma si 1 conosce per voce, pubblica fama,
denunzie, querele, inchieste generali, ecc., non si citerà il reo se non dopo
speciali investigazioni, affinchè consti del fondamento dell’imputazione. Ciò
vale se si tratta di pene vendicative, censure, o dichiaratorie di pene.
Questa inchiesta l’Ordinario la può fare direttamente, ma in genere si
servirà di un giudice sinodale, se non crede affidarla ad altri.
L’inquisitore si delega volta per volta ed ha le stesse obbligazioni dei
giudici e deve giurare, astenersi da doni, ecc.; e non può essere giudice
nella stessa causa. 1942-1943. L’Ordinario decide se è il caso di
un’inchiesta; nè valgono le denunce di nemici patenti, di persone vili e
indegne o per non seri anonimi; e tutto dovrà farsi segretamente. 1944-1946. L’inquisitore, occorrendo, può chiamare e sentire
alcuni sotto giuramento; prima di finire può sentire il pro motore e
terminata F inchiesta, col suo voto riferirà all’Ordinario, Questi o un suo
delegato con decreto, se stimerà la denuncia priva di fondamento, ne farà
dichiarazione e rimetterà tutto nell’Archivio della Curia, Se gli indizi non
sono sufficienti, terrà gli atti in Archivio, farà sorvegliare l’imputato, lo
ascolterà e all’uopo lo ammonirà. Se appare colpevole, lo citerà e si
procederà regolarmente. CAPITOLO III CORREZIONE DEL DELINQUENTE. 1947-1953. Se l’interrogato confessa, l’Ordinario invece
di un giudizio adibirà, se occórre, una correzione giudiziale, la quale non è
mai am messa nei delitti colpiti di scomunica specialmente o
specialissimamente riservata alla Sede Apostolica; o di privazione di
benefic)io, infamia, deposizione, degradazione; se trattasi di dare una
sentenza declaratoria di pena vendicativa o censura; quando l’Ordinario non
credesse riparato lo scandalo e soddisfatta la giustizia. La correzione si
può tentare due sole volte; dopo la seconda, se c’è ricaduta, si procede nel
giudizio criminale. La correzione può aver luogo anche nel giudizio prima
della conclusione e allora il giudizio si sospende; se fu inutile la
correzione, si procede oltre. Si può adibire anche quando ci sia stata
querela per danni; nel qual caso, con consenso delle parti, rOrdinario dirime
an che la questione dei danni. Se la soluzione è difficile, la si rimette, al
giudizio ordinario e intanto con la correzione si può provvedere a riparare
lo scandalo o emendare il delinquente. La correzione giudiziale oltre gli
ammonimenti deve contenere rimedi opportuni, penitenze, opere pie per la lesa
giustizia e lo scandalo; e questi rimedi saranno sempre più miti della
sentenza di un giudizio. La correzione si ha per imitile, quando il reo non
accetta o non esegue, le opere imposte. CAPITOLO IV ISTRUZIONE DEL PROCESSO E COSTITUZIONE DEL REO. 1954-1955. Se la correzione fu inutile o non fu
sufficiente allo scopo, il Vescovo o Tufficiale incaricato da lui trasmette
gli atti al promotore di giustizia, il quale prepara l’accusa e la passa
regolarmente al giudice. 1956-1959. Nei delitti più gravi l’Ordinario, udito il
promotore, può interdire alFaccusato il sacro ministero, Teserei zio di un
ufficio e la pubblica Comunione, mentre il giudice può imporgli lo
allontanamento temporaneo e la vigilanza, se si teme possa incutere timori ai
testi o subornarli. Queste due azioni si potranno fare, citato il reo
comparente o contumace, dopo averlo sentito e anche nel corso del processo;
nè contro queste disposizioni si dà alcun rimedio di diritto. In tutto il
resto si seguono le norme comuni del Libro IV e per le sanzioni il Libro V. TITOLO XX Cause matrimoniali. CAPITOLO I FORO COMPETENTE. 1960-1961. Le cause matrimoniali fra battezzati sono di
esclusiva competenza ecclesiastica. Quelle per gli effetti civili, se
principali, appartengono al foro civile, se accessorie le può definire anche
il giudice ecclesiastico. 1962-1963. Le cause di cui nel can. 1577 ogni volta le
tratta chi è delegato dal Sommo Pontefice; quelle di dispensa dal rato la S.
Congregazione dei Sacramenti; per il privilegio Paolino il S. Uffizio. Sul
rato nessun giudice inferiore si intrometterà senza facoltà apostolica; ma se
in una causa di nullità emerge la non consumazione, si rimetterà tutto alla
Sacra Congregazione. 1964. In altre
cause è competente L’Ordinario del luogo della celebrazione del matrimonio o
L’Ordinario del domicilio o quasi-domicilio della parte convenuta se
cattolica. 1965. Se si accusa
il matrimonio per difetto di consenso, il giudice consiglierà a prestarlo; se
per difetto di forma o per l’impedimento, spingerà le parti a rinnovare il
consenso legittimamente, o a chiedere la dispensa. CAPITOLO II COSTITUZIONE DEL TRIBUNALE. 1966. Il giudice istruttore per l’inchiesta sul rato sarà
uno solo. 1967-1969. In tutte le cause di nullità, inconsumazione o
per dispensa si citerà il difensore del vincolo; il quale ha l’obbligo di
assistere all’esame delle parti, testi e periti, esibire al giudice gli interrogatori
sigillati da pròporsi e nuove domande emergenti dalPesame; studiare gli
articoli delle parti ed esaminarne i documenti; difendere quanto può la
validità o la consumazione del matrimonio. Inoltre egli ha il diritto di
vedere gli atti in qualunque momento, chiedere e fare prorogare nuovi
termini, esaminare prove ed allegati per opporsi; chiedere altri testi, anche
terminato e pubblicato il processo, e fare osservazioni; esigere la redazione
di altri atti, se unanimemente non contraddica il Tribunale. CAPITOLO III DIRITTO DI ACCUSARE IL MATRIMONIO E CHIEDERE LA DISPENSA
DAL RATO. 1970-1971. Se non c’è una regolare accusa o richiesta, un
Tribunale collegiale non può assumere e definire una causa matrimoniale.
Possono fare da accusatori i coniugi per separazione o nullità, se essi non
furono causa dell’impedimento; il promotore di giustizia per impedimenti
pubblici. Tutti gli altri possono solamente denunciare la nullità
all’Ordinario o al promotore. 1972-1973. Contro il matrimonio non si inizia un’azione
dopo la morte del coniuge, se non per questioni incidentali. Solamente i
coniugi hanno il diritto di chiedere dispensa dal rato non consumato. CAPITOLO IV PROVE. Articolo I Testi 1974-1975. I no testi abili nelle cause dei loro
congiunti. Nelle cause per impotenza o inconsumazione i coniugi devono
produrre testi di settima mano fra consanguinei e affini, o almeno vicini di
buona fama, che possono giurare sulla loro probità e veracità nella
controversia; a questi il giudice può aggiungerne altri. Lo attestato di
settima mano è argomento di credibilità per la asserzione dei coniugi, ma non
prova piena, eccetto che sia corroborato da altri argomenti. Articolo II Ispezione corporale 1976. Nelle cause di impotenza o di inconsumazione, se non
sanguinei ed affini soconsta altrimenti, si fa dai periti P ispezione
corporale di uno o di entrambi i coniugi. 1977-1978. Chi privatamente ha ispezio nato il coniuge,
non potrà far da perito, ma potrà far da teste. 1979-1981. Per ispezionare l’uomo si scelgono due periti
medici; per la donna due esperte ostetriche, eccetto che la donna chieda due p riti o lo creda
necessario F Ordinario. In quest’ultima
ispezione si osserverà la modestia, presente di ufficiò una dama onesta. Le
ostetriche e i periti faranno le ispezioni separatamente e ognuno farà la sua
relaazione da trasmettere nel tempo stabilito dal giudice. Le relazioni delle
ostetriche si possono fare esaminare da periti medici. Fatta la relazione,
tutti costoro, previo giuramento, saranno interrogati secondo gli articoli
prestabiliti dal difensore del vincolo. 1982. Anche in cause di difetto di consenso per demenza,
si chiederà il parere di periti che abbiano curato Pinfermo. CAPITOLO V PUBBLICAZIONE DEL PROCESSO. 1983-1984. Pubblicato il processo è permesso produrre
nuovi testi sui vari articoli. Se debbonsi udire una seconda volta, si
osserverà il can. 1781, col diritto di eccepire per il difensore del vincolo.
Questi ha sempre il diritto e su tutto di essere sentito per ultimo, nè il
Tribunale darà la sentenza se non dopo che il difensore del vincolo avrà
dichiarato di nulla avere da aggiungere; e ciò si presume, se egli fino al
giorno stabilito nulla aveva eccepito. 1985. Per le cause di dispensa dal rato, il giudice col
voto del Vescovo e del difensore del vincolo, trasmetterà tutto alla Sede
Apostolica. CAPITOLO VI APPELLO. 1986-1987. Dalla prima sentenza di nuT lità appellerà al
Tribunale Superiore il difensore del vincolo, che vi sarà costretto dal
giudice, se si mostra negligente. Se dalla seconda sentenza di nullità il
difensore del vincolo non crederà appellare, i coniugi dopo dieci giorni
possono contrarre un nuovo matrimonio. 1988. Dichiarata la
nullità, la si registri nei libri del Battesimo e dei Matrimoni. 1989. Non passando
mai queste cause in giudicato, si possono sempre trattare di nuovo, in base a
nuovi argomenti. CAPITOLO VII CASI ECCETTUATI. 1990-1992. Quando da documenti autentici consti non
dispensato un impedimento di disparità di culto, ordine, voto solenne,
vincolo, consanguinità, affinità e cognazione spirituale, l’Ordinario può
sommariamente, citate le parti, dichiarare la nullità del matrimonio, con
Tintervento del difensore del vincolo, il quale contro questa dichiarazione,
se ha fondati dubbi, deve ricorrere al giudice di seconda istanza,
rimettendogli gli atti; questi o conferma la sentenza o decide di procedere a
norma del diritto, rimettendo la causa al Tribunale di prima istanza. TITOLO XXI Cause contro la sacra ordinazione. 1993. Nelle cause contro gli obblighi provenienti
dall’ordinazione o contro la sua validità, si ricorre alla S. Congregazione
dei Sacramenti; se contro la sostanza del rito, al S. Uffizio, che decidono
se è da procedere giudizialmente o in linea amministrativa. Nel primo caso la
S. Congregazione rimette la causa al Tribunale della Diocesi propria del
tempo delTordinazione, e se per mancato rito, al Tribunale della Diocesi,
dove avvenne la ordinazione; per Fappello si sta ai canoni 1594-1601. Nel
secondo caso la Congregazione scioglie la questione, assunte legittime
informazioni. 1994. La validità dell’ordinazione può essere impugnata
dal chierico, dall’attuale' Ordinario o da quello nella cui diocesi fu
ordinato; ma solo il chierico può impugnare gli obblighi annessi per
ottenerne la dichiarazione di nullità. 1995-1996. Le norme comuni e quelle sui procedimenti per
le cause matrimoniali dovranno opportunamente osservarsi anche in queste
cause. Il difensore dell’ordine ha gli stessi obblighi del difensore del
vincolo. 1997-1998. Durante la causa si vieterà all’ordinato
l’esercizio degli Ordini, Per essere il chierico libero dagli obblighi
occorrono due sentenze conformi; e per gli appelli si pròcederà come per le
cause matrimoniali. PARTE II CAUSE DI BEATIFICAZIONE E CANONIZZAZIONE. 1999. Le Cause di Beatificazione e Canonizzazione sono
riservate alla S. Sede, ed unica competente ne è la S. Congregazione dei
Riti. Gli Ordinari hanno alcune competenze, come appresso. 2000-2001. In queste cause si procede per via ordinaria di
non culto o straordinaria di culto; colla prima si proverà non essersi mai
prestato culto pubblico al servo di Dio, o che lo si fece cessare; con la
seconda, che questi è in possesso di pubblico ed ecclesiastico culto. Le
Cause dei Martiri ordinarie o straordinarie non devono cumularsi, ma
trattarsi separatamente, eccetto che il martirio sia avvenuto in una medesima
persecuzione o luogo. Così saranno sempre ben distinti i processi e le
discussioni. 2002. Per Ordinario qui non s’intende il Vicario Generale,
se non ha mandato speciale. TITOLO XXII Persone che hanno parte in questi processi. CAPITOLO I ATTORE E POSTULATORE. 2003. Qualunque fedele o gruppo di fedeli possono chiedere
Fintroduzione di una Causa; e questa legittimamente accettata, si ha diritto
di portarla alla fine. L’Ordinario può istruire la Causa d’uffido o a
richiesta. 2004-2008. L’attore può agire da se o per procuratore; le
donne per procuratore, che si chiama Postulatore e deve essere un sacerdote
secolare o religioso domiciliato in Roma. I Postillatori sono uno per ogni
Causa con facoltà di farsi sostituire da Viceposruiatori con legittimo
mandato. I Postulatoti e i Vice-Postulatori debbono esibire il mandato al
Tribunale. Questo mandato è legittimo, quando è ammesso dalla S.
Congregazione, che lo iscrive negli atti; per i Vice-Postulatoti dal
Tribunale, dove agiscono. Il Postulatore deve agire presso i giudici
competenti; fare le spese secondo le istruzioni apostoliche; esibire testi e
documenti; preparare e consegnare ai Promotore della Fede gli articoli per
l’interrogazione dei testi. Il mandato del Postulatore cessa secondo le norme
medesime che per i Procuratori. CAPITOLO II CARDINALE RELATORE, PROMOTORI DELLA FEDE E SOTTOPROMOTORI. 2009. Presso la S. Congregazione il Relatore o Ponente
sarà sempre un Cardinale della Congregazione designato dal Pontefice, e il
cui ufficio sarà di interessarsi e riferire quanto è prò o contro la Causa
nella Plenaria. 2010-2012. A difesa del diritto si citerà sempre il
Promotore della Fede, il quale si chiama Promotore Qenerale della Fede;
mentre l’assessore della S. Congregazione che lo assiste si chiama
Sottopromotore. Il Promotore fuori della S. Congregazione si può stabilire o
per tutte le Cause o per le singole. Il Promotore e il Sottopromotore
generale sono scelti dal Papa; presso il Tribunale dell’ Ordinario in un
processo apostolico la nomina si fa dal Promotore Generale e gli si dà il
nome di Sottopromotore; altrimenti lo nomina Y Ordinario. Il Promotore
preparerà obiettivi e chiari gli interrogatori, anche sugli articoli del
Postulatore e li presenterà sotto segreto ai giudici; curerà la legittima
citazione dei testi, e muoverà eccezioni; il giudice però può citarli
d’ufficio, voglia o non voglia, purché sia avvertito, il Promotore. CAPITOLO III NOTARE, CANCELLIERE ED AVVOCATI. 2013-2017. In ogni processo ci sarà un notare, il quale
presso la S. Congregazione sarà scelto fra i protonotari partecipanti. I
religiosi non faranno da notati se non per necessità, e mai in Cause della
propria religione. Nei processi fuori Roma può fare da notaro quello della
Curia; in Roma il protonotano della Congregazione e in sua assenza il notaro
del Vicariato. Al notaro si può concedere un aggiunto per raccogliere,
confrontare, trascrivere i documenti. L’aggiunto e il Cancelliere della Sacra
Congregazione saranno sacerdoti integri e ineccepibili, e il Cancelliere sarà
laureato in Diritto Canonico. 2018. Gli avvocati
e procuratori presso la S. Congregazione devono avere la laurea in Diritto
Canonico e almeno la licenza in S. Teologia e un tirocinio compiuto presso un
avvocato della Congregazione o del Sottopromotore generale; gli avvocati
inoltre devono avere il titolo di avvocati rotali. TITOLO XXIII Prove per i processi. CAPITOLO I PROVE IN GENERE. 2019. In queste
Cause le prove devono essere piene e sempre con testi e documenti. 2020. Per il non
culto occorrono almeno 4 testi; per la fama delle virtù, del martirio, dei
miracoli, otto; inoltre due sono chiamati d’ufficio. Per le virtù e il
martirio ci vogliono testimoni de visu e contesti; i monumenti storici sono
d’aiuto. Nei processi apostolici i testi ex auditu e quelli de visu potranno
unirsi insieme sulle prove. Se nel Processo informativo si hanno testi de
visu e nell’apostolico solo ex auditu, costoro sono di aiuto e si potrà
procedere oltre per i miracoli, quando diano vera garanzia di quanto è
esposto. In Cause antiche di non culto e quelle per eccezioni, le virtù e il
martirio si potranno provare per testi ex auditu, per pubblica fama e per
documenti coevi e riconosciuti autentici. I miracoli si proveranno sempre per
testi de visu e contesti. 2021-2022. Il culto immemorabile si prova con documenti
autentici anteriori di un secolo alla Costituzione di Urbano Vili del 1634, o
se di quel secolo purché si affermino fatti precedenti da cento anni con
tradizione non interrotta. Il culto di lunghissimo tempo permesso dalla S.
Sede si prova con documenti coevi. CAPITOLO II TESTI E PERITI. 2023. Nei processi di Beatificazione i fedeli anche non
chiamati sono tenuti a dichiarare alla Chiesa quanto loro sembrerà contrario
alla virtù, ai miracoli o martirio del Servo di Dio. 2024-2029. Come testi devono invitarsi coloro che abbiano
avuta familiarità col Servo di Dio, e tutti dovranno brevemente scrivere
quanto loro consta air Ordinario che lo trasmetterà al Promotore della Féde,
I religiosi manderanno queste lettere direttamente all’Ordinario o al
Promotore o al confessore per trasmetterle. Gli illetterati esporranno tutto
al parroco, I Superiori religiosi sono tenuti ad agevolare la deposizione dei
sudditi senza influenze, Si ammetteranno come testi consanguinei, affini,
familiari, eretici ed infedeli, ma non mai il confessore nè il giudice in
causa da lui trattata, Quanto al Postulatore, Avvocato e Promotore della
Causa, solo in modo accessorio e dopo dimesso l’ufficio, I medici curanti si
chiameranno come testi per i miracoli, e se non vorranno intervenire,
esporranno per iscritto la malattia e il suo procedimento o si sentiranno per
terza persona e la loro sentenza sarà esaminata da altri, I testi deporranno
quanto sanno di scienza propria, del resto non si tiene conto. 2030. Per provare
la santità o il martirio di un religioso, metà dei testi devono essere
estranei. 2031. Se occorrono
periti, saranno almeno due e sconosciuti l’uno all’altro, deputati dal
Tribunale a maggioranza di voti e se presso la Sacra Congregazione, dal
Cardinale Ponente, udito il Promotore Generale, esclusi sempre i testi. 'Il
Postulatore non saprà chi siano i periti, e questi manterranno segreta la
nomina e agiranno singolarmente, eccetto che il giudice permetta lo facciano
insieme. Ciascuno riferirà per iscritto la perizia e poi si ascol teranno
singoiar –mente. CAPITOLO III DOCUMENTI DA INSERIRE NEL PROCESSO. 2032-2036. I documenti del Postulatore saranno presentati
al Tribunale, che può esigerne altri. Le testimonianze extragiudiziali non
hanno forza di prova e nemmeno gli elogi funebri fatti o stampati alla morte;
tanto meno le testimonianze ricercate dagli amici. Chi produce documenti ne
dichiarerà l’origine e Vautenticità. Le storie hanno forza quando si fondano
in documenti esibiti nel processo, la cui autenticità e valore possono essere
confermati da testimonianze di persone di grande autorità che li abbiano
adoperati. I documenti storici manoscritti o stampati sull’antichità e
continuità del culto si inseriranno nel processo e si manderanno alla S.
Congregazione per l’esame dei periti. Se qualcuno trovasi in qualche
biblioteca o archivio, impossibile ad esportarsi, se ne chiederà una copia o
la fotografia, autenticata dal notaro. E se nemmeno ciò è possibile, la S.
Congregazione avvisata incaricherà a questo scopo i suoi periti. TITOLO XXIV Processo di Beatificazione per “non culto” 2037. Le persone che devono partecipare al processo,
giureranno di adempiere il loro dovere, osservare il segreto, non accettare
regali. L’Ordinario anche non giudice giurerà il segreto. I testi giureranno
anzitutto di dire la verità, poscia di averla detta; così pure i periti, gli
interpreti, scrittori, uscieri ed altri. Il Postulatore e i Vice-postulatoci
presteranno il giuramento di calunnia, cioè di dire la verità senza frode.
Ciò si farà secondo le regole proprie della S. Congregazione. CAPITOLO I PROCESSI DA FARSI DI PROPRIO DIRITTO DALL’ ORDINARIO. 2038-2041. Per ottenere dalla S. Sede l’introduzione di
una Causa, deve constare della purità della dottrina, della santità, virtù,
miracoli, martirio del Servo di Dio, assenza di impedimenti e culto non
prestato. Quindi l’Ordinario, se ammetterà la domanda, dovrà ricercare gli
scritti del Servo di Dio, istruire il processo informativo di santità, virtù,
miracoli e quello di non culto, A ciò ' è competente l’Ordinario del luogo
della morte o del martirio del Servo di Dio, ma non lo farà direttamente, se
egli è della famiglia. Se esiste un processo fatto prima di trend anni e
interrotto, l’Ordinario redigerà un processo solo sulla fama di santità e sua
continuità. Il Tribunale sarà composto di un Preside che è l’Ordinario per se
o per un sacerdote delegato con due giudici scelti fra i sinodali.
L’Ordinario con decreto designa il Preside sia che lo faccia egli da se, o
per un suo delegato e i due suddetti giudici insieme al Promotore e al
notaro. Le sessioni si terranno di giorno, in tempo e luogo sacro. Dopo ogni
sessione sarà tutto chiuso e sigillato e non si aprirà che alla seguente
sessione; se trovasi rotto il sigillo, si riferirà alla S. Congregazione. Articolo I Requisizione degli scritti del Servo di Dio. 2042-2047. Scritti si intendono le opere del Servo di Dio,
anche stampate, e ogni altra cosa da lui prodotta anche per altre mani. Per
ottenerli VOrdinario farà opportuno e pubblico editto nelle parrocchie,,
invitando i fedeli a questo scopo. Se si tratta di religiosi, si pubblicherà
l’editto in tutte le case e i Superiori devono in coscienza farlo eseguire.
Il Promotore avrà cura che l’editto si divulghi in altri luoghi. L’Ordinario,
a richiesta del Postulatore o anche di ufficio, farà ricerca degli scritti e
se fossero in altra Diocesi, pregherà P Ordinario a rimetterglieli. Se non si
vuol cedere Pori' ginale, si manderà un autentico apografo alla S.
Congregazione; per scritti di biblioteca ed archivi, si starà al can. 2036.
Il notaro ne redigerà una nota esatta con le loro qualità e sottoscritti dall’Ordinario
o da un suo delegato e dal Promotore della Fede, con sigillo dell 'Ordinario.
Il Postulatore giurerà presso l’Ordinario per la diligente ricerca prima di
farsi, o anche dopo. Se si tratta di una religiosa, la Superiora Generale o
PAbbadessa giurerà di averne fatta ricerca, di averli consegnati, nè di
conoscerne altri. 2048. Se si tratta di un martire, la ricerca si può fare
dopo segnata la introduzione della Causa presso la S. Congregazione, secondo
l’istruzione del Promotore Generale. Articolo II Processo informativo. 2049. Il processo informativo si fa dagli Ordinari e se
non fu incominciato entro i trentanni dalla morte, si dovrà provare l’assenza
di qualunque frode o negligenza per procedere oltre. 2050-2053. Nell’escussione dei testi si osserveranno i
can. 2019-2020. Non è necessario che consti delle virtù, martirio, miracoli,
basta la pubblica fama, continua, crescente e vigente nel popolo. Dopo che il
giudice avrà proposto ai testi i quesiti allo scopo, si svolgeranno gli
interrogatori proposti dal Promotore e gli articoli del Postulatore. Il
processo informativo non si chiude finché il Promotore non abbia veduto tutte
le lettere trasmessegli e non gli consti delPesame di coloro di cui nei can. 2023-2025.
Quando il Tribunale ha tutto in atti, udito il Promotore avverte il
Postulatore se abbia altro e dopo un tempo assegnato si chiuderà il processo.
AlFordine del giudice non contraddicendo il promotore, il notaro pubblica il
processo e lo passa allo scrittore designato. 2054-2056. Il transunto si fa a mano come Varchetipo,
sottoscrivendo per Yautenticità il notaro, il giudice, e il promotore con
sigillo. Fatto il confronto, Yarchetipo sigillato si depone in Curia e non si
aprirà senza licenza apostolica, mentre il transunto si chiude con il si
gillo deir Ordinario , facendosi redigere dal notaro due esemplari uno per la
Curia e uno per Roma. Articolo III Processo di non culto. 2057-2060. Il Tribunale oltre i testi indotti ne chiamerà
altri due, interrogando tutti sul culto pubblico non prestato al Servo di
Dio. Farà la ricognizione del sepolcro, della came ra dove è morto e di altro
che possa far dubitare sul culto. Se sorge qualche sospetto, farà fare una
accurata inchiesta il Promotore e poscia deciderà il Tribunale. Articolo IV Trasmissione di tutto alla S. Congregazione. 2061-2064. V Ordinario, compiuta la perquisizione degli
scritti, spedirà tutto a Roma col processetto delle diligenze usate, e se
trovasse altri scritti dopo, li spedirà ugualmente, L’Ordinario passerà al
Postulatore il transunto del processo informativo per Roma e spedirà anche
tutte le lettere ricevute dai giudici, Promotore, ecc., per scienza della 8.
Congregazione, Rimetterà anche copia del sigillo o un sigillo uguale. Il
processo finito sarà trasmesso alla Sacra Congregazione per mezzo del
Postulatore. CAPITOLO II INTRODUZIONE DELLA CAUSA PRESSO LA S. CONGREGAZIONE. Articolo I Revisione degli scrìtti. 2065. La S.
Congregazione indagherà se vi saranno altri scritti custoditi da privati o in
pubblici archivi. 2066. I revisori
degli scritti sono scelti dal Ponente, udito il Promotore e saranno segreti.
Saranno dottori almeno in teologia e se religiosi, con titoli equivalenti. 2067-2072. Si passeranno dal segretario gli scritti a due
revisori che non si conoscano fra loro; e se questi sono molti, potranno
dividersi fra diversi revisori. Questi esporranno per iscritto argomenti e
ragioni, se vi sia qualche cosa contro la Fede o i costumi e quanto da essi
si ricavi sull.indole e le virtù del Servo dì Dio. Se saranno discrepanti, se
ne nominerà un terzo. Se appare qualche cosa non del tutto conforme alla Fede
o che per le circostanze impressioni i fedeli, il Papa deciderà se si possa
continuare; ma il suo giudizio favorevole non importa approvazione degli
scritti, e il Promotore e i consulto^ ri possono obiettare contro di essi. Articolo II Discussione sul processo informativo. 2073. Riconosciuti
dal protonotario intatti i sigilli, il processo informativo con speciale
decreto pontifìciò si apre davanti al Cardinal Prefetto, che lo passa al
Cancelliere per la trascrizione. 2074. Il Ponente,
se occorre, farà tradurre in Roma il processo e lo trasmetterà al revisore. 2075. Il transunto
si conserverà in Congregazione e la sua copia riconosciuta dal Cancelliere si
passerà al Postulatore. 2076. L’avvocato o
il procuratore faranno un sommario dei transunti da allegarsi. Il
sottopromotore ne attesterà la concordia cogli atti. 2077. Le lettere
postillatone si possono esibire, purché siano spontanee e di scienza propria. 2078-2081. Deciso di procedere oltre, il promotore farà le
sue obiezioni contro Fintrodazione della Causa, alle quali risponderà F
avvocato, Alle obiezioni si premetterà un sunto della vita del Servo di Dio,
a d operando qualunque documento si creda, Le obiezioni e le risposte saranno
brevi e chiare; sono proibite sempre le informazioni orali, 2082-2084. Il giudizio sul valore del processo
informativo, sulla fama, martirio, assenza di ostacoli sarà dato dai
Cardinali in Plenaria, dove su proposta del Ponente si risponderà: se sia da
segnarsi la Corrimissione dell. introduzione della Causa e allo scopo di cui
si tratta, Se il giudizio dei Cardinali sarà favorevole, si propone al
Santissimo, se vuol compiacersi segnare la Commissione suddetta, e se sì, il
Segretario ne redige e pubblica il decreto. Emanato il decreto, nient’altro
faranno gli Ordinari senza licenza della Sacra Congregazione, Con la intro
duzione non si potrà ancora chiamare Venerabile il Servo di Dio, e i
Postulatoli cureranno che nulla si faccia che sappia di pubblico culto. Articolo III Discussione del processo di non culto. 2085-2086. Segnata la Commissione, i Cardinali
discuteranno se è da confermarsi il non culto pròferito dall’Ordinario. E se
diranno che sia stato prestato del culto, si sospende la Causa finché sia
stato tolto ogni segno di culto e si provi che questo precetto sia stato
osservato per il tempo da loro stabilito, Se L’Ordinario non ha fatto il
processo di non culto, questo si farà per autorità apostolica, e allora il
Promotore della Fede redigerà gli interrogatori per i giudici designati. Se
trattandosi di martirio L’Ordinario omise il processo di non culto, si farà
una Commissione che supplirà, rispondendo agli interrogatori proposti dal
promotore. CAPITOLO III PROCESSI APOSTOLICI. Articolo I Istruzione del processo apostolico. 2087-2089. Emanato il decreto di non culto si ottengano
dal Pontefice e si spediscano dal Cardinal Prefetto le Lettere remissoriali
per fare il processo apostolico, sia sulla fama di santità, miracoli e
martirio, sia sulle virtù e miracoli in ispecie, o proprio sul martirio e sua
causa. Questi due processi sono distinti e se il primo non si reputa
necessario, si può omettere, Segnata la Commissione e non ancora emanato il
decreto di non culto, si possono concedere le Lettere remissoriali per il
pericolo di perdere le prove per la scomparsa di testi di vista. Le Lettere
remissoriali si mandano almeno a cinque giudici possibilmente costituiti in
dignità. Se fra gli scelti cè L’Ordinario, questi farà da Preside; se no, il
Preside sarà designato dalla Sacra Congregazio ne , possibilmente differente
da chi fece il primo processo. Se si tratta di miracoli, si nominerà un
perito che sarà presente alle discussioni per maggior chiarezza. Alle
remissoriali si aggiungeranno altre Lettere del Promotore, con le quali egli
designerà due sottopromotori che per lui assisteranno al processo. 2090-2091. Gli interrogatori si preparano dal Promotore
Generale sulle obiezioni nella introduzione, sulle testimonianze nel processo
informativo, adibendo un perito, se si tratta di miracoli. Le remissoriali si
daranno al Postulatore, che le trasmetterà al Preside delegato e insieme a
qualcuno dei sotto prò inotori si manderanno chiusi gli interro gatori per i
testi, 2092. I giudici delegati presenteranno la delegazione
all’Ordinario, che ne agevolerà il compito, 2093-2094. Il Pre side convocherà al più presto e non al
di là di un trimestre, il Tribunale, e, se impedito, ne avvertirà la S.
Congregazione. Nella prima seduta sceglierà il notaro, un suo aggiunto e,
occorrendo, un perito e un cursore e di tutto prenderà atto il notano della
Curia. Per la validità basta siano presenti il Preside con due giudici o
senza di lui, col suo consenso, tre giudici, un sottopromotore, un notaro e
raggiunto. 2095. Si conchiuderà il processo in un biennio e non
potendosi dopo continuare, sì avvertirà la S. Congregazione della causa del
ritardo. 2096-2097. Prima che termini il pròcesso, si farà l’esame
delle spoglie del Servo di Dio, secondo le ricevute istruzioni, osservando in
tutto i canoni suddetti anche per l’esibizione, apertura e trascrizione del
processo. Articolo II Giudizio sulla validità del processo apostolico. 2098-2100. Rimesso il processo apostolico alla S.
Congregazione, dovrà constare della validità sua e di quello
informativo.Quindi l’avvocato prima della discussione deve preparare la
posizione con l’Informa zione comprovante essere tutto regolare, con le
osservazioni del Promotore Generale e le risposte dell’avvocato. La validità
si decide dalla Plenaria presenti il Prefetto, il Ponente, e altri tre
Cardinali scelti dal Papa, il Segretario, il Protonotario apostolico, il
Promotore e il sottopromotore. Nella Plenaria, riferendo il Cardinale
Ponente, i Prelati suddetti daranno il loro voto e il Promotore farà le sue
obiezioni; quindi I Cardinali daranno il loro giudizio; se questo è
favorevole e approvato dal Papa, si farà il decreto sulla validità del
processo. Articolo III Giudizio sulla eroicità delle virtù in ispecie o sul
martirio e sua causa. 2101-2103. La discussione delle virtù non si comincia se
non dopo cinquanta anni dalla morte del Servo di Dio. Ciò si fa in tre
Congregazioni: antipreparatoria, preparatoria e generale. Ufficiali e
consultori porteranno i voti scritti e alla fine, ciascuno, prima che si
chiuda la Congregazione antepreparatoria o preparatoria, può dire se recede
dal suo voto. Le conchiusioni sono segrete, scritte da Segretario e i voti
rimessi al Promotore. 2104. Nelle Cause dei Confessori si discute il dubbio se
consti delle singole virtù teologali, cardinali e loro annessi in grado
eroico e all’effetto di cui si tratta; nelle Cause di martiri, se consta del
martirio, della sua causa e dei miracoli. 2105-2106. La antepreparatoria la fa il Ponente con gli
ufficiali e i consultori. In essa si produrrà la posizione col sommario
desunto dal processo e con testimonianze e documenti integri; la scrittura
dell’avvocato che illustra la vita, le virtù, il martirio, i miracoli, ecc.;
un sunto del Promotore con le sue osservazioni e risposte deir avvocato, il
voto dei revisori su gli scritti del Servo di Dio. 2107-2111. Non si passerà alla preparatoria, se due parti
dei presenti dettero voti negativi, eccetto che altrimenti decida il Santo
Padre. La preparatoria si compone di tutti i Cardinali della Congregazione
con ufficiali e consultori. La posizione conterrà le difficoltà del
Promotore, quelle dei consultori, le risposte dell’avvocato, i documenti
sugli atti con sommari addizionali e difese. I Cardinali decideranno, uditi i
consultori, se si potrà procedere oltre. Il Segretario e il Promotore, anche
non interrogati, possono sempre parlare per dare schiarimenti. Il Prefetto
riferirà al Santo Padre sull’esito e le sue ragioni. 2112-2113. La Congregazione generale ha luogo presso il Papa,
assistendovi i Cardinali, Prelati, ufficiali e consultori della S.
Congregazione, e si prepara una nuova posizione con breve relazione di tutto
ciò che è avvenuto, ossia il fatto concordato. 2114-2115. Il giudizio se consta sull’eroicità delle virtù
o del martirio e sua causa, è riservato al Papa; i Consultori, Prelati, Cardinali dànno voto consultivo. Col mandato del
Papa, il Segretario a di lui nome fa il decreto declaratorio dell’eroicità
delle virtù e del martirio, che si pubblicherà secondo gli ordini del
Pontefice; e allora il Servo di Dio si può chiamare Venerabile, ma ciò non
importa alcun culto pubblico. Articolo IV Giudizio sui miracoli in specie. 2116-2117. Per la Beatificazione si richiedono anche dei
miracoli. Però se consta pienamente del martirio e della sua causa, mancando
i miracoli, se ne può chiedere al Santissimo la dispensa. Per la
Beatificazione occorrono due miracoli, se i testi oculari intervennero
dutante i due processi, o se interrogati nel processo apostolico affermano
averlo sentito da chi li ha veduti; tre se i testi furono oculari
nell.informativo, o lo riportarono da chi li aveva sentiti, in quello
apostolico; quattro se in entrambi i processi tutto si prova per tradizione e
documenti. 2118-2120. Alla prova dei miracoli si chiamano due periti,
e se concordano nel rigetto, non si procederà oltre. Trattandosi spesso di
guarigioni, i medici devono essere dei più celebri, anzi per i casi dei quali
si tratta, specialisti. I voti dei periti, brevi e chiari, devono esporre se il
malato fu veramente guarito e se il fatto proposto come miracolo non si possa spiegare naturalmente. I miracoli si
discuteranno in tre Congregazioni, come Peroicità; però in una non se ne discuteranno più di due, eccetto la generale dinanzi al Santissimo. 2121. La posizione
per Pantepreparatoria avrà P informa zione scritta dall5avvocato, un sommario
delle deposizioni dei f testi, due voti dei I periti per ciascun miracolo, le
obiezioni; del promotore gene rale e
le risposte dell’avvocato. 2122. Per la
preparatoria si farà come ? sopra, aggiungendo il ì voto dei periti. Se
nelPantepreparatoria due periti furono
concordi, si destinerà uno , solo per la preparatoria; se uno solo sta per il miracolo, si nomineranno due nuovi
periti; i . Cardinali possono sempre richiederne altri. Può r avvocato
usufruire di un perito nelle sue risposte, escluso il voto detto di
opportunità. 2123. Per la
Congregazione generale si osserveranno le prescrizioni precedenti. 2124. Approvati i
miracoli si fa una nuova discussione dinanzi al Pontefice col dubbio: se si
può sicuramente procedere alla Beatificazione del Servo di Dio, Il Papa
decide uditi i voti dei consultori e dei Cardinali, e, quando vuole, fa
emanare il Decreto. TITOLO XXV Processo di Beatificazione per via di culto ossia di
eccezione. 2125-2227. Per i Servi di Dio che dopo il pontificato di
Alessandro III e prima della Costituzione Urbaniana ebbero un culto per
tolleranza, si può chiederne l’approvazione del Papa, per mezzo di un
processo secondo le seguenti norme. L’Ordinario competente è quello del luogo
del culto o dove sono i documenti, salvo prevenzione, se sono diversi.
L’Ordinario a richiesta del Postulatore ricercherà gli scritti del Servo di
Dio, istruirà un processo sulla fama di santità, virtù, martirio e miracoli,
per rispondere se nel luo go sia costante e comune la fama e la persuasione
della santa vita del Servo di Dio o del suo martirio e causa e dei miracoli;
se là vige il culto e come, per il Servo di Dio. 2128-2130. Trasmessa ogni cosa alla S. Congregazione,
riferendo il Ponente si sottopone ai Cardinali il dubbio: se è da segnarsi la
Commissione introduttiva della Causa. Segnata la Commissione si spediranno le
Lettere remissoriali ai designati dalla S. Congregazione per fare legalmente
il processo apostolico sul caso eccettuato con sentenza del giudice delegato;
dal processo deve risultare l’inizio e la continuità del culto. 2131-2132. Trasmesso alla S. Congregazione e aperto il
processo, nonché preparata dall’avvocato la posizione colle osservazioni del
Promotore e le risposte dell’avvocato, in Congregazione ordinaria si propone
il dubbio: se debba confermarsi la sentenza del giudice delegato o se consta
del caso eccettuato in modo da poter procedere oltre. La conferma del
Pontefice prova solo l’immemorabile culto prestato e perdurante fino alla
sentenza. 2133. Se la sentenza favorevole è approvata dal Papa, si
spediscono le remissoriali per il processo sulle virtù o sul martirio e sua
causa, secondo le regole. 2134-2135. Emanato il decreto sull’immemorabile culto,
eroicità delle virtù e martirio, il Servo di Dio si ha come beatificato,
accedendo la conferma del Pontefice. Gli si deve allora lo stesso culto e
onore che ai formalmente beatificati. TITOLO XXVI Canonizzazione dei Beati. 2136-2137. Finché uno non è in modo formale o equivalente
ascritto fra i Beati, non se ne può richiedere la Canonizzazione. Perchè
consti alla Sacra Congregazione della suddetta Beatificazione, si deve
esibire autentico documento e non avendolo si dovrà fare un processo per
provare il positivo permesso pontificio per il culto, e dopo si emana la
sentenza nella Congregazione ordinaria da sottoporsi alPapprovazione del
Papa. 2138. Dopo una formale Beatificazione , occorrono due
miracoli per la Canonizzazione, tre dopo una Beatificazione equivalente. 2139-2141. Proposto un miracolo, la Congregazione, ad
istanza del Postulatore, farà, se piace al Papa, il Decreto per riassumere la
Causa, e provata la validità dei processi, si discutono i nuovi miracoli.
Alla fine il Pontefice, uditi i voti dei Cardinali e dei consultori, quando
crede decreterà che si può sicuramente procedere alla Canonizzazione, la
quale decretata in Concistoro, si fa con riti solenni secondo le prescririoni
della Romana Curia. PARTE III MODO DI PROCEDERE IN CERTE CAUSE E APPLICAZIONI DI
SANZIONI PENALI. 2142. Nei processi
seguenti si adibirà sempre un notaro che redigerà gli atti, i quali saranno
sottoscritti da tutti gl’interessati e conservati in Archivio. 2143. Quando sono
prescritte, le ammonizioni si faranno a voce davanti al Cancelliere o un
altro ufficiale della Curia o due testi, ovvero per lettera secondo il can.
1719, redigendone autentico documento. Si ritiene ammonito chi impedisce che gli pervenga P
ammonizione. 2144. Gli esaminatori, i consultori e il notaro devono,
giurando a principio, osservare il segreto d’ufficio, specie su documenti
occulti, discussioni, numero dei voti e motivi. Se mancano, possono non solo
rimuoversi o altrimenti punirsi dall’Ordinario, ma inoltre sono tenuti al
risarcimento dei danni. 2145-2146. In questi processi si procede sommariamente;
due o tre testi possono indursi d’ufficio o a richiesta, eccetto che
l’Ordinario, uditi i parroci consultori o esaminatori, stimi ciò dannoso.
Testi e periti non si ammettono se non giurati. Dal definitivo decreto non
c’è che il ricorso alla Sede Apostolica, a cui si trasmetterà ogni cosa.
Pendente il ricorso l’Ordinario non conferirà ad altri nè parrocchia nè
beneficio. TITOLO XXVII Processo per la rimozione di parroci inamovibili. 2147-2152. Un. parroco inamovibile si può rimuovere per
cause che, anche senza sua grave colpa, rendano nocivo o inefficace il di lui
ministero. Possono fra le altre cause essere l’imperizia o l’infermità da non
potersi nemmeno supplire per un vicario; l’odio costante anche ingiusto del
popolo; la perdita di buona: stima del parroco presso i buoni; un probabile
delitto occulto; la cattiva am ministrazione dei beni. Qualora l’Ordinario
stimi esservi una delle suddette cause, dopo seria discussione con due
esaminatori, per iscritto o a voce inviterà alla rinunzia il parroco che non
sia malato di mente, esprimendone per la validità i motivi. Se in un
determinato tempo il parroco nè rinunzia, nè produce delle opposizioni allo
scopo. l’Ordinario, constatato l’invito fatto e la mancata risposta, lo
rimuoverà; se non consta, rinnoverà l’invito alla rinunzia o prorogherà il
tempo per la risposta. Se il parroco rinunzia, L’Ordinario dichiare rà
vacante la .parrocchia per rinunzia. Il parroco potrà motivare la rinunzia in
un modo a lui meno molesto, p. e. per soddisfare ai giusti desideri
dell’Ordinario. Si può rinunziare sotto condizione, purché accettabile e
accettata dall’Ordinario, fermo il can. 186. Se il parroco vuoile impugnare
la causa dell’invito, può chiedere una dilazione per de prove, che
l’Ordinario può concedere, purché ciò non sia in danno delle anime; e poscia
L’Ordinario per la validità con gli stessi esaminatori approverà o rigetterà
la opposizione, comunicando per decreto la decisione. 2153. Contro il decreto di rinunzia il parroco entro dieci
giorni può ricorrere allo stesso Ordinario, che per la validità, adibiti due
parroci consultori, esaminerà le nuove ragioni avan zate dal parroco entro i
dieci giorni dal ricorso, e insieme alle prime le approverà o le rigetterà.
Al parroco è permesso produrre dei testi che provi non aver potuto addurre
prima. La decisione gli si comunicherà per decreto. 2154-2155. Rimosso il parroco, L’Ordinario discuterà con
gli stessi esaminatori o consultori come provvedere il parroco con un’altra
parrocchia, ufficio, beneficio o con pensione. A parità di condizioni, si
tratterà chi ha rinunziato meglio di chi è stato rimosso. Ciò farà
L’Ordinario con lo stesso decreto di amozione o dopo, ma quanto prima. 2156. Il parroco subito lascerà libera la casa e
consegnerà tutto al nuovo parroco o economo; ma se è infermo, l’Ordinario gli
lascerà della casa l’uso anche esclusivo durante la necessità. TITOLO XXVIII Processo per la rimozione dei parroci amovibili. 2157-2161. Anche un parroco amovibile si può rimuovere per
giusta e grave causa. Per parroci religiosi si osserverà il canone 454. Se
L’Ordinario ha alcune di queste cause, esorti il parroco alla rinunzia,
motivando F esortazione. Se il parroco si oppone, esporrà le sue ragioni per
iscritto che L’Ordinario per la validità vedrà con due esaminatori, e se non
le giudicherà legittime, insisterà nelFesortarlo alla rinunzia,
minacciandogli la rimozione dopo un determinato tempo, che può prorogare,
passato il quale, decreterà la rimozione, provvedendo come nei casi
precedenti a chi rinuncia o è rimosso. TITOLO XXIX Trasferimento di parroci. 2162-2163. Per il bene delle anime l’Ordinario può
proporre al parroco un trasferimento ad altra parrocchia, persuadendolo ad
acconsentire. Un parroco inamovibile non può contro volontà trasferirsi senza
autorizzazione apostolica. Un amovibile può esservi obbligato, purché l’altra
parrocchia non sia molto inferiore. 2164-2167. Se il parroco si oppone, esporrà in iscritto le
sue ragioni, e se l’Ordinario crede di non recedere, esaminerà la cosa per la
validità con due parroci consultori. L’Ordinario, riconosciuto necessario il
trasferimento, esorterà paternamente il parroco ad obbedire, e, rifiutandosi
quello, gli assegnerà un tempo perentorio, passato il quale inutilmente,
dichiarerà vacante la parrocchia. TITOLO XXX Processo contro i chierici non residenti. 2168-2172. L’Ordinario ammonirà un parroco, un canonico,
un chierico che manca alla legge della residenza, e frattanto se si tratta di
parroco, provvederà perchè non ne soffra la cura delle anime, ricordando al
non residente le pene e fissandogli un tempo per mettersi in regola. Se il
chierico non riprende la residenza e non ne espone la causa, l’Ordinario
dichiarerà vacante la parrocchia o altro beneficio. Se ritorna, l’Ordinario
non solo deve privarlo dei frutti per il tempo dell’illegittima assenza, ma
lo può anche secondo la colpa punire altrimenti. Se non torna ma si scusa,
l’Ordinario con due esaminatori indaghi sulla legittimità dell’ assenza; e se
le cause non risultano legittime, fisserà un tempo per il ritorno, salva
inoltre la privazione dei frutti per l’assenza. 2173. Se un parroco
amovibile non ritorna, l’Ordinario può procedere alla privazione; se ritorna,
gli si imporrà che non si allontani di nuovo senza scritta licenza sotto pena
di priva –zione. 2174. S e un
beneficiato inamovibile non riprende la residenza, ma allega nuove deduzioni,
L’Ordinario le discuterà coi medesimi esaminatori, e se non saranno
riconosciute buone, gli si intimerà il ritorno in tempo prescritto o da
prescriversi sotto pena di immediata privazione del beneficio, Se non
ritorna, l’Ordinàrio lo dichiarerà privato del benefìcio; se ritorna, pro
cederà secondo il can, 2173. 2175. In nessun caso l’Ordinario dichiarerà vacante un
beneficio, se non quando gli consti che, esaminate le ragioni addotte, il chierico
avrebbe potuto per iscritto chiedere la licenza dell’Ordinario. TITOLO XXXI Processo contro i chierici concubinari. 2176-2179. L’Ordinario ammonirà un chierico, il quale
tenga presso di se o frequenti una donna sospetta, affinchè allontani o non
la frequenti, minacciandogli le pene contro i concubinari, Se il chierico non
ubbibisce nè risponde, lo sospenda a divinis; se è parroco, lo privi della
parrocchia; se ha un beneficio senza cura di vanirne, passato un bimestre
inutilmente dalla sospensione, lo priverà della metà dei frutti; dopo altri
tre mesi, di tutti i frutti, e dopo altri tre mesi, del beneficio. Se il
chierico non ubbidisce ma adduce delle scusanti, su queste F Ordinario
sentirà due esaminatori e non stimandole sufficienti darà formale precetto a
cui si debba obbedire in breve e determinato tempo, 2180-2181. L’Ordinario può subito punire un parroco
amovibile disubbidiente, a norma del can, 2177; ma se si tratta di un
semplice beneficiato inainovibile che non obbedisce allegando nuove
deduzioni, l’Ordinario sentirà due esaminatori in proposito; e se neppure
queste risulteranno legittime, l’Ordinario fisserà di nuovo un tempo, passato
il quale inutilmente, pròcederà oltre, TITOLO XXXII Processo contro un parroco negligente nei suoi doveri. 2182-2185. Il Vescovo ammonirà un parroco gravemente
negligente o colpevole, richiamandogli alla coscienza gli obblighi e
ricordandogli le pene canoniche contro tali colpe. Se il parroco non si
emenda, il Vescovo lo correggerà e punirà convenientemente, dopo avere di' scusso
con due esaminatori, permessa la difesa e constatato che le mancanze e le
gravi violazioni dei suoi doveri per notevole tempo, sono inescusabili. Se la
correzione e la punizione riuscirono inutili, rOrdinario, ciò provato come
sopra, può privare un parroco amovibile della parrocchia e un inamovibile di
parte o di tutti Ì frutti che assegnerà ai poveri, e persistendo la cattiva
volontà, lo rimuoverà. TITOLO XXXIII Processo per la sospensione «ex informata conscientia.. 2186-2189. Gli Ordinari possono ex informata conscientia
sospendere i chierici sudditi dall’ufficio in parte o in tutto; ma essendo
questo rimedio straordinario, non vi si ricorre se non nell’mpossibilità di
rimedi normali e ciò si fa per decreto senza formalità giudiziali o canoniche
ammonizioni. Questo decreto sarà dato se è possibile in iscritto, con
l’indicazione del giorno, mese ed anno, dichia rando espressamente che la
sospensione è data ex informata conscientia per cause note all’Ordinario e
quanto dovrà durare, non però in perpetuo. Questa sospensione si può
infliggere come censura; ma allora se ne esprimerà al chierico la causa. Se
la sospensione non è completa, saranno determinati gli atti proibiti. Se il
chierico è sospeso da un ufficio che dovrà avere un sostituto, questo sarà
mantenuto coi frutti del beneficio, secondo la prudenza del Vescovo; e se il
chierico si sentirà troppo gravato, può chiedere la diminuzione della
pensione dall’ immediato superiore, che sarebbe il giudice di appello. 2190-2194. L’Ordinario che procede ex informata
conscientia avrà prove certe della grave colpabilità degna di tanta pena. Di
questa sospensione può essere causa un delitto occulto, non mai uno notorio.
A tale punizione per un delitto pubblico occorre che all’Ordinario
manifestino il delitto testi probi e gravi, i quali però non possono indursi
a testificarlo in giudizio, e non vi sono altre prove processuali. Basta
anche che un chierico con minacce e altri mezzi impedisca Tini zio o la
conclusione di un regolare processo, o se al processo cominciato si oppongono
leggi civili o pericolo di grave scandalo. Per questa sospensione basta, nel
caso di molti delitti, che uno almeno sia occulto. Sta all’Ordinario
manifestare o meno la causa al chierico; ma facendolo, si manifesti
paternamente che la pena non è solo per espiare la colpa, ma anche per
l’emenda e per allontanare l’occasione di peccato. Se il chierico op pone un
ricorso, l’Ordinario trasmetterà alla S. Sede le prove del delitto che resero
necessaria tale pena. LIBRO V DELITTI E PENE PARTE I DELITTI TITOLO I Natura del delitto e sua divisione. 2195-2196. È delitto la violazione esterna ed
imputabile di una legge, a cui è
aggiunta una sanzione almeno indeterminata. Se non consta altrimenti, ciò si
applica anche alle violazioni del precetto penale. La qualità del delitto si
desume dall’oggetto della legge, la quantità dalla gravità della legge, '
dall’imputabilità o dal danno prodotto. 2197. Il delitto è
pubblico, se è divulgato o lo sarà facilmente; notorio di diritto, dopo la
sentenza passata in giudicato o dopo la confessione giudiziale del delinquente;
notorio di fatto, se è pubblicamente conosciuto in modo che non si possa
occultare; occulto, quando non è pubblico; occulto materialmente, se è ignoto
il delitto; formalmente, se ne è ignota Limputabilità. 2198. Un delitto
che leda solo la legge ecclesiastica per sua natura, è punito dallasola
autorità ecclesiastica che, occorrendo, può chiedere l’aiuto del braccio
secolare; se lede unicamente una legge civile, salvo il can. 120, è punito
per diritto dall’autorità civile, sebbene la Chiesa sia competente per il
peccato; un delitto che lede una legge delle due società, può punirsi da
entrambi i poteri, TITOLO II Imputabilità del delitto, aggravanti, attenuanti e
giuridici effetti. 2199-2200. U imputabilità dipende dal dolo o dalla colpa
nell’ignoranza o nell’omissione di diligenza; quindi tutto ciò che aumenta,
diminuisce, toglie il dolo o la colpa, le fa ugualmente per Pimputabilità. È
dolo la deliberata volontà di violare la legge, a cui si oppone per
l’intelletto il difetto di cognizione, e per la volontà il difetto di
libertà. Data la violazione della legge, il dolo si presume. 2201. E incapace di delitto chiunque, nell’atto, è privo
dell’uso della ragione, e si presumono tali gli abitualmente dementi. Un
delitto commesso durante l’ubriachezza volontaria, toglie una parte
dell’imputabilità, salvo che quella fosse voluta per il delitto; in quella
involontaria, manca o diminuisce l’imputabilità secondo l’uso che si ha della
ragione. Altri simili disturbi o debolezze della mente diminuiscono, ma non
tolgòno Pimputabilità. 2202-2204. La vio lazione di una legge ignorata senza
colpa non s’imputa; secondo la colpabilità dell’ignoranza, varia la
imputabilità. L’ignoranza della sola pena diminuisce alquanto l’imputabilità;
ciò che vale per l’inavvertenza o l’errore. Se la violazione avvenne per
omissione della diligenza dovuta, determinerà il giudice il grado della
diminuita imputabilità; ma se la cosa fu prevista e non si procurò evitarla,
la colpa è vicina al dolo. Invece il caso fortuito non prevedibile o
inevitabile esime dall’ imputabilità. Questa, se non consta il contrario, è
diminuita anche dalla minore età, quanto più si avvicina all’infanzia. 2205. La violenza
fisica assoluta esclude il delitto. Il timore grave anche relativo, la
necessità, il grave incomodo tolgono per lo più il delitto nelle leggi
puramente ecclesiastiche; però se l’atto è intrinsecamente cattivo o ridonda
in disprezzo della fede, dell’autorità ecclesiastica o in danno delle anime,
le cause su ddette diminuis cono, ma non tolgono l’imputabilità. La legittima
difesa contro l’ingiusto aggressore, se moderata, toglie il delitto; se no,
lo diminuisce come nella provocazione. 2206. La passione,
se voluta e alimentata, aumenta l’imputabilità; altrimenti la di minuisce in
ragione della sua forza ed anche la toglie, se impedisce l’uso della ragione
e della libera volontà. 2207. Il delitto,
oltre diverse circostanze, I si aggrava per la maggior dignità del
delinquente o dell.offeso, per l’abuso di autorità o di ufficio. 2208. Recidivo
giuridicamente è dai, condannato, ricade in tali circostanze che fanno
supporre la sua pertinacia nella cattiva volontà. Chi più volte ha commesso
delitti anche vari, aumenta la sua colpabilità. 2209. Chi concorre
a un delitto è ugualmente reo, se non vi sono aggiunte che aggravino o
diminuiscano la colpa. Dove è necessario un complice, sono tutti ugualmente
colpevoli se non si prova altrimenti. Non solo il mandante, ma chi induce a
commettere un delitto o vi concorre è responsabile, come resecutore, se senza
la loro opera non si sarebbe consumato il delitto. Se il concorso rese solo
più facile il delitto, è diminuita l’imputabilità. E chi pienamente ritirò la
sua opera, rimane liberato da ogni responsabilità. Chi concorre con la sua
negligenza, ha un’imputabilità proporzionata all. obbligo negletto. La lode
del delitto, la partecipazione ai frutti, l’occultazione' o recezione del
colpevole e altri atti simili sono tanti nuovi delitti, se singolarmente sono
puniti dalla legge; ma se non si è convenuto prima col delinquente, non
portano la complicità nel delitto commesso. 2210-2211. Il delitto produce Fazione penale per la pena e
la soddisfazione, e Fazione civile per i danni; entrambe si svolgono secondo
i canoni 1552-1959, e lo stesso giudice in criminale può, instando la parte,
svolgere e definire un’azione civile. Tutti i concorrenti. a un delitto (can.
2209, § 1-3) sono tenuti in solido
alle spese e ai danni, ancorché condannati dal giudice prò rata. TITOLO III Tentativo di delitto. 2212-2213. Chi pone od omette un atto per sé conducente al
delitto, ma non consuma 1.atto, perchè ne ha smesso l’intenzione o per
insufficienza di mezzi, commette un tentativo di delitto. Quando sono posti
od omessi gli atti che portano all’esecuzione del delitto e indipendentemente
dalla propria volontà non sortirono l’effetto, il tentativo si chiama delitto
frustrato A tale tentarivo si avvicina l’atto di chi istiga un altro al
delitto, sebbene inefficacemente. E se il tentativo è punito dalla legge,
esso costituisce un vero delitto. I tentativi di delitto hanno tanto maggiore
imputabilità quanto più accedono al delitto consumato, benché minore che per
il consumato. Il delitto frustrato è più colpevole del semplice tentativo. E
libero da ogni imputabilità chi dalla cominciata esecuzione spontaneamente si
astenne, quando dal tentativo non sia pròvenuto danno o scandalo. PARTE II PENE. SEZIONE I PENE IN GENERE. 2214. È diritto della Chiesa nativo, proprio e da chiunque
indipendente reprimere i delitti dei suoi sudditi con pene spirituali e
temporali. Si ricordino gli Ordinari di essere pastori e non percussori e
allontanino con esortazioni e ammonimenti i loro sudditi da cose illecite, in
modo da non essere costretti a punirli per il commesso delitto; e anche in
questo caso con la giustizia useranno la misericordia. TITOLO IV Natura, specie, interpretazione e applicazione della pena. 2215-2216. Pena ecclesiastica è la privazione di un bene,
inflitta dalla legittima autorità, per correggere il delinquente e punire il
delitto. I delinquenti sono puniti con pene medicinali o censure; con pene
vendicative e rimedi penali e penitenze. 2217. La pena è
determinata o indeterminata secondo che è tassativamente stabilita nella
legge o nel precetto o rimessa, precettivamente o meno, alla prudenza del
giudice o Superiore; di lata o ferenda sentenza, secondo che essa s’incorre
appena compiuto il delitto o debbasi infliggere dal giudice o Superiore; a
iure, se è espressa nella legge; ab komine, se, pur stabilita nella legge, si
infligge per precetto o per sentenza condannatoria. Ogni pena s’intende di
ferenda sentenza, se non consti tassativamente il contrario. 2218. Nell
Infliggere le pene, si osserverà la proporzione col delitto, desumendola
dalla imputabilità, dallo scandalo e dal danno. Non solo quanto scusa da ogni
imputabilità, ma anche ciò che scusa da quella grave, scusa ugualmente da
ogni pena anche in foro esterno, se ciò in questo è provato. Le mutue
ingiurie si compensano, a meno che si debba condannare una parte per ingiuria
più grave, diminuendo, se è il caso, la pena. 2219. Nelle pene si seguirà l’interpretazione più benigna.
Se si dubita sulla giustizia dell’inflitta pena, questa è da mantenersi,
eccetto un appello in sospensivo. Non si deve estendere la pena da persona a
persona o da caso a caso, anche se vi siano uguali o maggiori ragioni, salvo
il canone 2231. TITOLO V Superiore con potere coattivo. 2220-2222. Chi ha potere di far leggi o imporre precetti,
può annettervi delle pene; chi ha potere giudiziale, deve solo applicar le
pene a norma del Diritto. Il Vicario Generale senza mandato speciale non può
infliggere pene. Un legislatore, entro i limiti della sua giurisdizione, può
per speciali circostanze annettere una pena o aggravarla ad una legge sua o
dei suoi predecessori, ed anche ad una legge divina o ecclesiastica. Per lo
scandalo o per speciale gravità della trasgressione, il Superiore può infliggere
una giusta pena, non sancita dalla legge e senza previa minaccia; altrimenti
bisogna prima ammonire il reo e minacciarlo della pena per la trasgressione,
se, ciò non ostante, egli violi la legge. Il Superiore nel dubbio'di un
delitto o anche se ne è prescritta Fazione penale, non deve pro muovere un
chierico, di cui non gli consti Pidoneità; e per evitare uno scandalo può
inibirgli il Ministero, rimuoverlo dalPufficio a norma del diritto, senza che
nel caso questi provvedimenti abbiano ra gione di pena. 2223. NelPapplicazione delle pene il giudice non deve
aumentarle senza straordinari e aggravanti motivi. Se si tratta di pena di
ferenda sentenza, con formule facoltative, sta alla sua prudenza infliggerla
o temperarla. Se la legge ordina una pena, egli dovrà infliggerla; sta però
alla sua coscienza o differirne l’applicazione per evitare mali maggiori o
non infliggerla se il reo è emendato o ha riparato lo scandalo; se sia stato
già punito civilmente o sta per esserlo; temperare la pena o adibire un rimedio
penale o una penitenza, se vi sono opportune circostanze. Sta alla prudenza
del Superiore dichiarare una pena di lata sentenza; ma dovrà darsi la
sentenza, esigendolo una parte o il bene pubblico. 2224. Ordinariamente sono tante le pene quanti i delitti.
Se per il numero dei delitti sarebbe grande il cumulo delle pene, il giudice
può infliggerne una più grave con l’aggiunta di qualche rimedio penale o
penitenza anche con opportune mitigazioni , Se la pena è per tentato o
consumato delitto, e questo ha luogo, s’infliggerà la pena stabilita per la
consumazione. 2225. Se la pena è
per sentenza, se ne osserveranno le regole; se per precetto, si dichiarerà e
infliggerà per iscritto o davanti a due testi, indicando le cause delle pene,
salvo il can, 2193, TITOLO VI Soggetto al potere coattivo. 2226. Chi è tenuto
alla legge o a un precetto, è soggetto alla pena annessa, se non è esente. Se
una legge penale posteriore muta l’anteriore e il delitto fu commesso prima,
si applicherà la legge più favorevole al reo. Che se la legge posteriore
abolisce la legge o la sola pena, questa cessa, se non si tratta di censure
già incorse. La pena segue dovunque il reo. 2227. Solo il
Romano Pontefice può infliggere o dichiarare una pena contro coloro di cui al
canone 1557, § 1. Non sono per se compresi nelle leggi penali i Cardinali, nè
i Vescovi in quelle di lata sentenza per sospensione o interdetto. 2228. La pena non
s’incorre, se non è completamente commesso il delitto. 2229. L’ignoranza
affettata della legge o della sola pena non scusa da nessuna pena di lata
sentenza; ma quando la legge dice: presunse, osò scientemente, studiosamente,
temerariamente, a bella posta fece o altro simile, che comporti vera
diminuzione d’imputabilità per l’intelletto o per la volontà, si resta esenti
dalle pene di lata sentenza. Se la legge non ha quelle espressioni,
l’ignoranza crassa o supina non scusa da alcuna pena di lata sentenza;
altrimenti scusa dalle pene medicinali, non dalle vendicative; l’ubriachezza,
l’omissione della diligenza, la debolezza della mente, la passione, anche se
diminuiscono l’imputabilità, finché c’è la grave colpa, non scusano dalle
pene di lata sentenza; nemmeno scusa il timore grave per delitti in disprezzo
della fede, dell’autorità ecclesiastica, e con pubblico danno delle anime.
Gjjcorchè il reo sfugga la censura, gli si può sempre infliggere altra
opportuna pena 0 penitenza, 2230. Gli impuberi
sono scusati dalle pene di lata sentenza e saranno opportunamente puniti con
pene medicinali o vendicative; ma i puberi che li indussero alla violazione
della legge o concorsero al delitto, inco rrono la pena stabilita, 2231. Se molti
hanno concorso a un delitto, sebbene la legge nomini uno solo, sono soggetti
anche quelli del can. 2209, § 1-3 alla stessa pena; gli altri con pena
proporzionata ad arbitrio del Superiore, se nulla è particolarmente stabilito
dalla legge, 2232. Una pena di
lata sentenza colpisce il delinquente in ambo i fori, ma prima però della
sentenza dichiaratoria egli non è tenuto a osservarla con pericolo d’infamia;
in foro esterno lo si può obbligare solo in caso di delitto notorio. La
sentenza dichiaratoria rimanda la pena al momento del commesso delitto. 2233. Nessuna pena
sarà inflitta, se non si è certi del delitto e non vi sia prescrizione; nel
qual caso, se si tratta di censura, si riprenderà il reo e lo si ammonirà
perchè receda dalla contumacia, pur concedendo un congruo tempo per la
resipiscenza; e se questa non viene, si può infliggere la censura, 2234. Chi commise vari delitti, non solo può essere punito
più gravemente, ma lo si può sottoporre a vigilanza o ad altro rimedio
penale. 2235. Un delitto frustrato o un tentativo di delitto, se
non sono colpiti come delitti distinti, si puniranno con congrua pena, salvo
il canone 2213. TITOLO VII Remissione delle pene. 2236-2239. La remissione di una pena per assoluzione o
dispensa, si può concedere da chi emanò la pena o da un suo Superiore,
Successore o autorizzato. Chi può esimere dalla legge, può rimettere Y
annessa pena. Il giudice, applicata la pena stabilita, non può più
rimetterla. Nei casi pubblici F Ordinario può rimettere una pena di lata
sentenza, eccetto i casi portati in contenzioso, le censure riservate alla
Sede Apostolica, le inabilitazioni a benefici, uffici, • dignità, voce attiva
e passiva e le loro privazioni; la sospensione perpetua, l’infamia di
diritto, la privazione del patronato o di privilegi e grazie apostoliche. Nei
casi occulti può l’Ordinario per se o per altri rimettere le pene comuni di
lata sentenza, eccetto le censure specialissimamente e quelle specialmente
riservate alla Sede Apostolica. La remissione estorta con violenza o timore
grave è nulla. La pena si può rimettere ad uno presente o assente, in modo
assoluto o condizionato, in foro esterno o solamente interno; si può fare a
voce, ma è meglio farla in iscritto, se così fu inflitta. 2240. Per la prescrizione delPazione penale vale il canone
1703. SEZIONE II PENE IN SPECIE. TITOLO VIII Pene medicinali o censure. CAPITOLO I CENSURE IN GENERE. 2241-2242. La censura è una pena per la quale il
battezzato delinquente e contumace viene privato di beni spirituali e loro
annessi, finché, recedendo dalla contumacia, ottiene Passoluzione. Le censure
specialmente di lata sentenza e più di tutte la scomunica non si
infliggeranno che sobriamente e con circospezione. Con la censura si punisce
solo un delitto esterno, grave, consumato, con contumacia, sia pure contro un
delinquente sconosciuto. Per la censura di ferenda sentenza, è contumace chi
ammonito non desiste dal delitto, non fa penitenza, non ripara i danni e lo
scandalo; per quella di lata sentenza, basta la trasgressione, se non havvi
una scusante. Cessa la contumacia, se a giudizio dell’assolvente il reo,
veramente pentito del delitto, dà congrua riparazione per danni o scandalo o
almeno lo promette. 2243. Le censure inflitte per sentenza colpiscono subito;
e da esse non si dà appello che in devolutivo; per le inflitte a modo di
precetto si dà solo ricorso pure in devolutivo. L’appello o il ricorso da una
sentenza o precetto minacciante censure anche di lata sentenza non ancora
contratte, non sospende la sentenza o il precetto nè le censure, salvo che
sia ammesso appello o ricorso in sospensivo; in altri casi si sospende la
censura, ma devesi eseguire la sentenza o il precetto, a meno che il reo non
interponga appello o ricorso non dalla sola pena, ma anche dalla sentenza o
precetto. 2244. La censura di lata sentenza si può moltiplicare per
diversi delitti commessi con una medesima o distinta azione o se lo stesso
delitto si ripete; se il delitto punito da vari Superiori si commette una o
più volte. La censura ab homine si moltiplica, se per più precetti o
sentenze, o per le loro parti si infliggono singole censure. 2245-2247. Le censure sono riservate o no. Quelle ab
homine sono riservate a chi le infligge, al Superiore, successore o delegato;
quelle a iure sono riservate all’Ordinario o alla Sede Apostolica; di queste
ultime altre sono riservate semplicemente, altre in modo speciale, altre in
modo specialissimo. Affinchè la censura di lata sentenza sia riservata, deve
essere espresso chiaramente; nel dubbio la riserva non ha luogo. La riserva
non si aggiungerà che per la gravità del delitto, la necessità della
disciplina ecclesiastica, la cura della coscienza dei fedeli. Essa è di
stretta interpretazione e se impedisce i sacramenti, importa riserva del
peccato; ma se si è scusati o assoluti dalla censura, cessa anche la riserva
del peccato. Alla censura riservata alla Sede Apostolica nonne aggiungerà altra
l’Ordinario. La riserva in un territorio non vale in un altro, ancorché uno
esca per farsi assolvere; quelle ab homine sono riservate dappertutto. Se il
confessore, ignorando la riserva, assolve dalla censura e dal peccato, vale
l’assoluzione, purché la censura non sia ab homine o in modo specialissimo
riservata alla Sede Apostolica. 2248-2251. La censura si toglie solo con l’assoluzione,
che non può negarsi a chi recede dalla contumacia; chi assolve può infliggere
una pena vendicativa o penitenza. La censura tolta rinasce solo nel caso che
non si adempia l’onere imposto sotto pena di reincidenza. Chi è colpito da
più censure, può essere assolto da una e non dalle altre. Chi domanda 1’
assoluzione deve determinare i casi, altrimenti rimane assolto solo dal caso
espresso; ma se l’assoluzione fu generale, e c’è la buona fede, vale per
tutte, eccetto le riservate in modo specialissimo alla Sede Apostolica; ma
non vale per le taciute in mala fede. Se la censura non interdice i
sacramenti, il censurato ben disposto può assolversi dal peccato, rimanendo
la censura; altrimenti deve prima essere assolto dalla censuta. Nel foro
sacramentale T assoluzione è contenuta nella comune rituale forinola; in foro
non sacramentai e qualunque forinola vale: ma se trattasi di scomunica,
conviene usare quella contenuta nei ri tuali. Se Passoluzione è data in foro
esterno, vale nei due fori; se nell’interno Passolto, escluso lo scandalo,
può comportarsi come tale in foro esterno; ma il Superiore può far valere la
censura, se non si può almeno presumere l’assoluzione in foro esterno, finché
in esso non sia assolto. 2252-2254. Chi in pericolo di morte fu assoluto da un
sacerdote senza facoltà da censura ab homine o specialissimamente riservata
alla Sede Apostolica, risanato, dovrà ricorrere per la pri aìl’infliggente,
per quella a iure alla Penitenzieria, al Vescovo o ad altro che ne ha
facoltà, e stare ai loro ordini. Fuori del pericolo di morte, possono
assolvere da censure non riservate qualunque confessore in confessione;
extra, chi ha giurisdizione sul reo; da censura ab homine quello a cui è
riservata, anche se il reo dimora in un altro luogo: da censura riservata a
iure, l’infliggente, il Superiore, il successore o un delegato. L’Ordinario
del luogo può assolvere dalle censure riservate al Vescovo o airOrdinario
anche i pellegrini; dalla riservata alla Sede Apostolica, quella o chi ne ha
facoltà, secondo le riserve. Nei casi più urgenti, per evitare scandalo o
infamia, o per angustie del reo, qualunque confessore può assolvere nel foro
sacramentale dalle censure di lata sentenza riservate, imponendo sotto pena di
reincidenza di ricorrere dentro un mese, almeno per lettera o per il
confessore, alla Penitenzieria, al Vescovo o a chi ne abbia facoltà, e stare
ai loro ordini. Nulla però impedisce al reo di ricorrere ad altro confessore
che ha facoltà e, ripetuta la confessione almeno del delitto con censura,
riceverne l’assoluzione; nel qual caso non è più tenuto al resto. Se questo
ricorso è moralmente impossibile, il confessere può assolvere senza onere di
ricorrere, imponendo quanto è di dovere oltre le penitenze e soddisfazioni
per la censura, sotto pena di reincidenza se il penitente non adempie ciò,
nel tempo stabilito dal confessore. CAPITOLO II CENSURE IN SPECIE. 2355. Sono censure: la scomunica,l’interdetto e la
sospensione. La scomunica colpisce solo le persone fisiche delinquenti, anche
se inflitta a un corpo morale; Yinterdetto e la sospensione, anche la
comunità come persona morale; la scomunica e Pinterdetto, colpiscono anche i
laici; la sospensione, solo i chierici; L interdetto anche il luogo; la scomunica
è sempre censura; l’interdetto e la sospensione possono essere censure o pene
vendicative, ma nel dubbio si presumono censure. 2256. Nei canoni
seguenti per divini uffici s’intendono funzioni di ordine per il culto, per
istituzione divina o della Chiesa, fatte solo dai chierici; per atti
legittimi ecclesiastici gli uffici di amministratore, giudice, uditore,
relatore, difensore del vincolo, promotore di giustizia e fede, notaro,
cancelliere, cursore e apparito re, avvocato e procuratore, padrino di battesimo
e cresima, votante nelle elezioni ecclesiastiche, l’esercizio del diritto di
patronato. Articolo I Scomunica. 2257. La scomunica
è una censura che esclude dalla comunione dei fedeli con inseparabili effetti
secondo i canoni, e si dice anathema specialmente se è inflitta con la
solennità del Pontificale. 2258. Gli
scomunicati sono vitandi o tollerati. E vitando solo lo scomunicato
nominatamente dalla S. Sede, pubblicamente denunziato, con espresso obbligo
di evitarlo, salvo il can. 2343. 2259-2261. Lo scomunicato non può assistere ai divini
uffici, ma solo alle prediche. Se un tollerato assiste passivamente, non deve
espellersi; bensì se è vitando, e se non si può, senza grave incomodo, si
cessi dalle funzioni. Dall’assistenza attiva, che importi partecipazione,
deve espellersi il vitando e chiunque altro dopo la sentenza o comunque
notoriamente scomunicato. Uno scomunicato non può ricevere i sacramenti, anzi
dopo la sentenza nemmeno i sacramentali. Per la sepoltura si osserverà il
can, 1240, Non può lecitamente compiere o amministrare sacramenti o
sacramentali, I fedeli però possono, per giusta ragione, richiedergli
sacramenti e sacramentali, specialmente se mancano altri, nè egli è obbligato
a chiederne la causa. Ma dai vitandi o dagli altri dopo la sentenza, solo in
punto di morte si può chiedere Passoluzione; gli altri sacramenti e
sacramentali solo in mancanza di altri ministri, 2262-2264. Lo scomunicato non partecipa alle indulgenze,
ai suffragi, alle pubbliche preci. Però non è proibito che, privatamente, i
fedeli preghino per lui e che senza scandalo i sacerdoti applichino per lui;
ma se è vitando, solo per la sua conversione. Sarà allontanato dagli atti
legittimi; non può agire in cause ecclesiastiche, se non secondo il can.
1654; non può esercitare uffici nè godere di privilegi già concessi. Ogni suo
atto di giurisdizione è illecito, e dopo la sentenza anche invalido;
altrimenti sarebbe valido e, se richiesto dai fedeli, anche lecito. 2265-2266. Ogni scomunicato è privo del diritto di eleggere,
presentare, nominare; non può ottenere dignità, uffici, benefici, pensioni o
altri incarichi nella Chiesa nè essere promosso agli ordini. Eccetto ciò che
dipende dall’ordine sacro, per il resto è nullo ogni atto posto da un vitando
o da uno scomunicato dopo la sentenza, la quale emanata, nessuna concessione
pontifìcia si può conseguire, se non è fatta espressa menzione della
scomunica. Dopo la sentenza, rimane privato dei frutti di dignità, uffici,
benefìci, pensioni ed incarichi, e perde anche questi, se è vitando. 2267. I fedeli eviteranno il contatto del vitando, eccetto
che si tratti di coniuge, genitore, figli, servi, sudditi e, generalmente,
quando c’è giusta causa. Articolo II Interdetto. 2268-2269. L’interdetto è una censura con la quale ai fedeli,
in comunione con la Chiesa, si proibiscono i seguenti atti sacri, con
proibizione direttamente alle persone, o indirettamente ai luoghi in cui si
vietano gli atti sacri. Un interdetto generale locale per una diocesi o
Stato, o personale per tutti non si può lanciare che dalla Sede Apostolica o
per suo mandato; uno generale per una parrocchia o per il suo popolo, o uno
particolare può lanciarsi dal Vescovo. Il personale segue dovunque le
persone; il locale non oltrepassa il luogo interdetto, nel quale però
abbraccia tutti, escluso speciale privilegio. 2270-2272. L’interdetto locale non impedisce i sacramenti
e i sacramentali ai moribondi, bensì qualunque ufficio o rito sacro, salve le
eccezioni; e inoltre per Natale, Pasqua, Pentecoste, Corpus Domini,
Assunzione si sospende, proibite le sacre ordinazioni e la benedizione
nuziale solenne, Se Pinterdetto è locale generale e nulla vi è stabilito in
contrario, sono permessi ai chierici personalmente non interdetti gli uffici
e sacri riti in chiesa o in oratorio, a porte chiuse, sommessamente e senza
suono di campane; nella chiesa cattedrale, parrocchiale, o unica nel paese,
si può celebrare una sola Messa, conservare il Santissimo, amministrare
battesimo, eucaristia, penitenza, matrimonio senza benedizione, esequie senza
solennità, benedizione di acqua battesimale e dei sacri olì, prediche, Tutto,
senza pompe e suono di campane; il Viatico si porta privatamente, Dove è
interdetto locale particolare, se è interdetto V altare o la cappella, ivi
non si celebrerà alcun sacro rito. Se il cimitero, vi si seppelliranno i
fedeli senza rito. Interdetta qualche chiesa o oratorio, se si tratta della
capitolare, e non del Capitolo, vale il canone 2271, eccetto che il decreto
ordini di celebrare od ufficiare altrove; lo stesso se trattasi della
parrocchiale, quando il decreto non sostituisce altra chiesa, 2273. Se si interdice una città, sono colpiti i luoghi
accessori, anche esenti e la cattedrale; se la chiesa, sono colpite le
cappelle attigue, non già il cimitero; se una cappella o il cimitero, non è
colpita tutta la chiesa vicina, ma solo gli oratori del cimitero, 2274-2275. Se una comunità ha commesso un delitto e ne
sono interdette le singole persone, si osserverà quanto si dice appresso; se
è interdetta la comunità come tale, questa non può avere Vesercizio del suo spirituale
diritto; se entrambe, gli effetti si cumulano. Gli interdetti personalmente
non possono celebrare o assistere a uffici divini, eccetto le prediche;
passivamente assistenti non è necessano espellerli, ma dovranno escludersi
dall’assistenza attiva che importi partecipazione dopo la sentenza o se
notoriamente interdetti; non possono amministrare, compiere o ricevere
sacramenti e sacramentali; sono soggetti al can. 2265; non possono ricevere
sepoltura ecclesiastica. 2276. Chi è
soggetto a interdetto locale o di una comunità e non ne sia stato causa nè
sia d’altronde censurato, potrà ricevere i sacramenti secondo quanto sopra,
senza assoluzione dall’interdetto o altro. 2277. Con
l’interdetto dall’ingresso in chiesa è vietata, in essa, la celebrazione dei
divini uffici, l’assistenza ad essi e la sepoltura ecclesiastica; se assiste
una persona così interdetta, non è necessario espellerla, nè se si
seppellisce, asportarne il cadavere. Articolo III Sospensione. 2278. La sospensione è una censura per cui al chierico si
inibisce Fufficio o il beneficio, o entrambi. Gli effetti sono separabili; ma
se non consta il contrario, nella sospensione generale sonvi tutte le
disposizioni di questo articolo; al contrario, nella sospensione dalYufficio
o dal beneficio solo i rispettivi effetti. 2279-2281. La semplice sospensione dalFufficio impedisce
ogni atto di ordine, giurisdizione, semplice amministrazione, che non
riguardi i beni del beneficio. La sospensione dalla giurisdizione in genere
vieta ogni atto di giurisdizione nei due fori; a divinis, interdice ogni potere di ordine, anche se è per
privilegio; dagli ordini, ogni potere ricevuto per F ordinazione; dai sacri
ordini, ogni potere di ordini sacri; daVVesercizio di un determinato ordine,
tutto ciò che lo riguarda, inclusa la collazione del medesimo e la recezione
di uno superiore e, posta questa, Fesercizio. Può infliggersi dal
conferimento di un determinato ordine, ministero, o ufifido; dalVordine
pontificale, e dai pontificali. La sospensione dal beneficio, priva dei
frutti ma non delFabitazione nè deH.amministrazione, se non consta il
contrario. Se ciò non ostante, il reo percepisce i frutti, è tenuto alla
restituzio ne, e vi si può costringere con sanzioni. La sospensione in
genere, o la sospensione d&lYufficio o beneficioabbraccia tutto quanto il
reo ba, se non consta altrimenti, 2282-2283. L’Ordinario non può sospendere uno da un
ufficio o benefìcio posseduto in altra Diocesi; ciò avviene invece per la
sospensione di lata sentenza irto gata dal diritto comune, e vale per la
sospensione quanto il can. 2265 dice per la scomunica, 2284. Se si e incorsa la sospensione cìie vieta F
amministrazione dei sacramenti e dei sacramentali, si osserverà il can, 2261;
se quella che vieta ogni giurisdizione, Fatto è invalido dopo la sentenza o
se il Superiore lo dichiarò espressamente; altrimenti è illecito, se non fu
chiesto dai fedeli. 2285. Se una comunita di chierici ha commesso il delitto,
sospesi i singoli, si osserveranno i canoni suddetti; se la comunità, ad essa
si vieta l’esercizio dei diritti spirituali che le spettano come tale; se
entrambi, gli effetti si cumulano, TITOLO IX Pene vendicative. 2286-2287. Sono quelle che direttamente mirano
all’espiazione del delitto indipendentemente dalla cessazione della contumacia;
da esse può darsi appello o ricorso in sospensivo, salva disposizione
contraria. 2288. Tolti i casi di degradazione, deposizione,
privazione d’ufficio o benefìcio, e salvo urgenza di riparare lo scandalo, è
rimesso alla prudenza del giudice differire F esecuzione di una condanna, se
il reo dopo lodevole condotta, è la prima volta che delinqua; però a
condizione che se nel prossimo triennio commette altro delitto, sconti la
pena per l’uno e per Faltro. 2289-2290. La pena vendicativa termina o colla espiazione
o colla dispensa legittima. Nei casi occulti più urgenti, se la pena
cagionasse infamia al reo e scandalo, ogni confessore può sospenderla in confessione, imponendo
di ricorrere entro un mese o per lettera o per il confessore alla
Penitenzieria o al Vescovo che ne abbia facoltà, I e starne agli ordini. Se
il ricorso fosse impossibile, il confessore dispenserà secondo il can. 2254. CAPITOLO I PENE VENDICATIVE COMUNI. 2291. Sono pene vendicative per tutti i fedeli
principalmente l’interdetto locale, e quello contro una comunità e
dall’ingresso in chiesa perpetui, temporanei o a beneplacito; il
trasferimento o soppressione di sede episcopale o parrocchiale; l’infamia di
diritto; la privazione della sepoltura ecclesiastica o dei sacramentali; la
privazione o sospensione di una pensione, di un diritto o privilegio; la
rimozione dagli atti legittimi ecclesiastici; le inabilitazioni a grazie,
incarichi non pròpri dei chierici, a gradi accademici; la privazione o sospem
sione temporanea d’incarichi, facoltà, grazie ottenute; la privazione di
precedenza, voce attiva e passiva, di portare titoli d’onore, vesti, insegne;
la multa pecuniaria. 2292. La soppressione o trasferimento di una sede
vescovile è riservata al Romano Pontefice; quella di una parrocchia
all’Ordinario, ma col consiglio del Capitolo. 2293-2295. L’infamia è di diritto o di fatto; quella è
stabilita dal diritto comune; questa ha luogo per commesso delitto, cattivi
costumi, perdita di fama a giudizio dell’Ordinario. Nè Luna nè l’altra
intacca consanguinei o affini. Chi è infame di diritto è irregolare anche
inabile a benefici, pensioni, uffici, dignità e atti legittimi e
all’esercizio di un diritto o incarico
ecclesiastico e ad ogni sacro ministero. L’infame di fatto non può
ricevere ordini, dignità, benefici, uffici, nè può esercitare il ministero o
atti legittimi ecclesiastici. La infamia di diritto cessa per sola dispensa
apostolica; quella di fatto, ricuperata la buona fama a giudizio
dell’Ordinario. 2296. Per atti la
cui capacità è stabilita dal diritto, l’inabilitazione può essere inflitta
dalla sola Sede Apostolica. I diritti acquisiti non si tolgono, se non vi è
aggiunta la privazione. 2297. Le multe
pecuniarie inflitte dal diritto comune o per speciali statuti, eccet-' to
disposizioni dello stesso diritto, saranno devolute dagli Ordinari per usi
pii, ma non a favore della mensa vescovile o capitolare. CAPITOLO II PENE VENDICATIVE PER SOLI CHIERICI. 2298. Sono pene vendicative per i chierici: la proibizione
di esercitare il sacro ministero, salvo in determinata chiesa; la sospensione
perpetua, temporanea o a beneplacito; il trasferimento penale ad ufficio o
beneficio minore; la privazione di un diritto annesso a un ufficio o
beneficio; la inabilitazione a tutte o alcune dignità, uffici, benefici,
incarichi propri ai chierici; la privazione penale del beneficio o ufficio,
con o senza pensione; la proibizione od obbligo di risiedere in dato luogo;
la privazione temporanea o perpetua delF abito ecclesiastico; la deposizione;
la degradazione. 2299. Un chierico,
per pena, può essere privato di un beneficio inamovibile, ma solo nei casi
espressi nel diritto; di uno amovibile, anche per altre giuste cause. Chi ha
beneficio, ufficio, dignità può essere privato per un dato tempo
dell’esercizio, anche di un solo annesso ministero. Non si priverà un
chierico del beneficio o pensione o titolo dell’ordinazione, se non sia
altronde debitamente provvisto per vivere. 2300. Se un
chierico dà grave scandalo e ammonito non resipisce, nè si può altrimenti
evitare lo scandalo, può essere frattanto privato dell’àbito, il che porta
seco il divieto di ogni ministero e la perdita dei privilegi clericali, 2301-2302. L’Ordinario non può obbligare un chierico a
dimorare fuori Diocesi, senza il consenso dell’Ordinario del luogo, o se è
posto in una casa di penitenza stabilita anche per extradiocesani, o una casa
religiosa esente, consenziente il Superiore. L’ordine o la proibizione di
dimorare in un luogo, o in casa di penitenza o religiosa, specialmente se è
per lungo tempo, si imporrà in casi gravi, quando è necessaria l’emendazione
o la riparazione dello scandalo, 2303-2304. La deposizione comporta la sospensione
dall’ufficio e l’inabilitazione ad altri uffici, dignità, benefici, pensioni,
incarichi, con la privazione di quelli che il reo possiede sia anche come
titolo d’ordinazione; però in questo caso, sei chierico è indigente,
provvederà l’Ordinario perchè non sia costretto a mendicare con disdoro dello
stato clericale. La deposizione s’infligge solo nei casi espressi dal
diritto. Se il deposto non si emenda e specialmente se non cessa di dare
scandalo anche dopo ammonizioni, l’Ordinario lo può privare per sempre
dell’abito, ciò che importa la perdita dei privilegi e del sussidio
caritativo. 2305. La degradazione contiene la deposizione, la
privazione perpetua dell’abito e la riduzione allo stato laicale, e si può
infliggere solo per delitti espressi nel diritto o quando un chierico deposto
e privato dell’abito seguita a dare scandalo per un anno. Altra è verbale o
edittale, la cui inflizione si fa solo per sentenza e coni; porta
l’esecuzione immediata con tutti gli effetti; altra è reale, quando ci siano
le solennità prescritte dal Pontificale Romano. TITOLO X Rimedi penali e penitenze. CAPITOLO I RIMEDI PENALI. 2306. Sono rimedi penali: l’ammonizione, la correzione, il
precetto, la vigilanza. 2307-2309. L’Ordinario arrifnonirà per se o per altri chi
versa nell’occasione prossima di delinquere o è dopo inchiesta gravemente
sospetto di delitto commesso. Farà lo stesso anche per lettera a correzione
di qualcuno, la cui conversazione produce scandalo o turbamento.
L’ammonizione e la correzione possono essere pubbliche o private; se
pubbliche si faranno davanti al notaro o due testi, o per lettera
assicurandone la ricevuta: esse hanno luogo contro un delinquente convinto o
confesso: e sono giudiziali se si fanno in tribunale dal giudice o
dall’Ordinario prima del processo criminale; per pena o per aumento di pena,
specialmente contro un recidivo. Dell’ammonizione e correzione, anche
segrete, dovrà constare da documenti dell’archivio segreto di Curia; e
possono farsi una o più volte secondo il prudente giudizio del Superiore. 2310. Se
l’ammonizione e la correzione furono inutili, o non se ne spera effetto, ha
luogo il precetto, per cui si previene il reo di quanto deve fare o evitare,
con minaccia di pena per la trasgressione. 2311. In caso grave
e specialmente nel pericolo di ricaduta, L’Ordinario sottometterà il reo alla
vigilanzcty che si può imporre in aumento di pena, specialmente contro i
recidivi. CAPITOLO II PENITENZE. 2312-2313. Le penitenze si impongono o perchè il
delinquente sfugga la pena, o ne ottenga l’assoluzione o la dispensa. Non si
dà penitenza pubblica per delitto o trasgressione occulti. Saranno regolate
non tanto dalla quantità del delitto quanto dalla contrizione del penitente,
tenuto conto delle qualità delle persone e delle circostanze dei delitti.
Principali penitenze sono i precetti di recitare alcune preci, far
pellegrinaggi o altre opere pie, osservare speciale digiuno, elargire
elemosine in usi pii, fare esercizi spirituali per alcuni giorni in casa pia
o religiosa. L’Ordinario può prudentemente aggiungere penitenze
all’ammonimento e alla correzione. PARTE III PENE CONTRO I SINGOLI DELITTI. TITOLO XI Delitti contro la Fede e l’unità della Chiesa. 2314-2316. Gli apostati, gli eretici e scismatici
incorrono la scomunica; se ammoniti non resipiscono, saranno privati di
benefici, dignità, pensioni, uffici o altro; saranno dichiarati infami e, se
chierici, dopo una seconda ammonizione, deposti; gli ascritti o aderenti
pubblicamente a sette acattoliche sono infami e se chierici, dopo ammoniti
inutilmente, saranno degradati. L’assoluzione dalla scomunica è riservata
alla Sede Apostolica; se però il delitto fu portato in foro esterno
dell’Ordinario, anche per libera confessione, questi, ma non il Vicario
Generale senza speciale mandato, può, previa abiura, assolvere il delinquente
in foro esterno; egli quindi potrà dal confessore ricevere L’assoluzione dal
peccato. L’abiura giuridicamente si compie davanti P Ordinario o Delegato e
almeno due testi. A chi è sospetto di eresia, inutilmente ammonito, saranno
proibiti gli atti legittimi, e un chierico sarà sospeso a divinisi se entro
sei mesi non si emenda, sarà ritenuto come eretico e soggiacerà alle pene
contro questi. Chi agevola l’eresia o partecipa nelle cose sacre con gli
eretici, è sospetto di eresia. 2317. Insegnanti o difensori di dottrine condannate dalla
Sede Apostolica o dal Concilio Universale, se non si tratta di eresia
formale, saranno allontanati dalle predicazioni, confessioni, insegnamento,
salve altre pene stabilite nella condanna dall’Ordinario o dopo l’ammonizione
per la riparazione dello scandalo. 2318. Nella scomunica riservata specialmente alla Sede
Apostolica incorrono gli editori di libri di apostati, eretici e scismatici che
difendono l’apostasia, l’eresia, lo scisma; così gli altri che difendono
consapevolmente questi libri e altri proibiti nominatamente con lettera
apostolica, o li leggono e li ritengono. Autori ed editori che senza licenza
fanno stampare libri della Scrittura, note o commenti, incorrono subito la
scomunica non riservata. 2319. Sono colpiti di scomunica di lata sentenza riservata
all’Ordinario i cattolici che contraggono matrimonio presso un ministro
acattolico o con patto di educare la prole o parte di essa fuori della Chie
sa, o che consapevolmente portano a battezzare i figli dai ministri aca
ttolici; i genitori e loro supplenti che consapevolmente fanno educare o
istruire acattolica' mente i figli. Tutti, meno i primi, sono sospetti di
eresia. TITOLO XII Delitti contro la Religione. 2320. Chi rigetta, sottrae o ritiene a cattivo scopo le
speeie sacramentali, è sospetto d’eresia, incorre la scomunica
specialissimamente ri' servata alla Sede Apo ' stolica, è infame, e, se
chierico, sarà deposto. 2321-2322. I sa' cerdoti che contro i canoni celebrano più
Messe o celebrano non digiuni, saranno temporaneamente sospesi
dalL’Ordinario. Chi non essendo sacerdote simula celebrare o confessare,
incorre la scomunica specialmente riservata alla Sede Apostolica e, se laico,
sarà privato di pensione o incarichi con altre adatte pene: se chierico, sarà
deposto. Se usurpò altre funzioni, sarà opportunamente pu ' nito
dalL’Ordinario. 2323. Chi bestemmia
o spergiura fuori giudizio, sarà punito dall’Ordinario, specie se chierico. 2324. Chi fa in'
certa di Messe, sarà punito dalL’Ordinario, non esclusa la sospensione o
privazione del beneficio od ufficiò e, se si tratta di laico, la scomunica. 2325. Chi commette
superstizioni o sacrilegi, sia punito dalL’Ordinario, salve altre pene
stabilite dal diritto. 2326. Chi fa o,
consapevolmente, vende, distribuisce, espone false reliquie, incorre la
scomunica riservata all’Or dinario. 2327. Chi fa incetta di indulgenze è scomunicato con riserva
alla Sede Apostolica. 2328. Chi viola
cadaveri o sepolcri per furto o altra cattiva intenzione, sarà personalmente
interdetto, infame, e se chierico, deposto. 2329. I violatori
di una chiesa o di un cimitero saranno interdetti dalfingresso in chiesa e
puniti con altre pene dall’Ordinario. TITOLO XIII Delitti contro Autorità, persone e cose ecclesiastiche. 2330. Per delitti
nella elezione del Pontefice vale soltanto la Vacante Sede Apostolica del 25
dicembre 1904 di Pio X. 2331-2332. Chi ostinatamente disubbidisce al Papa, o al
proprio Ordinario, sarà opportunamente punito, non escluse le censure. I
cospiratori contro l’Autorità pontificia, o del suo Legato, o Ordinario
proprio, e contro i loro mandati, e i provocatori alla disubbidienza si
reprimeranno con censure e altre pene, e saranno privati di dignità,
benefici, uffici o incarichi se chierici; della voce attiva e passiva ed
uffici, se religiosi. Chiunque, non esclusi i Cardinali, osi appellarsi dal
Papa al Concilio Universale, è sospetto di eresia ed è colpito di scomunica
specialmente riservata alla Sede Apostolica. Università, Collegi, Capitoli ed
altre persone morali, incorrono l’interdetto specialmente riservato al la
Sede Apostolica. 2333-2334. Chi ricorre al Potere laico per impedire
Lettere, o Atti della Sede Apostolica o del suo Legato, o ne impedisce anche
indirettamente la promulgazione o l’esecuzione, o per loro causa danneggia o
atterrisce gli obbligati, è colpito di scomunica specialmente riservata alla
Sede Apostolica. Dalla medesima vengono colpiti chi emana leggi, mandati o
decreti contro la libertà e i diritti della Chiesa; chi impedisce comunque
Teserei zio di giurisdizione ricorrendo perciò a un potere laico. 2335-2336. Chi si ascrive alla massoneria o altra setta
che trama contro la Chiesa o il potere civile, incorre la scomunica riservata
alla Sede Apostolica. I chierici che invadono la libertà e i diritti della
Chiesa, oltre le pene stabilite, saranno anche sospesi o privati di benefici,
uffici, dignità, pensioni o incarichi, e se religiosi, privati di uffici,
voce attiva e passiva con altre pene costituzionali. Se poi questi
s’iscrivono alla massoneria o a simili sette, saranno denunziati al Santo
Uffizio. 2337. Se un parroco sommuove la plebe contro l’esercizio
della giurisdizione ecclesiastica, promuo ve sottoscrizioni, discorsi o
scritti, sarà congruamente punito dall’Ordinario, anche con la sospensione;
lo stesso per un sacerdote che ecciti il popolo per impedire l’ingresso in
parrocchia del parroco 0 economo
designati. 2338. Chi presume assolvere senza facoltà da scomunica in
modo specialissimo o speciale riservato alla Sede Apostolica, incorre la
scomunica riservata specialmente alla Sede Apostolica. 1 favoreggiatori
di uno scomunicato vitando nel delitto per cui fu scomunicato, e i chierici
che con lui spontaneamente e consapevolmente comunicano in divinis o ve lo
ammettono, incorrono nella scomunica semplicemente riservata alla Sede
Apostolica. Chi consapevolmente celebra o fa celebrare uffici divini in
luoghi interdetti o ammette e lo permette a chierici impediti da condanna, è
interdetto dall’ingresso in chiesa fino a piena soddisfazione al Superiore,
la cui sentenza disprezzo. Chi fu causa di un interdetto locale, o per una
comunità, è personalmente interdetto, 2339. Chi osò obbligare a dare sepoltura ecclesiastica a
infedeli, apostati, eretici, scismatici o ad altri scomunicati o interdetti,
contrae scomunica non riservata; se spontaneamente concede la sepoltura,
incorre l’interdetto daH’ingresso in chiesa, riservato all’Ordinario. 2340. Chi
ostinatamente persevera nella scomunica per un anno, è sospetto di eresia. Il
chierico che persiste nella sospensione per un semestre, sarà gravemente
ammonito; se dopo un altro mese non cessa dalla coritumacia, sarà privato di
benefici e uffici. 2341. Chi violando
il privilegio del foro, deferisce al giudice laico un Cardinale, un Legato, o
un Ufficiale maggiore della Curia Romana per dò che riguarda il suo Ufficio,
o YOrdinario proprio, contrae scomunica specialmente riservata alla Sede
Apostolica; se deferisce un Vescovo anche titolare, Abate o Prelato nullius,
un Superiore generale di religione di diritto pontificio, incorre la scomunica
riservata alla Sede Apostolica, e se senza licenza dell’Ordinario deferisce
un altro di foro privilegiato, se chierico incorre la sospensione
dall’ufficio riservata all. Ordinario, se laico sarà congniamente punito
dall’Ordinario. 2342. Sono colpiti
di scomunica semplicemente riservata alla Sede Apostolica: i violatori della
clausura dì Monache, entrandovi, introducendo altri, ammettendoli senza
licenza nel monastero; se chierici, saranno sospesi temporaneamente a
prudenza dell’Ordinario; le donne violanti la clausura degli uomini, i
superiori o altri che di ogni età le introducono o le ammettono. Se fan no
ciò i religiosi, saranno inoltre privati dell’Ufficio e dalla voce attiva e
passiva e lo saranno anche le Monache uscenti illegittimamente dalla clausura. 2343. Chi usa
violenza contro il Papa, incorre la scomunica in modo specialissimo riservata
alla Sede Apostolica; è infame e se chierico, deve degradarsi; se contro un
Cardinale o Legato del Papa, incorre la scomunica specialmente riservata alla
Sede Apostolica, è infame e sarà privato di benefici, uffici, dignità,
pensioni o incarichi; se contro un Patriarca, Arcivescovo, Vescovo anche
titolare, incorre la scomunica specialmente riservata alla Sede Apostolica:
se contro altri chierici o religiosi, è soggetto a scomunica riservata al
proprio Ordinario, che può aggiungere altre congrue pene. 2344. Chi
pubblicamente ingiuria il Papa, un Cardinale, un Legato, le Congregazioni
Romane, i Tribunali Apostolici e loro ufficiali maggiori, o il proprio
Ordinario con giornali, discorsi, libelli, ingiurie, promovendo odiosità
contro i loro atti, sia costretto, anche d’ufficio, dairOrdinario non escluse
le censure, alla riparazione, e punito con altre pene o penitenze secondo la
colpa e lo scandalo, 2345-2346. Gli usurpatori o detentori di beni o diritti
della Chiesa Romana sono soggetti a scomunica specialmente riservata alla
Sede Apostolica; se chierici, siano inoltre privati di dignità, benefici,
uffici e pensioni e dichiarati inabili ad essi. Se alcuno osa usurpare .beni
ecclesiastici o impedire che i loro frutti o red diti siano percepiti da chi
ne ha diritto, resterà scomunicato finché abbia tutto restituito, tolto
Pimpedimento e quindi abbia impetrato l’assoluzione dalla Sede Apostolica, e,
se è patrono, rimarrà privo del patronato; se chierico, sarà inoltre privato
e dichiarato inabile, ad ogni beneficio, sospeso dall’ordine ad arbitrio
dell’Or dinario, anche dopo la riparazione e assoluzione. 2347. Chi osa
alienare qualsiasi bene ecclesiastico o concorrervi col consenso, ferma la
nullità degli atti e l’obbligo, da far valere anche con censure, della
restituzione con riparazione di danni, se si tratta di mille lire, sarà
punito congruamente dal Superiore; se sotto le trentamila, sarà privato il
patrono del suo diritto, P amministratore dell’incarico, il Superiore o
l’economo dell’ufficio con l’inabilità ad altri, e con pene ad arbitrio dei
Superiori; gli Ordinari o chierici con dignità, benefici, uffici, pagheranno
il doppio in favore della parte lesa, gli altri chierici saranno sospesi a
tempo, ad arbitrio dell’Ordinario; se fu a bella posta omesso il beneplacito
apostolico, tutti i rei in qualsiasi modo, sono colpiti di scomunica non
riservata, 2348. Chi, sia pure
fiducialmente, ebbe un legato o una donazione per cause pie e non ne adempie
gli oneri, vi sia costretto anche con cen sura dall’Ordinario, 2349. Chi ricusa le
dovute prestazioni, finché non soddisferà sia punito dall’Ordinario. TITOLO XIV Delitti contro la vita, libertà, proprietà, buona fama e
costumi. 2350. I provocatori
di aborto con effetto, non eccettuata la madre, incorrono nella scomunica
riservata all’Ordinario e, se chierici, saranno inoltre deposti. I suicidi,
se muoiono, saranno privati della sepoltura ecclesiastica; se non muoiono,
saranno impediti dagli atti legittimi; e, se chierici, sospesi a tempo e
rimossi da benefici, uffici con cura d’anime, in foro interno ed esterno. 2351. Chi perpetra,
provoca, accetta, favorisce il duello o di proposito vi assiste o lo
permette, o non lo proibisce, incorre nella scomunica riservata alla Sede
Apostolica; i duellanti e i padrini sono inoltre infami. 2352. Sono
scomunicati coloro che in qualunque modo costringono ad abbracciare lo stato
clericale o religioso o a far qualunque professione religiosa. 2353. Chi per matrimonio o per libidine rapisce con
violenza o dolo una donna non consenziente o una minorenne che consenta, ma
ignoranti o contraddicenti i genitori o tutori, è escluso dagli atti
legittimi, e sarà punito congruamente. 2354. U n laico
condannato per suicidio, ratto d’impuberi, vendita di persona per schiavitù o
cattivo fine, usura, rapina, grave furto, incendio o maliziosa e notevole
distruzione, mutilazioni gravi, ferite, violenze, è escluso dagli atti
legittimi, da qualunque ufficio occupi nella Chiesa e sarà obbligato a
riparare i danni. Un chierico che commetta uno di questi delitti, sarà
condannato secondo la gravità, con penitenze, censure, privazioni di uffici,
benefici e dignità, non esclusa la deposizione e se è colpevolmente ornicida,
sarà degradato. 3355. Chi non col fatto ma con parole, scritti o altro
modo, lede qualcuno o la di lui fama, non solo può costringersi alla
riparazione dei danni, ma può essere colpito da pene e penitenze, non esclusa
la sospensione e la rimozione da uffici e benefici. 2356. I bigami che attentano un altro matrimonio anche
solo civile, sono infami; e se, disprezzando Pammonimento dell’Ordinario,
persistono nella bigamia, saranno scomunicati o interdetti. 2357. I laici condannati contro il sesto con minori sotto
i sedici anni, o per stupro, sodomia, incesto, lenocinio, sono infami, e
possono inoltre punirsi dall’Ordinario. I pubblici adùlteri o concubinari, o
condannati per delitto contro il sesto, saranno esclusi dagli atti legittimi,
finché non siano resipiscenti, 2358-2359. I chierici minori rei di delitti contro il
sesto saranno congniamente puniti anche con la dimissione dallo stato
clericale oltre, se occorrono, le pene di cui sopra. I chierici maggiori
secolari o religioni si, concubinari inutilmente ammoniti, si costringeranno
a smettere l’illecito contubernio e a riparare lo scandalo con la sospensione
à divinis, la privazione dei frutti, dell’ufficio, dignità, benefìcio,
secondo i can. 2176 -2181. Se peccarono contro il sesto con minori sotto i 16
anni, o con adulterio, stupro, bestialità, sodomia, lenocinio, incesto con
consanguinei o affini in primo grado, saranno sospesi, dichiarati infami,
privati di qualunque ufficio, benefìcio, dignità o incarico e, nei casi più
gravi, deposti. Se commisero altri delitti contro il sesto, siano puniti
secondo la gravità, non esclusa la privazione dell’ufficio o benefìcio,
specie se hanno cura d’anime TITOLO XV Crimine di falso. 2360. Chi crea o
falsifica lettere, decreti, rescritti apostolici o chi ne usa
consapevolmente, incorre la scomunica specialmente riservata alla Sede
Apostolica; i chierici saranno inoltre castigati con altre pene, non esclusa
la privazione di ufficio, benefìcio, dignità e pensioni; i religiosi saranno
privati di ogni ufficio che hanno in Religione e della voce attiva e passiva,
oltre le pene delle Costituzioni. 2361. Chi per
ottenere un rescritto espone con frode o dolo il falso, o tace il vero, può
essere punito dal suo Ordinario, salvo i canoni 45, 1054. 2362. Chi crea o
falsifica documenti o atti ecclesiastici privati o pubblici o ne usa
scientemente, sarà castigato secondo il delitto, fermo il canone 2406, 2363. Chi
falsamente denunzia ai Superiori, direttamente o per altri, un confessore di
sollicitazione, è scomunicato con speciale riserva alla Sede Apostolica, da
cui non può essere assolto se non dopo ritirata la denunzia e riparati i
danni; inoltre si sottoporrà a grave e diuturna penitenza, fermo il canone
894. TITOLO XVI Delitti nell’amministrare o ricevere gli Ordini e altri
sacramenti. 2364. Chi
amministra sacramenti a uno per diritto divino o ecclesiastico impedito a
riceverli, sarà sospeso temporaneamente dalPamminis trazio ne dei sacramenti
e punito con opportune pene, oltre quelle dal diritto stabilite per i singoli
casi. 2365-2366. Un sacerdote che, senza facoltà, osa
amministrare la cresima, sarà sospeso; se abusa della facoltà, ne sarà per il
fatto stesso privato; se ardisce confessare senza la necessaria
giurisdizione, è sospeso a divinis; se assolve dai riservati, è so speso dalla
confessione. 2367. Chi assolve o
finge di assolvere un complice in peccato turpe, incorre la scomunica
specialissimamente riservata alla Sede Apostolica, anche in articulo mortis
quando un altro sacerdote pur non approvato possa senza grave infamia e
scandalo confessare il moribondo, eccetto che questi ricusi confessarsi con
altri. La stessa pena incorre chi assolve o finge assolvere il complice che,
non ancora assolto dal peccato di complicità, non lo confessa, ma fa ciò
spintovi anche indirettamente dal confessore. 2368. Il
sollecitante sarà sospeso dalla Messa e dalla confessione e, se lo esige la
gravità, sarà a questa dichiarato inabile; sarà privato di ogni beneficio,
dignità, voce attiva e passiva e dichiarato inabile ad essi tutti; e nei casi
più gravi verrà anche degradato. Il fedele che entro un mese scientemente non
denuncia chi Io sollicitò, incorre la scomunica, e non ne sarà assolto, se
non soddisfa all’obbligo o seriamente lo prometta. 2369. Il confessore
che viola direttamente il sigillo sacramentale, incorre la scomunica
specialissimamente, riservata alla Sede Apostolica; chi lo fa solo
indirettamente è soggetto alle pene del sollicitante come nel canone
precedente. .L’interprete e chi avesse avuto, in qualsiasi modo, notizia
della confessione, se temerariamente violano il sigillo sacramentale, saranno
puniti secondo la gra vità del delitto, non esclusa la scomunica. 2370. Il Vescovo
consacrante ed i Vescovi assistenti, i sacerdoti supplenti e coloro che
ricevono la consacrazione senza mandato apostolico, rimangono sospesi finché
non siano dispensati dalla Sede Apostolica. 2371-2372. Tutti, anche Vescovi, che per simonia
consapevolmente promossero o furono promossi, amministrarono o ricevettero
altri sacramenti, sono sospetti di eresia; se chierici, incorrono, inoltre,
la sospensione riservata alla Sede Apostolica. Incorre questa medesima pena
chi presume farsi ordinare da uno scomunicato o sospeso o interdetto dopo
sentenza, o da un notorio apostata, eretico, scismatico; chi poi in buona
fede è stato ordinato da uno di essi, non può esercitare bordine ricevuto,
finché non sia dispensato. 2373. E sospeso, con riserva alla Sede Apostolica dal
conferire Ordini per un anno, chi ordinò un suddito altrui senza le
dimissorie del?Ordinario proprio, o un proprio suddito che dimorò altrove
tanto tempo da poter contrarre impedimento, senza le cauzioni di cui al can.
994; chi promosse agli Ordini maggiori un soggetto senza titolo canonico;
chi, salvo legittimo privilegio, ordinò un religioso appartenente a una
comunità fuori del proprio territorio, anche con le dimissoriali del proprio
Superiore, esclusi i casi del can. 966. 2374. Chi senza dimissorie, o con false, o prima dell’età
canonica, o per salto, ottenne maliziosamente gli Ordini, rimane sospeso
dall’ordine; chi senza testimoniali, o vincolato da censura, irregolarità o
altro impedimento, sarà punito opportunamente con gravi pene. 2375. I cattolici che, senza dispensa, osarono contrarre
matrimonio misto, anche se valido, sono esclusi dagli atti legittimi e dai
sacramentali finché non ottengano la
dispensa dall’Ordinario. TITOLO XVII Delitti contro gli obblighi dello stato clericale o
religioso. 2376-2377. I sacerdoti che, non dispensati nè impediti,
ricusano l’esame triennale, vi saranno costretti con opportune pene
dall’Ordinario, il quale a suo giudizio punirà anche i contumaci nell’assenza
alle conferenze per i casi, e se sono confessori religiosi senza cura
d’anime, li sospenderà dal confessare i secolari. 2378. I chierici
maggiori che nel sacro ministero sono troppo negligenti nei sacri riti e
cerimonie, e, ammoniti non si emendano, saranno sospesi secondo la colpa. 2379. Chi smette
l’abito ecclesiastico e la tonsura, sarà gravemente ammonito; dopo un mese, i
chierici minori decadono dallo stato clericale; i maggiori, salvo il can.
188, saranno sospesi dagli ordini e, se vivono notoriamente male, nè
nuovamente ammoniti resipiscono, dopo tre mesi siano deposti. 2380. 1 chierici o
religiosi che esercitano il commercio per se o per altri, saranno debitamente
puniti dall’Ordinario. 2381. Chi, avendo I
un ufficio, beneficio, dignità con onere di residenza, illegittimamente si
assenta, immediatamente è privato di tutti i frutti secondo l’assenza, e
l’Ordinario li distribuirà alla chiesa, alle opere pie, ai poveri; quindi
sarà privato dell’ufficio, beneficio, dignità, secondo i canoni 2168-2175. 2382. 11 parroco
gravemente negligente nell’amministrare i sacramenti, nella assistenza degli
infermi, istruzione dei fanciulli e del popolo, nel predicare le domeniche e
altre feste, nella custodia della chiesa parrocchiale, della SS.ma
Eucaristia, dei sacri oli, sarà punito dall’Ordinario a norma dei canoni 2182-2185. 2383. Il parroco
che non redige o non custodisce con diligenza a norma dei canoni i libri
parrocchiali, sarà punito proporzionatamente dall’Ordinario. 2384. Il canonico teologo o penitenziere negligenti siano
gradatamente costretti dal Vescovo con monizioni, minacce di pene,
sottrazione di frutti da assegnare ai loro supplenti; se per un anno dura la
negligenza, l’Ordinario li sospenderà dal beneficio e dopo un altro semestre
li priverà del medesimo. 2385-2386. Fermo il canone 646, un apostata da una
Religione incorre la scomunica riservata al Superiore maggiore, e se la
Religione è laicale o non esente, all’Ordinario del luogo ove dimora; è
escluso dagli atti legittimi, privato dei privilegi della sua Religio ne, e
se ritorna, rimane privo in perpetuo di voce attiva e passiva, e sarà inoltre
punito a norma delle Costituzioni, Il fuggitivo incorre la privazione
delTuf&cioe la sospensione riservata al Superiore maggiore, se in sacris;
se ritorna, sarà punito secondo le Costituzioni e tacendo queste, dal
Superiore maggiore. 2387. Il chierico
religioso, la cui professione fu dichiarata nulla per dolo da lui commesso,
se minore, sarà espulso dallo stato clericale; se maggiore, rimane sospeso a
volontà della Sede Apostolica. 2388. I chierici in
sacris, i regolari, le Monache di voti solenni, e chi con loro osa attentare
un matrimonio anche civile, incorrono la scomunica riservata alla Sede Apostolica; i chierici ammoniti e, passato il tempo
Essato dal? Ordinario non resipiscenti, saranno degradati. Se sono di
professione semplice perpetua in Ordini o Congregazioni, sono tutti
scomunicati con riserva alL’Ordinario, 2389. I religiosi
che violano gravemente la vita comune contro le Costituzio ni, saranno
gravemente ammoniti, e non correggendosi saranno puniti anche con privazione
di voce attiva e passiva, e, se Superiori, anche dell’ufficio. TITOLO XVIII Delitti nel conferire, conseguire e dimettere dignità,
uffici e benefìci ecclesiastici. 2390. Chi impedisce
comunque la liberta delle elezioni ecclesiastiche o, fatta la canonica
elezione, opprime per essa elettori o eletto, sarà punito secondo la colpa.
Se i laici o il potere civile osano ingerirsi contro i canoni nelle elezioni
da farsi da un collegio di chierici o religiosi, gli elettori che hanno
provocato o spontaneamente ammesso quest’ingerenza, sono privati, per quella
volta, del diritto di eleggere; Teletto che accetta consapevolmente
l’elezione così fatta, diviene inabile a quell’ufficio o beneficio. 2391. Un collegio che scientemente sceglie un indegno,
perde, per quella volta, il diritto a nuova elezione, e i singoli elettori
che di pròposito non osservano le forme sostanziali, possono essere
congruamente puniti dall’Ordinario. I chierici o laici che sapendolo
presentano o nominano un indegno, perdono per quella volta il diritto di
presentare o nominare. 2392. Fermo il canone 729, i simoniaci in fatto di uffici,
benefici o dignità, incorrono la scomunica riservata alla Sede Apostolica;
sono privati in perpetuo del diritto d’elezione, presentazione e nomina, e se
chierici, saranno inoltre sospesi. 2393-2394. Chi ha diritto di eleggere, presentare o
nominate, se, non curando l’autorità cui spetta confermare o istituire,
conferisce l’ufficio, il beneficio, la dignità, è subito privato, per quella
volta, dei suo diritto. Chi poi arbitrariamente occupa un beneficio, ufficio
o dignità, o, legittimamente designato, ne prende possesso o vi si ingerisce
prima di presentare, a chi di diritto, le lettere di conferma ò istituzione,
è inabile ad essi, e inoltre, sarà punito dall’Ordinario; sia costretto con
la sospensione, privazione di beneficio, ufficio, dignità già posseduti e
anche con la deposizione, a recedere subito, dietro ammonimento,
dalPoccupazione, governo o amministrazione. I Capitoli, il Convento o altri
che ammettono gli eletti, presentati o nominati prima dell’esibizione delle
lettere, rimangono sospesi dal loro diritto, a beneplacito della Sede
Apostolica. 2395. Chi accetta un ufficio, beneficio o dignità non
vacante di diritto e se ne lascia mettere in possesso, sarà ad essi inabile
anche in futuro e sarà punito con altre pene. 2396. Chi, ottenuto un ufficio o beneficio incompatibile
col precedente, presume ritenere anche questo, è privato d’entrambi. 2397-2398. Chi fuori Curia, promosso al Cardinalato,
ricusa giurare di presentarsi, salvo impedimento, entro un anno al Papa, è
privato in perpetuo della dignità cardinalizia. Chi, promosso all’
Episcopato, trascura di ricevere la consacrazione dentro i tre mesi, non fa
suoi i frutti che vanno alla Fabbrica della Cattedrale, e, se ritarda per
altri tre mesi, rimane privo dell’Episcopato. 2399. I chierici maggiori che presumono abbandonare
Tufficio loro affidato dall’ Ordinario, senza licenza, saranno sospesi a
divinis per un tempo secondo i casi, 2400-2401. Un chierico che osa rassegnare in mano di laici
un ufficio, bene' ficio o dignità, sarà a tempo dall’Ordinario sospeso a divinis.
Chi persiste nel ritenerli dopo la legittima privazione o rimozione, o non li
dimetta tergiversando, premesso ammonimento, vi sarà costretto con la
sospensione ed altre pene, non esclusa la deposizione. 2402. L’Abate e
Prelato nullius che contro il can. 322 non avranno ricevuto la prescritta
benedizione, sono sospesi dalla giurisdizione. 2403. Chi, non
impedito, ometta di fare la professione di fede prescritta, sarà ammonito, e
passato un perentorio, contumace, sarà punito anche con la privazione
dell’ufficio, beneficio, dignità o incarico, e intanto non ne percepirà i
frutti. TITOLO XIX Abuso di potere o di ufficio ecclesiastico. 2404. L’abuso dei
potere ecclesiastico, salve le prescrizioni per speciali abusi, sarà punito a
giudizio del Superiore secondo la gravità della colpa. 2405. Il Vicario
Capitolare o chiunque per se o per altri, sottragga, distrugga, celi o muti
sostanziaimente documenti di Curia, incorre la scomunica riservata alla Santa
Sede e L’Ordinario lo può punire anche privandolo dell’ufficio o beneficio, 2406-2407. Chi nel comporre, scrivere, conservare atti, do
cumenti o libri della Curia o parrocchia, osa falsarli, adulterarli,
distruggerli o nasconderli, sarà privato dell’ufficio, e punito ancora
dall’Ordinario secondo la colpa. Chi dolosamente ricusa di trascrivere,
trasmettere o esibire a chi legittimamente lo chiede, atti, documenti e libri
o tradisce in qualsiasi modo il pròprio ufficio, può essere punito con la
privazione deH’ufficio o con la sospensione da esso, nonché con multa a
giudizio dell’Ordinario, Chi tenta di corrompere con doni o promesse gli
ufficiali di Curiamo ministri ecclesiastici, giudice, avvocato o procuratore,
sarà punito e costretto a riparare i danni cagionati, 2408. Chi esige
oltre il dovuto per tasse o le aumenta, sarà gravemente multato e, se
recidivo, sospeso dall’ufficio o rimosso secondo il caso, fermo l’obbligo di
restituire il mal preso, 2409. Il Vicario
Capitolare che concede dimissorie contro il can, 958, è sospeso a divinis. 2410-2411. I Superiori religiosi che illegittimamente
osano rimettere un loro suddito a un Vescovo estraneo per l’Ordinazione,
rimangono sospesi per un mese dalla Messa, Se poi ammettono al noviziato un
candidato non idoneo o senza le richieste testimoniali, o alla professione
contro il canone 571, saranno puniti secondo la colpa, non esclusa la
privazione dell’ufficio. 2412. L’Ordinario
punirà secondo la colpa, non esclusa la deposizione, quelle Superiore anche
esenti che consumano le doti, o che omettono di avvisare 1’Ordinario delle
ammissioni da farsi al noviziato o alla professione. 2413. Le Superiore
le quali, indetta la visita, trasferiscono, non consenziente il Visitatore,
le religiose ad altre case; parimenti le religiose che in qualsiasi modo
inducono le altre a tacere interrogate dal Visitatore, a dissimulare comunque
la verità, a non esporla con sincerità, o sotto qualsiasi pretesto le
molestano per le risposte date al Visitatore, saranno da questo dichiarate
inabili ad uffici di governo, e le Superiore deposte dall’ufficio. Quanto
sopra vale anche per le Religioni maschili. 2414. La Superiora che viola i sacri canoni nei riguardi
della dovuta libertà per la confessione,
sarà ammonita dall’Ordinario e, se ricade, privata I dell’ufficio, e se ne avviserà subito la Congregazione dei
Religiosi. |
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